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Ri-Creazione: vita da studente. Dal 15 al 19 gennaio incontri per giovani alla Biblioteca Cicognani

Venti minuti di spunti di riflessione sulla vita universitaria. Dal 15 al 19 gennaio con inizio alle 17 in aula San Pier Damiani del Seminario (presso le aule studio) viene proposto questo percorso a cura dell’Area Giovani e Vocazioni della Diocesi e dalla Biblioteca Card. Cicognani. A condurre gli incontri sarà don Michele Morandi, vicario generale e rettore del Seminario. La partecipazione è gratuita e non occorre iscriversi.


Il 1° gennaio in Cattedrale la Messa per la Giornata mondiale per la pace

Lunedì 1 gennaio Solennità di Maria Santissima Madre di DioGiornata mondiale della pace, in Cattedrale a Faenza messe alle 8 alle 10.30 e alle 12. Alle 17 Adorazione e Vespri, alle 18 messa presieduta dal vescovo monsignor Mario Toso.

Il Messaggio di papa Francesco

Intelligenza artificiale e pace

All’inizio del nuovo anno, tempo di grazia che il Signore dona a ciascuno di noi, vorrei rivolgermi al Popolo di Dio, alle nazioni, ai Capi di Stato e di Governo, ai Rappresentanti delle diverse religioni e della società civile, a tutti gli uomini e le donne del nostro tempo per porgere i miei auguri di pace.

1. Il progresso della scienza e della tecnologia come via verso la pace

La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano «saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro» (Es 35,31). L’intelligenza è espressione della dignità donataci dal Creatore, che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza (cfr Gen 1,26) e ci ha messo in grado di rispondere al suo amore attraverso la libertà e la conoscenza. La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo.

Nella Costituzione Pastorale Gaudium et spes, il Concilio Vaticano II ha ribadito questa verità, dichiarando che «col suo lavoro e col suo ingegno l’uomo ha cercato sempre di sviluppare la propria vita» [1]. Quando gli esseri umani, «con l’aiuto della tecnica», si sforzano affinchè la terra «diventi una dimora degna di tutta la famiglia umana» [2], agiscono secondo il disegno di Dio e cooperano con la sua volontà di portare a compimento la creazione e di diffondere la pace tra i popoli. Anche il progresso della scienza e della tecnica, nella misura in cui contribuisce a un migliore ordine della società umana, ad accrescere la libertà e la comunione fraterna, porta dunque al miglioramento dell’uomo e alla trasformazione del mondo.

Giustamente ci rallegriamo e siamo riconoscenti per le straordinarie conquiste della scienza e della tecnologia, grazie alle quali si è posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano la vita umana e causavano grandi sofferenze. Allo stesso tempo, i progressi tecnico-scientifici, rendendo possibile l’esercizio di un controllo finora inedito sulla realtà, stanno mettendo nelle mani dell’uomo una vasta gamma di possibilità, alcune delle quali possono rappresentare un rischio per la sopravvivenza e un pericolo per la casa comune [3].

I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specialmente nella sfera digitale, presentano dunque entusiasmanti opportunità e gravi rischi, con serie implicazioni per il perseguimento della giustizia e dell’armonia tra i popoli. È pertanto necessario porsi alcune domande urgenti. Quali saranno le conseguenze, a medio e a lungo termine, delle nuove tecnologie digitali? E quale impatto avranno sulla vita degli individui e della società, sulla stabilità internazionale e sulla pace?

2. Il futuro dell’intelligenza artificiale tra promesse e rischi

I progressi dell’informatica e lo sviluppo delle tecnologie digitali negli ultimi decenni hanno già iniziato a produrre profonde trasformazioni nella società globale e nelle sue dinamiche. I nuovi strumenti digitali stanno cambiando il volto delle comunicazioni, della pubblica amministrazione, dell’istruzione, dei consumi, delle interazioni personali e di innumerevoli altri aspetti della vita quotidiana.

Inoltre, le tecnologie che impiegano una molteplicità di algoritmi possono estrarre, dalle tracce digitali lasciate su internet, dati che consentono di controllare le abitudini mentali e relazionali delle persone a fini commerciali o politici, spesso a loro insaputa, limitandone il consapevole esercizio della libertà di scelta. Infatti, in uno spazio come il web, caratterizzato da un sovraccarico di informazioni, possono strutturare il flusso di dati secondo criteri di selezione non sempre percepiti dall’utente.

Dobbiamo ricordare che la ricerca scientifica e le innovazioni tecnologiche non sono disincarnate dalla realtà e «neutrali» [4], ma soggette alle influenze culturali. In quanto attività pienamente umane, le direzioni che prendono riflettono scelte condizionate dai valori personali, sociali e culturali di ogni epoca. Dicasi lo stesso per i risultati che conseguono: essi, proprio in quanto frutto di approcci specificamente umani al mondo circostante, hanno sempre una dimensione etica, strettamente legata alle decisioni di chi progetta la sperimentazione e indirizza la produzione verso particolari obiettivi.

Questo vale anche per le forme di intelligenza artificiale. Di essa, ad oggi, non esiste una definizione univoca nel mondo della scienza e della tecnologia. Il termine stesso, ormai entrato nel linguaggio comune, abbraccia una varietà di scienze, teorie e tecniche volte a far sì che le macchine riproducano o imitino, nel loro funzionamento, le capacità cognitive degli esseri umani. Parlare al plurale di “forme di intelligenza” può aiutare a sottolineare soprattutto il divario incolmabile che esiste tra questi sistemi, per quanto sorprendenti e potenti, e la persona umana: essi sono, in ultima analisi, “frammentari”, nel senso che possono solo imitare o riprodurre alcune funzioni dell’intelligenza umana. L’uso del plurale evidenzia inoltre che questi dispositivi, molto diversi tra loro, vanno sempre considerati come “sistemi socio-tecnici”. Infatti il loro impatto, al di là della tecnologia di base, dipende non solo dalla progettazione, ma anche dagli obiettivi e dagli interessi di chi li possiede e di chi li sviluppa, nonché dalle situazioni in cui vengono impiegati.

L’intelligenza artificiale, quindi, deve essere intesa come una galassia di realtà diverse e non possiamo presumere a priori che il suo sviluppo apporti un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli. Tale risultato positivo sarà possibile solo se ci dimostreremo capaci di agire in modo responsabile e di rispettare valori umani fondamentali come «l’inclusione, la trasparenza, la sicurezza, l’equità, la riservatezza e l’affidabilità» [5].

Non è sufficiente nemmeno presumere, da parte di chi progetta algoritmi e tecnologie digitali, un impegno ad agire in modo etico e responsabile. Occorre rafforzare o, se necessario, istituire organismi incaricati di esaminare le questioni etiche emergenti e di tutelare i diritti di quanti utilizzano forme di intelligenza artificiale o ne sono influenzati [6].

L’immensa espansione della tecnologia deve quindi essere accompagnata da un’adeguata formazione alla responsabilità per il suo sviluppo. La libertà e la convivenza pacifica sono minacciate quando gli esseri umani cedono alla tentazione dell’egoismo, dell’interesse personale, della brama di profitto e della sete di potere. Abbiamo perciò il dovere di allargare lo sguardo e di orientare la ricerca tecnico-scientifica al perseguimento della pace e del bene comune, al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e della comunità [7].

La dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego, in modo che il progresso digitale possa avvenire nel rispetto della giustizia e contribuire alla causa della pace. Gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso [8].

L’intelligenza artificiale diventerà sempre più importante. Le sfide che pone sono tecniche, ma anche antropologiche, educative, sociali e politiche. Promette, ad esempio, un risparmio di fatiche, una produzione più efficiente, trasporti più agevoli e mercati più dinamici, oltre a una rivoluzione nei processi di raccolta, organizzazione e verifica dei dati. Occorre essere consapevoli delle rapide trasformazioni in atto e gestirle in modo da salvaguardare i diritti umani fondamentali, rispettando le istituzioni e le leggi che promuovono lo sviluppo umano integrale. L’intelligenza artificiale dovrebbe essere al servizio del migliore potenziale umano e delle nostre più alte aspirazioni, non in competizione con essi.

3. La tecnologia del futuro: macchine che imparano da sole

Nelle sue molteplici forme l’intelligenza artificiale, basata su tecniche di apprendimento automatico (machine learning), pur essendo ancora in fase pionieristica, sta già introducendo notevoli cambiamenti nel tessuto delle società, esercitando una profonda influenza sulle culture, sui comportamenti sociali e sulla costruzione della pace.

Sviluppi come il machine learning o come l’apprendimento profondo (deep learning) sollevano questioni che trascendono gli ambiti della tecnologia e dell’ingegneria e hanno a che fare con una comprensione strettamente connessa al significato della vita umana, ai processi basilari della conoscenza e alla capacità della mente di raggiungere la verità.

L’abilità di alcuni dispositivi nel produrre testi sintatticamente e semanticamente coerenti, ad esempio, non è garanzia di affidabilità. Si dice che possano “allucinare”, cioè generare affermazioni che a prima vista sembrano plausibili, ma che in realtà sono infondate o tradiscono pregiudizi. Questo pone un serio problema quando l’intelligenza artificiale viene impiegata in campagne di disinformazione che diffondono notizie false e portano a una crescente sfiducia nei confronti dei mezzi di comunicazione. La riservatezza, il possesso dei dati e la proprietà intellettuale sono altri ambiti in cui le tecnologie in questione comportano gravi rischi, a cui si aggiungono ulteriori conseguenze negative legate a un loro uso improprio, come la discriminazione, l’interferenza nei processi elettorali, il prendere piede di una società che sorveglia e controlla le persone, l’esclusione digitale e l’inasprimento di un individualismo sempre più scollegato dalla collettività. Tutti questi fattori rischiano di alimentare i conflitti e di ostacolare la pace.

4. Il senso del limite nel paradigma tecnocratico

Il nostro mondo è troppo vasto, vario e complesso per essere completamente conosciuto e classificato. La mente umana non potrà mai esaurirne la ricchezza, nemmeno con l’aiuto degli algoritmi più avanzati. Questi, infatti, non offrono previsioni garantite del futuro, ma solo approssimazioni statistiche. Non tutto può essere pronosticato, non tutto può essere calcolato; alla fine «la realtà è superiore all’idea» [9]e, per quanto prodigiosa possa essere la nostra capacità di calcolo, ci sarà sempre un residuo inaccessibile che sfugge a qualsiasi tentativo di misurazione.

Inoltre, la grande quantità di dati analizzati dalle intelligenze artificiali non è di per sé garanzia di imparzialità. Quando gli algoritmi estrapolano informazioni, corrono sempre il rischio di distorcerle, replicando le ingiustizie e i pregiudizi degli ambienti in cui esse hanno origine. Più diventano veloci e complessi, più è difficile comprendere perché abbiano prodotto un determinato risultato.

Le macchine “intelligenti” possono svolgere i compiti loro assegnati con sempre maggiore efficienza, ma lo scopo e il significato delle loro operazioni continueranno a essere determinati o abilitati da esseri umani in possesso di un proprio universo di valori. Il rischio è che i criteri alla base di certe scelte diventino meno chiari, che la responsabilità decisionale venga nascosta e che i produttori possano sottrarsi all’obbligo di agire per il bene della comunità. In un certo senso, ciò è favorito dal sistema tecnocratico, che allea l’economia con la tecnologia e privilegia il criterio dell’efficienza, tendendo a ignorare tutto ciò che non è legato ai suoi interessi immediati [10].

Questo deve farci riflettere su un aspetto tanto spesso trascurato nella mentalità attuale, tecnocratica ed efficientista, quanto decisivo per lo sviluppo personale e sociale: il “senso del limite”. L’essere umano, infatti, mortale per definizione, pensando di travalicare ogni limite in virtù della tecnica, rischia, nell’ossessione di voler controllare tutto, di perdere il controllo su sé stesso; nella ricerca di una libertà assoluta, di cadere nella spirale di una dittatura tecnologica. Riconoscere e accettare il proprio limite di creatura è per l’uomo condizione indispensabile per conseguire, o meglio, accogliere in dono la pienezza. Invece, nel contesto ideologico di un paradigma tecnocratico, animato da una prometeica presunzione di autosufficienza, le disuguaglianze potrebbero crescere a dismisura, e la conoscenza e la ricchezza accumularsi nelle mani di pochi, con gravi rischi per le società democratiche e la coesistenza pacifica [11].

5. Temi scottanti per l’etica

In futuro, l’affidabilità di chi richiede un mutuo, l’idoneità di un individuo ad un lavoro, la possibilità di recidiva di un condannato o il diritto a ricevere asilo politico o assistenza sociale potrebbero essere determinati da sistemi di intelligenza artificiale. La mancanza di diversificati livelli di mediazione che questi sistemi introducono è particolarmente esposta a forme di pregiudizio e discriminazione: gli errori sistemici possono facilmente moltiplicarsi, producendo non solo ingiustizie in singoli casi ma anche, per effetto domino, vere e proprie forme di disuguaglianza sociale.

Talvolta, inoltre, le forme di intelligenza artificiale sembrano in grado di influenzare le decisioni degli individui attraverso opzioni predeterminate associate a stimoli e dissuasioni, oppure mediante sistemi di regolazione delle scelte personali basati sull’organizzazione delle informazioni. Queste forme di manipolazione o di controllo sociale richiedono un’attenzione e una supervisione accurate, e implicano una chiara responsabilità legale da parte dei produttori, di chi le impiega e delle autorità governative.

L’affidamento a processi automatici che categorizzano gli individui, ad esempio attraverso l’uso pervasivo della vigilanza o l’adozione di sistemi di credito sociale, potrebbe avere ripercussioni profonde anche sul tessuto civile, stabilendo improprie graduatorie tra i cittadini. E questi processi artificiali di classificazione potrebbero portare anche a conflitti di potere, non riguardando solo destinatari virtuali, ma persone in carne ed ossa. Il rispetto fondamentale per la dignità umana postula di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con un insieme di dati. Non si deve permettere agli algoritmi di determinare il modo in cui intendiamo i diritti umani, di mettere da parte i valori essenziali della compassione, della misericordia e del perdono o di eliminare la possibilità che un individuo cambi e si lasci alle spalle il passato.

In questo contesto non possiamo fare a meno di considerare l’impatto delle nuove tecnologie in ambito lavorativo: mansioni che un tempo erano appannaggio esclusivo della manodopera umana vengono rapidamente assorbite dalle applicazioni industriali dell’intelligenza artificiale. Anche in questo caso, c’è il rischio sostanziale di un vantaggio sproporzionato per pochi a scapito dell’impoverimento di molti. Il rispetto della dignità dei lavoratori e l’importanza dell’occupazione per il benessere economico delle persone, delle famiglie e delle società, la sicurezza degli impieghi e l’equità dei salari dovrebbero costituire un’alta priorità per la Comunità internazionale, mentre queste forme di tecnologia penetrano sempre più profondamente nei luoghi di lavoro.

6. Trasformeremo le spade in vomeri?

In questi giorni, guardando il mondo che ci circonda, non si può sfuggire alle gravi questioni etiche legate al settore degli armamenti. La possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra. La ricerca sulle tecnologie emergenti nel settore dei cosiddetti “sistemi d’arma autonomi letali”, incluso l’utilizzo bellico dell’intelligenza artificiale, è un grave motivo di preoccupazione etica. I sistemi d’arma autonomi non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili: l’esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica è più di un complesso insieme di algoritmi, e tale capacità non può essere ridotta alla programmazione di una macchina che, per quanto “intelligente”, rimane pur sempre una macchina. Per questo motivo, è imperativo garantire una supervisione umana adeguata, significativa e coerente dei sistemi d’arma.

Non possiamo nemmeno ignorare la possibilità che armi sofisticate finiscano nelle mani sbagliate, facilitando, ad esempio, attacchi terroristici o interventi volti a destabilizzare istituzioni di governo legittime. Il mondo, insomma, non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la follia della guerra. Così facendo, non solo l’intelligenza, ma il cuore stesso dell’uomo, correrà il rischio di diventare sempre più “artificiale”. Le più avanzate applicazioni tecniche non vanno impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti, ma per pavimentare le vie della pace.

In un’ottica più positiva, se l’intelligenza artificiale fosse utilizzata per promuovere lo sviluppo umano integrale, potrebbe introdurre importanti innovazioni nell’agricoltura, nell’istruzione e nella cultura, un miglioramento del livello di vita di intere nazioni e popoli, la crescita della fraternità umana e dell’amicizia sociale. In definitiva, il modo in cui la utilizziamo per includere gli ultimi, cioè i fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura rivelatrice della nostra umanità.

Uno sguardo umano e il desiderio di un futuro migliore per il nostro mondo portano alla necessità di un dialogo interdisciplinare finalizzato a uno sviluppo etico degli algoritmi – l’algor-etica –, in cui siano i valori a orientare i percorsi delle nuove tecnologie [12]. Le questioni etiche dovrebbero essere tenute in considerazione fin dall’inizio della ricerca, così come nelle fasi di sperimentazione, progettazione, produzione, distribuzione e commercializzazione. Questo è l’approccio dell’etica della progettazione, in cui le istituzioni educative e i responsabili del processo decisionale hanno un ruolo essenziale da svolgere.

7. Sfide per l’educazione

Lo sviluppo di una tecnologia che rispetti e serva la dignità umana ha chiare implicazioni per le istituzioni educative e per il mondo della cultura. Moltiplicando le possibilità di comunicazione, le tecnologie digitali hanno permesso di incontrarsi in modi nuovi. Tuttavia, rimane la necessità di una riflessione continua sul tipo di relazioni a cui ci stanno indirizzando. I giovani stanno crescendo in ambienti culturali pervasi dalla tecnologia e questo non può non mettere in discussione i metodi di insegnamento e formazione.

L’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di ogni età, ma soprattutto i giovani, sviluppino una capacità di discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o prodotti da sistemi di intelligenza artificiale. Le scuole, le università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia.

La formazione all’uso dei nuovi strumenti di comunicazione dovrebbe tenere conto non solo della disinformazione, delle fake news, ma anche dell’inquietante recrudescenza di «paure ancestrali […] che hanno saputo nascondersi e potenziarsi dietro nuove tecnologie» [13]. Purtroppo, ancora una volta ci troviamo a dover combattere “la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare muri per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente” [14]e lo sviluppo di una coesistenza pacifica e fraterna.

8. Sfide per lo sviluppo del diritto internazionale

La portata globale dell’intelligenza artificiale rende evidente che, accanto alla responsabilità degli Stati sovrani di disciplinarne l’uso al proprio interno, le Organizzazioni internazionali possono svolgere un ruolo decisivo nel raggiungere accordi multilaterali e nel coordinarne l’applicazione e l’attuazione [15]. A tale proposito, esorto la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme. L’obiettivo della regolamentazione, naturalmente, non dovrebbe essere solo la prevenzione delle cattive pratiche, ma anche l’incoraggiamento delle buone pratiche, stimolando approcci nuovi e creativi e facilitando iniziative personali e collettive [16].

In definitiva, nella ricerca di modelli normativi che possano fornire una guida etica agli sviluppatori di tecnologie digitali, è indispensabile identificare i valori umani che dovrebbero essere alla base dell’impegno delle società per formulare, adottare e applicare necessari quadri legislativi. Il lavoro di redazione di linee guida etiche per la produzione di forme di intelligenza artificiale non può prescindere dalla considerazione di questioni più profonde riguardanti il significato dell’esistenza umana, la tutela dei diritti umani fondamentali, il perseguimento della giustizia e della pace. Questo processo di discernimento etico e giuridico può rivelarsi un’occasione preziosa per una riflessione condivisa sul ruolo che la tecnologia dovrebbe avere nella nostra vita individuale e comunitaria e su come il suo utilizzo possa contribuire alla creazione di un mondo più equo e umano. Per questo motivo, nei dibattiti sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, si dovrebbe tenere conto della voce di tutte le parti interessate, compresi i poveri, gli emarginati e altri che spesso rimangono inascoltati nei processi decisionali globali.

* * *

Spero che questa riflessione incoraggi a far sì che i progressi nello sviluppo di forme di intelligenza artificiale servano, in ultima analisi, la causa della fraternità umana e della pace. Non è responsabilità di pochi, ma dell’intera famiglia umana. La pace, infatti, è il frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità, e di cooperazione e impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone e di tutti i popoli.

La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana. Possano i fedeli cristiani, i credenti di varie religioni e gli uomini e le donne di buona volontà collaborare in armonia per cogliere le opportunità e affrontare le sfide poste dalla rivoluzione digitale, e consegnare alle generazioni future un mondo più solidale, giusto e pacifico.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2023

FRANCESCO

“Per una rinascita”. Gli auguri di Buon Natale dal Vescovo Mons. Mario Toso

Carissimi tutti, sia questo un Natale di rinascita. Gesù viene tra noi perché viviamo con Lui. Lo accogliamo per vivere il suo Amore in tutti i nostri impegni e le nostre responsabilità. Un tale amore ci è donato per continuare con ardore ed intelligenza creativa il cammino sinodale, la Visita pastorale già iniziata, l’opera di ricostruzione delle infrastrutture, delle case danneggiate sia da una duplice alluvione sia dal terremoto, sia da una tromba d’aria che ha devastato colture, ha scoperchiato abitazioni e fabbriche. L’amore che ci porta Gesù Bambino mobilita la generosità, la solidarietà di tutti noi affinché insieme riusciamo a far fronte ad un’opera grande, comunitaria. Non è finito il tempo del mutuo aiuto. Tutt’altro. Deve continuare, con la consapevolezza che ci possiamo rialzare se siamo tutti uniti e convergenti. Nessuno può esimersi dal dare il proprio contributo. In questo momento storico è importante non perdersi d’animo e non fermarsi. Non possiamo non vivere i sentimenti e gli atteggiamenti di Gesù Cristo che si fa povero e nostro servo perché cresca in noi un’umanità nuova, degna dei figli di Dio, tutti fratelli e sorelle. Gesù Bambino si rende samaritano perché lo siamo anche noi, prendendoci cura gli uni degli altri, senza interruzioni. Cresciamo come comunità cristiane attive, inserite nel territorio, vivendo con verità ed ardore l’annuncio di Cristo, riconoscendolo nell’Eucaristia come hanno fatto i discepoli di Emmaus, operando con il suo Amore sia nella edificazione del suo Corpo sia nella umanizzazione di tutte le attività umane. Togliamo da noi il sale insipido, le asprezze, le avidità che, purtroppo, nel momento della ricostruzione non diminuiscono. Talvolta è vero il contrario. Accresciamo l’integrazione degli immigrati offrendo loro possibilità di qualificazione professionale e di inserimento nel mondo del lavoro, come già sta avvenendo in maniera esemplare in diverse cooperative ed imprese lungimiranti. Non c’è solo da offrire lavoro a chi è senza, ma occorre continuare a lavorare intensamente per migliorare le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, la loro remunerazione, la loro formazione morale e civile. Non dimentichiamo che la vera integrazione richiede la crescita del dialogo culturale e interreligioso, senza l’annientamento delle identità e della libertà. Risulta necessario, inoltre, un più stretto rapporto tra imprese e istituzioni scolastiche, perché si verifica che diverse aziende non trovano persone qualificate.  Il cantiere in cui ci troviamo a lavorare è ampio. Il nostro contesto socioculturale è segnato da gravi questioni proprie di una terza guerra mondiale a pezzi, di un’ecologia integrale, di epidemie sempre in agguato, di umanizzazione dell’intelligenza artificiale. Siamo, allora, architetti ed artigiani di pace a tutto campo, facendo sì che la nostra preghiera si traduca in opere concrete, come la costruzione di istituzioni atte a mantenerla e a consolidarla, riformando quelle insufficienti o inventandone di nuove, più efficaci. La pace viene dalle persone, dai cuori liberi dalla violenza, purificati dalle fede, immedesimati con la Persona del Signore Gesù. Vivendo in Lui, tutte le nostre famiglie, in rete con altre istituzioni, sono sollecitate all’educazione alla pace. Un grande tesoro da valorizzare sono i nostri nonni, che conservano un cuore ricco di empatia nei confronti delle nuove generazioni. Tutte le volte che ho la fortuna di incontrarli me ne convinco sempre di più.  Sono loro per primi a insegnarci la pace vera. Le urgenze che premono esigono che non perdiamo troppo tempo in parole. I poveri attendono. Mettiamoli al centro delle nostre sollecitudini. La Caritas diocesana sta facendo di tutto per aiutare il maggior numero possibile di alluvionati e di sfollati.

Accogliamo senza esitazioni il Figlio di Dio. AmiamoLo con tutto noi stessi, offriamo a Lui tutta la nostra vita. Con Lui vivremo attivi, creativi, gioiosi, ricchi di speranza, operosi nella carità dell’annuncio della testimonianza e del dono di noi stessi. Prepariamo in noi la sua via. Convertiamoci! Il Bambino Gesù vi benedica e vi colmi di ogni dono! Vi abbraccio tutti. Pace e ogni bene. Gloria a Dio!

                                                  + Mario Toso


La visita del Segretario di Stato, card. Parolin, per il 50° anniversario della morte del card. Amleto Cicognani

Vigilanza, sapienza e ferma speranza. Sono questi alcuni dei carismi che hanno guidato l’attività diplomatica del cardinale Amleto Cicognani nel suo lungo servizio per la Chiesa. In occasione del 50esimo della morte, la Diocesi di Faenza-Modigliana ha promosso nella giornata di 17 dicembre un convegno e una messa in suffragio del cardinale originario di Brisighella e che è stato, tra i numerosi incarichi ricevuti, segretario di stato per i papi Giovanni XXIII e Paolo VI. Una testimonianza di primo piano della Chiesa che la Diocesi e il vescovo monsignor Mario Toso hanno voluto fortemente ricordare. Per l’occasione, la giornata di commemorazione ha visto la visita, a Faenza, del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, che nella sua relazione ha ripercorso le tappe più significative della vita del cardinale Cicognani, prima di presiedere la messa in suffragio in Cattedrale.

Il convegno, alla sala San Carlo, è stato aperto dai saluti del vescovo Mario, e del vicario generale monsignor Michele Morandi. In particolare, monsignor Toso ha ribadito il forte legame che Amleto Cicognani, «illustre figlio di questa Diocesi» ha mantenuto con la sua terra d’origine.
Tra i relatori, oltre al vescovo e al cardinale Parolin, anche monsignor Maurizio Tagliaferri. Al convegno hanno presenziato anche l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni, il vescovo di Forlì, monsignor Livio Corazza e il vescovo emerito di Faenza, monsignor Claudio Stagni e le autorità, tra cui il sindaco di Faenza Massimo Isola, la vice sindaco di Brisighella Marta Farolfi e il comandante dei Carabinieri Alessandro Averna Chinnici.

I legami con la terra d’origine

«Nonostante la lontananza dovuta agli impegni apostolici – ha detto il vescovo – ebbe sempre nel cuore il suo paese di origine, Brisighella, dove nacque e rinacque alla fede. Le radici della sua vocazione, della sua spiritualità, affondano nella rigogliosa tradizione ecclesiale faentina. Alle origini della sua vocazione e della sua formazione stanno i genitori e la famiglia, assieme allo zelante parroco monsignor Antonio Casanova, animatore di tante istituzioni di bene. Nel Seminario di Faenza incontrò due figure eccezionali che ne segnarono indelebilmente la vita, il rettore monsignor Francesco Lanzoni (1862-1929) e il direttore spirituale il servo di Dio monsignor Paolo Taroni (1827-1901)».
«Sentiva un grande affetto per la sua Chiesa d’origine – ha proseguito il vescovo -. Non potendo mostrarlo di persona, non permettendoglielo i suoi alti incarichi, lo esprimeva con aiuti a istituzioni e persone. Dopo la guerra le necessità, peraltro, non si facevano mancare. Assieme al fratello cardinale Gaetano Cicognani, anche lui diplomatico, rivolse dapprima la sua attenzione al paese natio. Dietro consiglio del vescovo Giuseppe Battaglia procurò, nel 1947, una sede spaziosa all’asilo parrocchiale, centro insieme di attività catechistiche, ricreatorie e di Azione Cattolica. Nonostante non desiderasse apparire, tratto questo caratteristico del cardinale, il luogo venne intitolato alla famiglia e si chiamò “Asilo Cicognani”».Nel 1948 il vescovo Battaglia pose la prima pietra del nuovo Seminario, simbolo della ricostruzione materiale e spirituale della Diocesi. Il cardinale volle partecipare donando le magnifiche Cappelle che sorgono nel complesso inaugurate nel 1953.

Al servizio della Chiesa

Riprendendo le parole di san Giovanni paolo II, il cardinale Parolin ha definito Cicognani «un grande servitore della Santa Sede», e ha ripercorso le tappe principali della sua vita, che si è svolta in un contesto mondiale complesso: dalla crisi del ’29 alle, iniziali, difficili relazioni con gli Stati Uniti arrivando poi fino alla guerra mondiale, il rinnovamento post-conciliare e la guerra fredda. Il cardinale Cicognani seppe muoversi con sapienza e autonomia, distante da certe posizioni della curia romana, ottenendo risultati importanti nel suo operato pastorale su temi come la pace, la libertà, il disarmo, l’autodeterminazione dei popoli. Mostrò in particolare grande attenzione sugli effetti che le proprie parole potevano avere sulle chiese locali: «certe prese di posizione a livello diplomatico – ha sottolineato Parolin -, in epoca della guerra fredda, avrebbero potuto danneggiare non solo i rapporti con gli Stati, ma soprattutto le chiese locali orientali e i più deboli. Anche nei rapporti tra arabi e israeliani fu sempre misurato. Un insegnamento che vale ancora oggi per il presente».

Monsignor Tagliaferri ha approfondito, in particolare, l’attività diplomatica di Cicognani come nunzio apostolico negli Stati Uniti, durata ben 25 anni, e sui cui ancora tanto c’è da esplorare grazie all’apertura degli archivi vaticani. Fondamentale fu il suo ruolo nel riavvicinare le relazioni tra il Vaticano e gli Stati Uniti. Tagliaferri ha sottolineato alcuni temi specifici tra i suoi dossier come «le crociate contro Hollywood» o il «problema legato al controllo delle nascite».


Natale. La messa del vescovo Mario all’hospice Villa Agnesina

Nei giorni scorsi il vescovo monsignor Mario Toso ha presieduto la tradizionale messa di Natale all’Hospice Villa Agnesina di Castel Raniero a Faenza. Presenti alla celebrazione anche il sindaco, Massimo Isola, la direttrice del distretto ospedaliero, Donatina Cilla, e il direttore della struttura Luciano Montanari, e altri operatori e ospiti dell’hospice.
Un’occasione per vivere assieme l’avvicinarsi del Natale stando a fianco di chi, in questo momento, ha più bisogno.


Vespri nel Tempo di Natale in Seminario: date e orari

Durante il Tempo di Natale in Seminario a Faenza continuano gli appuntamenti con i Vespri organizzati dalla Pastorale Vocazionale la domenica sera dalle 19 alle 20.

Date

Il 24 dicembre Primi Vespri, Natale del Signore. Il 31 dicembre Primi Vespri, Maria S.s. Madre di Dio e il 7 gennaio Vespri, Battesimo del Signore.

Per info: don Luca Ghirotti 3334122749, luca.ghiro@hotmail.it


Il Cardinale Parolin a Faenza

 

Domenica 17 dicembre, in occasione del 50° anniversario della morte del Card. Amleto Giovanni Cicognani, verrà in visita a Faenza il Segreteria di Stato di Sua Santità, S.Em. il Card. Pietro Parolin.

Nel pomeriggio è previsto un incontro nella Sala S. Carlo (P.zza XI febbraio n°4 – Faenza) alle ore 16.00. Dopo il saluto del Vescovo di Faenza-Modigliana, Mons. Mario Toso, seguirà un intervento del Cardinale Pietro Parolin e di Mons. Maurizio Tagliaferri sulla figura e la cura pastorale del Card. Cicognani.

Alle 18.00 il Cardinale presiederà la celebrazione eucaristica nella Cattedrale di Faenza.

 

 


Essere autentici educatori: riflessioni dall’equipe diocesana Tutela minori di Faenza. Il 19 novembre Giornata di preghiera

Ci sono temi che, nella vita personale, sociale ed ecclesiale, spesso si impongono per la loro serietà e gravità. Le reazioni possono essere di paura, di insabbiamento, di giustizialismo di vendetta.  Questi atteggiamenti non mirano ad affrontare profondamente e a lungo termine le questioni, anzi… La vera sfida è quella di fare di ogni evento un’occasione per crescere e formarci. L’impegno nella Chiesa per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, si muove su un duplice fronte: quello dell’affiancamento e cura di chi è stato ferito da qualche forma di abuso, ma soprattutto quello della prevenzione.

Affiancamento, prevenzione e formazione di tutta la comunità diocesana

Non esiste prevenzione più efficace che la formazione di quanti, in un ruolo più o meno costituito ufficialmente, si pongono in relazione con altri. Il nostro porci in relazione con gli altri, come discepoli di Gesù Cristo, ha un nome preciso si chiama “servizio”. Il servizio è il punto di partenza e di arrivo di ogni relazione autenticamente educativa e formativa. Essere servi, significa essere totalmente protesi all’altro, vederlo in senso profondo, cioè essere capaci di riconoscere la sua unicità e la sua verità. Essere servi, significa rinunciare a ogni forma di “potere” sull’altro, ed essere attivi affinché l’altro raggiunga la sua vocazione la sua libertà fino al punto da renderci “inutili” e capaci di accettare che l’altro con la sua vita ci dica: “tu non mi basti”.

Il servizio ha poi come seconda caratteristica quello di essere a nome di qualcuno. Il nostro servizio è ecclesiale: noi portiamo sempre non solo noi stessi, ma un “noi” che ci precede, e conduciamo a un “noi” che seguirà noi stessi. Se analizzassimo profondamente i disagi relazionali che giungono anche all’abuso, ci accorgeremmo, a uno sguardo piuttosto immediato, che al di la di patologie più gravi e complesse, esiste una immaturità umana e spirituale che porta, chi è posto in una qualche forma anche molto abbozzata di autorità, a non riuscire a vedere l’altro ma solo se stesso, e a percepirsi come punto di arrivo e di partenza e non mediazione di un “noi-Chiesa”, un “noi-famiglia” un “noi-società”.

Se esiste una autorità (augere=crescere) serve per far crescere l’altro, attraverso un magistero (magis-ter = tre volte grande) che è anche sempre un ministero (minus-ter = tre volte piccolo).

Su questi temi la nostra Chiesa di Faenza-Modigliana, propone un corso obbligatorio a tutti i catechisti ed educatori che potrete trovare a questo link.

Il 19 novembre la Giornata di preghiera per le vittime di abusi

Ci troveremo poi a pregare insieme domenica 19 novembre alle 19 in seminario a Faenza (ingresso da via Insorti 56) per chiedere al Signore il dono del Suo Spirito, perché si formino in noi gli stessi sentimenti che furono in Gesù Cristo, il quale pur essendo di natura divina, svuotò se stesso assumendo la condizione di Servo. (Cf Fil 2)

L’equipe diocesana tutela minori


Gmg diocesana: appuntamento il 25 novembre in Seminario a Faenza

Il prossimo sabato 25 novembre dalle 17.30 in Seminario a Faenza appuntamento con la Gmg diocesana.

Il programma

Si inizia alle 17.30 con i ritrovo e l’accoglienza dei gruppi della diocesi. Alle 18 l’incontro e l’attività con il Sermig di Torino, poi alle 19.30 la veglia e la Professione di fede presieduta dal vescovo Mario Toso. Infine alle 20.15 cena insieme e musica.

Info e iscrizioni

Per la partecipazione è richiesto un contributo di 5 euro l’iscrizione entro il 20 novembre. Per informazioni e iscrizioni: Annachiara 331 8897336 oppure Irene 334 1964005.


Marco: un Vangelo per la strada. Il 17 novembre l’incontro della TreSere educatori e catechisti con don Paolo Bovina

Continuano gli appuntamenti delle TreSere per educatori e catechisti. Per il terzo incontro, che si terrà il prossimo venerdì 17 novembre alle 20.45 in Seminario, l’Apostolato biblico e l’Azione Cattolica propongono una riflessione sul Vangelo di Marco. A guidare la serata sarà il biblista don Paolo Bovina con un intervento dal titolo Marco: un Vangelo per la strada. Sacerdote dell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, don Paolo è esperto di Scienze Bibliche. Attualmente svolge il proprio servizio come direttore della Casa di cultura Giorgio Cini, è anche direttore dell’Ufficio per la Cultura e la Pastorale Universitaria e collaboratore presso l’unità pastorale di Borgovado.