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Il vescovo Mario agli Incontri del clero: “Rinnoviamo il nostro modo di essere Chiesa”

vescovo

Di seguito riportiamo parte dell’intervento del vescovo, monsignor Mario Toso, martedì scorso al primo degli Incontri del clero.

Teologi e sociologi ci dicono che viviamo in una nuova fase della missione della Chiesa. Senza giri di parole, detto in maniera sintetica, ci troviamo in un contesto di post-cristianità. Ossia non viviamo più nella cristianità che molti di noi hanno conosciuto e sperimentato anni fa. È, infatti, divenuto evidente il passaggio di un regime di cristianità quale si è vissuto nel secolo scorso e che già mostrava segni di cambiamenti considerevoli. Basti pensare solo, nella nostra Diocesi, al fervore della ricostruzione delle chiese distrutte durante la Seconda guerra mondiale; all’innalzamento del nuovo Seminario sito in Viale Stradone e a ciò che è seguito poco tempo dopo per lo spopolamento delle zone montane, per una progressiva scristianizzazione, per il calo dei fedeli e dei seminaristi. Tutto ciò ha richiesto e richiede un cambiamento di mentalità pastorale, una nuova organizzazione delle istituzioni ecclesiali, testimoniata dalla pronta riforma della Curia e, già prima, dalla nascita delle Unità pastorali.

Il cristianesimo e la cultura da esso generata non costituiscono più un presupposto ovvio del vivere comune, della società, delle famiglie, delle associazioni ecclesiali e di ispirazione cristiana. Anzi, vengono spesso negati, emarginati, sminuiti. Molti cristiani non posseggono più l’alfabeto della fede che si nutre e si esprime mediante la liturgia. Occorre ripensare le grandi vie dell’evangelizzazione della cultura e dell’inculturazione del Vangelo, che rappresentano due dinamismi pastorali che vanno sempre insieme. Tutto ciò richiede il continuo ripensamento dell’annuncio, della catechesi, dell’educazione, della formazione dei credenti, della liturgia, della carità. Occorre condurre per mano, con pazienza, i fedeli nell’esperienza cristiana esistenziale dei misteri della salvezza, affinché essi vivano una profonda unità tra fede e vita. L’alternativa è rappresentata da quelle nefaste separazioni che vanificano la totalità dell’incarnazione di Cristo. In questo contesto, si innestano le molteplici prospettive ecclesiali avviate e sviluppate negli ultimi anni. Senza aver la pretesa di essere esaustivo, accenno a quei momenti di grazia che sono stati il Sinodo dei Giovani, il potenziamento della Comunità Propedeutica, il rinnovamento della Curia e dei Settori pastorali, che va di pari passo al cammino non sempre facile di un aggiornamento pastorale in chiave missionaria. Molto c’è ancora da intraprendere. Occorre una nuova stagione di intensa preparazione e formazione, specie di professionisti dell’annuncio e della speranza cristiani.

Da questo dobbiamo riconoscere l’urgente necessità di un impegno rinnovato nella comunicazione, nella formazione spirituale e culturale, accessibile a tutti, centrata sui bisogni concreti delle nostre comunità ecclesiali e della società plurale. Il Cammino sinodale, peraltro, ha fatto emergere questo: le persone non chiedono nuove cose, nuove iniziative, nuove “trovate” pastorali: è emerso il desiderio che quanto già dovrebbe contraddistinguere il nostro essere Chiesa (annuncio – liturgia – carità) sia fatto in modo nuovo, vitale, attuale, autentico. Non cose nuove, ma le cose essenziali espresse in maniera diversa.

Allo stesso modo, in questi anni abbiamo riconosciuto, sempre in linea con l’ascolto sinodale, l’importanza di un tessuto relazionale capace di dialogo con la molteplicità delle religioni e delle culture. La corresponsabilità è una diretta conseguenza: dove si vivono relazioni autentiche e libere, le persone sono disposte a donarsi, caricandosi di responsabilità concrete, in aiuto ai pastori. Anche per questo dobbiamo continuare ad investire nei gruppi ministeriali.

Cammino sinodale

cammino sinodale gruppo

Il Cammino sinodale è strettamente intrecciato a tutti questi cambiamenti ecclesiali. Lunedì 16 settembre avremo l’occasione di rilanciare la fase profetica a livello diocesano con la presenza di monsignor Erio Castellucci. In sostanza, la fase profetica implica il trovare le modalità per realizzare quanto è emerso, quanto è già stato oggetto di un discernimento ecclesiale. Sul sito diocesano è consultabile da tutti una sintesi con varie proposizioni molto concrete che delineano alcune prospettive sulle quali dovremo lavorare nei prossimi anni. Sottolineo solo il fatto che dovremmo lavorare tutti, nessuno escluso. La dimensione diocesana è strettamente integrata col cammino nazionale. Anche a livello nazionale, infatti, inizia la fase finale del sinodo nazionale nel quale siamo chiamati a prendere delle decisioni. La Cei sta organizzando due Assemblee per votare delle linee concrete di azione: io stesso parteciperò alla prima delle due Assemblee nazionali, in programma a novembre, insieme ai Referenti diocesani.

Verso il Giubileo

Il Santo Padre Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo 2025, Spes non confundit, scrive: «Ora è giunto il tempo di un nuovo Giubileo, nel quale spalancare ancora la Porta Santa per offrire l’esperienza viva dell’amore di Dio»[1], e «il prossimo Giubileo sarà un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio».[2] Il Giubileo è un tempo favorevole per fare l’esperienza viva dell’amore di Dio, un amore che si manifesta nella carne del Verbo fatto uomo, immolato sulla croce e vivente in eterno, vero fondamento della speranza che mai tramonta. Infatti: «La speranza nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce».[3]

Il principio dell’Incarnazione è una chiamata a concretizzare la speranza in segni eloquenti che sappiano testimoniare la gioia e l’importanza della vita in Cristo, a livello comunitario e personale. Il gesto concreto per eccellenza dell’Anno giubilare sarà il pellegrinaggio: un’azione semplice e allo stesso tempo capace di stimolare la relazione e il dialogo, il silenzio e l’apertura interiore, la fatica e il desiderio di una meta. La meta centrale è Roma, le quattro Basiliche maggiori. In esse ci saranno le uniche Porte sante di questo Giubileo. Ad esse siamo chiamati a convergere in maniera prioritaria.[4]

Altra dimensione fondamentale del Giubileo è l’esperienza della grazia e della misericordia che i fedeli potranno vivere accostandosi al Sacramento della Riconciliazione, per ottenere l’indulgenza e il perdono del Padre buono. «La Riconciliazione sacramentale non è solo una bella opportunità spirituale, ma rappresenta un passo decisivo, essenziale e irrinunciabile per il cammino di fede di ciascuno»[5] scrive sempre Papa Francesco. Questo elemento chiama in causa in maniera prioritaria la Diocesi e in particolare la Chiesa Cattedrale. Essa sarà il luogo diocesano in cui convergere. Il presbiterio è già stato informato che saranno organizzati a livello vicariale dei momenti di preparazione e di pellegrinaggio in Cattedrale. Vi invito fin da ora ad offrire il vostro aiuto perché in Cattedrale sia assicurato una più ampia presenza di confessori.


[1]  Francesco, Spes non confundit, 6.

[2]  Francesco, Spes non confundit, 25.

[3]  Francesco, Spes non confundit, 3.

[4]  Dicastero per l’Evangelizzazione, Nota, 2 agosto 2024.

[5]  Francesco, Spes non confundit, 23.

Mi permetto di segnalarvi alcuni momenti diocesani imprescindibili:

domenica 29 dicembre 2024, domenica della Sacra Famiglia, in cui per l’Apertura diocesana del Giubileo ho deciso di convocare tutta la Diocesi nella chiesa di S. Francesco in Faenza alle 17.30, per poi andare in pellegrinaggio fino alla Cattedrale per celebrare l’Eucaristica. Domenica 8 giugno 2025, Pentecoste, alle 18 in Cattedrale, tutta la Diocesi è convocata per una celebrazione giubilare a conclusione dell’anno pastorale, per celebrare l’effusione e il mandato missionario dello Spirito Santo alla Chiesa. Domenica 28 dicembre 2025, domenica della Sacra Famiglia, vivremo, infine, la chiusura diocesana del Giubileo. Concludo l’elenco segnalando che ogni Vicariato vivrà un pellegrinaggio organizzato e coordinato dal vicario foraneo, nel Tempo di Quaresima. Esso prevederà la proposta di un cammino verso la Cattedrale, un segno di carità, una celebrazione penitenziale con la possibilità della confessione, la celebrazione dell’Eucaristia con il vescovo, che sarà anche la celebrazione conclusiva della Visita pastorale per ogni Vicariato.

Visita Pastorale

Concludo il mio intervento per ringraziarvi delle energie spese per l’organizzazione e la buona riuscita della Visita pastorale. Nei prossimi mesi visiterò le ultime Unità pastorali. Ritengo che sia stata un’occasione per lavorare insieme o, meglio, per far lavorare insieme le comunità e le persone al loro interno. Rilevo che non sempre la dimensione diocesana è valorizzata al meglio e che emerge sempre la tentazione di frammentare il contesto ecclesiale in campanilismi controproducenti. È il tempo del camminare insieme, della coralità, dell’armonia e delle sinergie pastorali.

Ho notato la capacità di molte comunità nel saper leggere la realtà odierna, nel comprendere che è necessario una conversione in chiave missionaria e vocazionale: non tanto per colmare i vuoti tra le fila dei presbiteri e le realtà laicali, ma per servire meglio la nostra realtà diocesana.

Mario Toso, vescovo

L’intervento integrale è consultabile qui. 


[mag 11] Omelia – Donazione dei ceri

Cari fratelli e sorelle,

la festa per la nostra Patrona, la Vergine delle Grazie, quest’anno è inserita nella celebrazione dell’Ascensione del Signore. Questa coincidenza ci permette di approfondire un grande mistero della nostra fede. Come abbiamo ascoltato «il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio».

Fratelli e sorelle, non è indifferente per noi che il nostro Signore sia già con il suo corpo «alla destra di Dio». Agostino, quasi parafrasando la lettera di S. Paolo agli Efesini che abbiamo ascoltato come seconda lettura, scrive: «Discese nel mondo la nostra Vita, la Vita vera, si prese sulle sue spalle la nostra morte e l’uccise con la sovrabbondanza della sua vita. […] È asceso. Si è allontanato dagli occhi affinché tornassimo al cuore,dove trovarlo.Non volle rimanere a lungo con noi in modo visibile. Ma non ci ha lasciati» (Confessioni, IV, 12, 19). Vive in noi, dentro di noi, nella nostra storia.

Si è allontano, dunque, dagli occhi affinché tornassimo al cuore, dove trovarlo. Ecco il significato profondo di questa festa: gli occhi del corpo non bastano per vedere e capire Gesù Cristo, morto e risorto. Abbiamo bisogno degli occhi del cuore, abbiamo bisogno della fede, dell’esperienza viva e reale della presenza del Signore in cielo e in terra, in ogni nostra attività, in ogni situazione di vita e di morte.

Lui non ci abbandona. Il Signore è asceso perché vuole indicarci a cosa siamo chiamati: ad una vita trasfigurata. Siamo chiamati ad una vita nuova, una vita piena di carità, di opere buone, di relazioni autentiche. Non siamo chiamati ad appiattirci su noi stessi, a ridurre i nostri orizzonti a ciò che possiamo vedere con gli occhi del corpo. Siamo chiamati ad allargare l’orizzonte del nostro sguardo, a sollevare lo sguardo. «Si è allontanato dagli occhi affinché tornassimo al cuore, dove trovarlo».

Con questa intima urgenza spirituale non possiamo guardare alla consegna dei ceri dei vari rioni come ad una manifestazione meramente folkloristica del Niballo. Non siamo qui in costumi belli, per fare una semplice rievocazione del passato. Questa Messa ci sollecita a guardare più in profondità.

Prendiamo il simbolo dei ceri. Si tratta di ceri che evocano il cero pasquale, il cero che arde dalla notte di Pasqua per tutto il Tempo Pasquale. I ceri che i rioni consegneranno sono simbolo di Colui che ha accettato di morire ed è risorto. I ceri vengono, allora, offerti alla Madonna, perché sono uno dei simboli più alti della nostra fede: rappresentano il Signore che, accettando il sacrificio della Croce, ha vinto la morte con la sua risurrezione, divenendo luce per noi. Sono un simbolo di tutti noi co-morti e co-risorti con Cristo. Offriamo i ceri perché anche noi ci possiamo ricordare che nella vita se non accettiamo di vivere per gli altri, se non accettiamo di essere consumati dall’amore vero, non potremo mai splendere e illuminare il mondo.

Con il dono dei vostri ceri, cari rappresentanti dei rioni, volete innanzitutto esprimere il vostro ringraziamento alla Vergine delle Grazie perché non ci ha abbandonati durante tutte le difficoltà che hanno colpito la nostra terra. Mai è mancata la speranza, mai è mancato l’aiuto concreto da parte di tante persone generose.

In secondo luogo, con l’offerta dei ceri volete anche dire che desiderate proseguire la rinascita, ormai avviata, per edificare una città sempre più bella e giusta, una città che sappia riconoscere nel valore delle relazioni solidali la sua forza. «Possiamo rialzarci solo insieme», fin da subito è stato detto. È questa la strada che dobbiamo percorrere per costruire un futuro migliore.

Che la vita di ciascuno di voi, dei vostri rioni, rigenerati spiritualmente e moralmente dopo le grandi prove, sappia ritornare al cuore delle cose, dove è sempre sperimentabile la presenza unica del Signore, dove sempre si lascia trovare.

 

                                              + Mario Toso

 


Ri-Creazione: vita da studente. Dal 15 al 19 gennaio incontri per giovani alla Biblioteca Cicognani

Venti minuti di spunti di riflessione sulla vita universitaria. Dal 15 al 19 gennaio con inizio alle 17 in aula San Pier Damiani del Seminario (presso le aule studio) viene proposto questo percorso a cura dell’Area Giovani e Vocazioni della Diocesi e dalla Biblioteca Card. Cicognani. A condurre gli incontri sarà don Michele Morandi, vicario generale e rettore del Seminario. La partecipazione è gratuita e non occorre iscriversi.


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Il 12 febbraio la Giornata del Malato, Messa in ospedale con il vescovo Mario

 

Il messaggio di papa Francesco

La celebrazione della Giornata mondiale del malato (11 febbraio, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes), è momento propizio per riservare una speciale attenzione alle persone malate e a coloro che le assistono, sia nei luoghi deputati alla cura sia in seno alle famiglie e alle comunità.
Nel suo messaggio per questa giornata papa Francesco ricorda che: «La malattia fa parte della nostra esperienza umana. Ma essa può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione. Quando si cammina insieme, è normale che qualcuno si senta male, debba fermarsi per la stanchezza o per qualche incidente di percorso. È lì, in quei momenti, che si vede come stiamo camminando: se è veramente un camminare insieme, o se si sta sulla stessa strada ma ciascuno per conto proprio, badando ai propri interessi e lasciando che gli altri si arrangino».
Il Papa prosegue riferendosi al Libro del profeta Ezechiele (34,15-16): «L’esperienza dello smarrimento, della malattia e della debolezza fanno naturalmente parte del nostro cammino: non ci escludono dal popolo di Dio, anzi, ci portano al centro dell’attenzione del Signore, che è Padre e non vuole perdere per strada nemmeno uno dei suoi figli. Si tratta dunque di imparare da Lui, per essere davvero una comunità che cammina insieme, capace di non lasciarsi contagiare dalla cultura dello scarto».
Ed ancora, «L’enciclica Fratelli tutti ... propone una lettura attualizzata della parabola del Buon Samaritano. L’ho scelta come cardine, come punto di svolta, per poter uscire dalle “ombre di un mondo chiuso” e “pensare e generare un mondo aperto” (cfr n. 56). … La persona malmenata e derubata, abbandonata lungo la strada, rappresenta la condizione in cui sono lasciati troppi nostri fratelli e sorelle nel momento in cui hanno più bisogno di aiuto. …Ogni sofferenza si realizza in una “cultura” e fra le sue contraddizioni.
Ciò che qui importa, però, è riconoscere la condizione di solitudine, di abbandono. Si tratta di un’atrocità che può essere superata prima di qualsiasi altra ingiustizia, perché – come racconta la parabola – a eliminarla basta un attimo di attenzione, il movimento interiore della compassione.
…Fratelli, sorelle, non siamo mai pronti per la malattia. E spesso nemmeno per ammettere l’avanzare dell’età. … Fatichiamo infatti a rimanere in pace con Dio, quando si rovina il rapporto con gli altri e con noi stessi. Ecco perché è così importante, anche riguardo alla malattia, che la Chiesa intera si misuri con l’esempio evangelico del buon samaritano, per diventare un valido “ospedale da campo”: …Tutti siamo fragili e vulnerabili; tutti abbiamo bisogno di quell’attenzione compassionevole che sa fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare. La condizione degli infermi è quindi un appello che interrompe l’indifferenza e frena il passo di chi avanza come se non avesse sorelle e fratelli.
La Giornata mondiale del malato, in effetti, non invita soltanto alla preghiera e alla prossimità verso i sofferenti; essa, nello stesso tempo, mira a sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie e la società civile a un nuovo modo di avanzare insieme. … La conclusione della parabola del Buon Samaritano, infatti, ci suggerisce come l’esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata. La locanda, l’albergatore, il denaro, la promessa di tenersi informati a vicenda (cfr Lc 10,34-35): tutto questo fa pensare al ministero di sacerdoti, al lavoro di operatori sanitari e sociali, all’impegno di familiari e volontari grazie ai quali ogni giorno, in ogni parte di mondo, il bene si oppone al male».
Il Papa cita gli anni della pandemia: «Il Covid-19 ha messo a dura prova questa grande rete di competenze e di solidarietà e ha mostrato i limiti strutturali dei sistemi di welfare esistenti» augurandosi che sorgano «le strategie e le risorse perché a ogni essere umano sia garantito l’accesso alle cure e il diritto fondamentale alla salute.
Abbi cura di lui (Lc 10,35) è la raccomandazione del Samaritano all’albergatore … e alla fine ci esorta: Va’ e anche tu fa’ così. Come ho sottolineato in Fratelli tutti, la parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune» (n. 67). Infatti, siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile (n. 68)».
Volgendosi al Santuario di Lourdes come a una profezia, una lezione affidata alla Chiesa nel cuore della modernità conclude «… le persone malate sono al centro del popolo di Dio, che avanza insieme a loro come profezia di un’umanità in cui ciascuno è prezioso e nessuno è da scartare.
All’intercessione di Maria, salute degli infermi, affido ognuno di voi, che siete malati; voi che ve ne prendete cura in famiglia, con il lavoro, la ricerca e il volontariato; e voi che vi impegnate a tessere legami personali, ecclesiali e civili di fraternità.
A tutti invio di cuore la mia benedizione apostolica».

papa Francesco

Qualche suggerimento

– Curare le significative celebrazioni e le belle iniziative già presenti nelle comunità parrocchiali per sensibilizzare a farsi carico di persone disabili, sofferenti e malate.
– Valutare l’opportunità di qualche iniziativa informativa/formativa su questioni etiche di attualità o situazioni “critiche” che mettono maggiormente a repentaglio la salute.
– Monitorare la presenza di malati, in particolare cronici, diversamente abili o altro, presenti nel territorio.
– Curare e sostenere la presenza dei Ministri straordinari dell’Eucaristia, dei Ministri della consolazione e di ‘gruppi di sostegno’ per famiglie in difficoltà.


Pastorale della Disabilità: scarica le preghiere in CAA

In occasione del Natale la Pastorale della Disabilità della Diocesi di Faenza-Modigliana propone tre preghiere in CAA (Comunicazione aumentativa alternativa) per dare a tutti la possibilità di imparare le preghiere assieme. I testi dell’Ave Maria, Padre Nostro Gloria sono inoltre proposte in dialetto romagnolo. La Comunicazione Aumentativa Alternativa  è un approccio dai vari volti, ma dallo scopo univoco di offrire alle persone con bisogni comunicativi complessi la possibilità di comunicare tramite canali che si affiancano a quello orale.

Ave Maria

Padre Nostro

Gloria