SIAMO CHIAMATI A PRENDERE POSIZIONE

Faenza - Basilica Cattedrale, 29 marzo 2015
29-03-2015
Cari fratelli e sorelle, abbiamo sentito proclamare la Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo l’evangelista Marco. Che emozione di fronte all’intensità del dono di un Dio. La sua passione d’amore  suscita «estasi», decentramento da sé, coinvolgimento. Il mistero dell’amore che non esita  a consegnarsi inerme nelle mani delle sue stesse creature, dei suoi stessi figli, da cui sarà rifiutato, processato ed ucciso, ci obbliga ad abbandonare le nostre meschinità e piccolezze. Il Dio-uomo, che benefica l’umanità sacrificando la propria vita, donando la sua capacità di amare e di lottare contro il male, non è riconosciuto come Colui che incondizionatamente e disinteressatamente libera e fa vivere in pienezza. Quel Dio che accetta di farsi nostro vicino e consanguineo per salvarci, è  insultato e immolato nel più ignobile dei supplizi. La sua Passione è l’apice di un dramma universale: la sua lotta contro il male che si è impossessato dell’uomo e della storia per un momento sembrò concludersi con una sconfitta. Ma alla misericordia di Dio sono sufficienti pochi «sì» per dare inizio a un nuovo popolo, il sì di Gesù, il Figlio, quello di Giuseppe, l’uomo giusto, quello di Maria, la Madre, quello del Battista il precursore e di Giovanni, il discepolo che stava sotto la croce, assieme a tutti i «sì» di coloro che lo tradiscono, l’abbandonano, ma poi ritornano a Lui con il pentimento.
 Noi, come battezzati e cresimati, come tralci uniti alla vite; noi, come persone libere che hanno scelto di vivere Cristo e quindi di appartenergli, non possiamo non sentirci interpellati e coinvolti dalla sua volontà di salvarci, dandoci un cuore nuovo, ponendo dentro di noi il suo Spirito d’amore, per trasfigurare la nostra esistenza e renderci popolo di Dio.
Di fronte a Cristo che, con l’incarnazione e l’effusione del suo Spirito dall’alto della croce, vive in noi e con noi; che potenzia in noi l’anelito al vero, al bene e a Dio; che accresce una profonda inquietudine per la globalizzazione dell’ingiustizia, dell’illegalità, della corruzione, dell’indifferenza, dell’esclusione, della tragica violenza dei conflitti, non possiamo sentirci distanti e separati da Lui.
Il succedersi incalzante degli eventi della sua passione cruenta, perversamente istigata dal Maligno che pensava di riuscire ad annientarLo, è stato l’occasione, per il popolo e per i discepoli, di schierarsi con il Maestro.
Nell’Ora di Gesù, quell’ora suprema del suo «sì» al Padre in cui l’uomo è riconciliato con Dio e, mediante una lotta drammatica ed eroica contro il male e il peccato dà l’avvio ad una nuova storia di alleanza; in quell’Ora, sempre attuale, anche oggi a casa mia, nel mio quartiere, nella mia città, nella mia Nazione, in Europa e nel mondo intero, dove mi pongo? Decido per Gesù o mi dissocio da Lui? Lo tradisco, fuggendo? Me ne lavo le mani come Pilato? Mi unisco, in certo qual modo, a chi lo schiaffeggia, lo umilia, lo crocifigge? Sono domande che debbono porsi anche i nostri giovani che hanno fatto recentemente la professione di fede e che intendono prepararsi a partecipare alla prossima  Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà a Cracovia nel 2016. Sicuramente debbono domandarsi se è proprio in Gesù Cristo che  essi ricercano la loro felicità.
Le domande che ci dobbiamo porre possono essere anche più circostanziate. Siamo tra coloro che, per indolenza e grettezza, vogliono bloccare quei processi di rinnovamento e di trasfigurazione, che Cristo, con la sua presenza e il suo Spirito, semina e attiva nei cuori, nelle comunità, nelle culture, nelle istituzioni, nelle legislazioni, nella politica, nelle nostre stesse associazioni ed organizzazioni cattoliche o di ispirazione cristiana? O, peggio, siamo tra coloro che prendono volontariamente la via del male, rubando la speranza agli altri, alla società, praticando magari gli affari facili, sfruttando coloro che non possono rifiutare una paga da fame? Annunciamo il Vangelo della gioia e della fraternità? Testimoniamo credibilmente la bellezza di essere e di dirci cristiani non solo coltivando utopie, ma soprattutto lavorando per la costruzione di una nuova società, di una nuova economia, di una nuova finanza, di una nuova politica? Siamo impegnati a educare alla vita buona, a combattere l’analfabetismo religioso, a vivere consapevolmente nell’Amore pieno di Verità, che è Cristo? Prendiamo posizione, come uomini e come cristiani,  di fronte a scelte politiche ed economiche che non intaccano le cause strutturali dei mali sociali e rendono i poveri più poveri, relegandoli, assieme a tanti giovani, ai margini della società e del mondo del lavoro? Ci opponiamo a quelle organizzazioni che lucrano schiavizzando le persone, approfittando del loro bisogno e della loro fragilità? Dissentiamo fermamente e non solo verbalmente, mobilitandoci e formando rete, nei confronti di coloro che si fanno portatori di menzogne e di falsi diritti, destrutturando la famiglia, teorizzando l’assassinio del nascituro indifeso, l’eutanasia, la libertà senza limiti? Ci dissociamo coraggiosamente dai fenomeni di corruzione, che non toccano solo i rappresentanti della cosa pubblica, ma che trovano connivenze e complicità nella società civile, tra gli stessi cittadini, ledendo i diritti altrui e il bene comune?
Perché le nostre società devono ancora assistere alla vergogna di chi vende Cristo per trenta denari in quei ragazzi e in quelle ragazze che sono sequestrati per essere reclutati nel lavoro nero, e nei circuiti della prostituzione?  Per non parlare di quelli che, in molte parti del mondo vengono addestrati come soldati al servizio di bande armate, e spesso avviati direttamente alla morte, imbottiti di esplosivo o destinati al commercio di organi? Siamo coscienti di venir meno alle nostre responsabilità singole e comunitarie verso il «corpo di Cristo», quando gli anziani sono pressoché abbandonati nei ricoveri, ove sono spesso considerati numeri; quando i media ci informano che comunità intere di fratelli perseguitati, sono costretti a lasciare le case e ogni loro avere, e «agonizzano» in campi profughi senza adeguati soccorsi? Quanti mali, quante sofferenze, quanta morte ci circondano nella nostra città e nel mondo intero! Ma proprio là ove constatiamo la nostra pochezza e fragilità umana, come ci dice san Paolo sovrabbonda la grazia di Cristo, la sua Passione d’amore per noi, con cui ci riscatta e ci fa rinascere. Dobbiamo prendere posizione per Gesù. Insieme a lui dobbiamo lottare contro il male, optando per la via del bene e della giustizia, per la cultura della vita e non del dio denaro.
Se nel riconoscimento delle nostre colpe abbiamo il dovere di essere severi, non dobbiamo, però, lasciarci trascinare nel gorgo di quella disperazione  che ci chiude in noi stessi e non ci permette di vedere chi ci tende la mano per aiutarci. Guardiamo al Crocifisso. Confidiamo in Lui. La sua fedeltà e la sua misericordia nei nostri confronti sono doni inestimabili, che ci incoraggiano a proseguire decisi sulle sue orme, nonostante le difficoltà quotidiane, le nostre cadute, i nostri errori, e anche i nostri tradimenti. Accingiamoci a partecipare, in questa Settimana Santa, alla passione del Signore Gesù, purificandoci, accostandoci al sacramento della Riconciliazione, per sperimentare la tenerezza di Dio e riattivare il nostro desiderio di verità, di bene, per vivere di Dio, per essere luce e speranza come Lui, e offrire possibilità di riscatto.