CELEBRAZIONE della PROFESSIONE DI FEDE dei DICIOTTENNI

Faenza, 28 marzo 2015
28-03-2015
Benvenuti. E grazie a tutti coloro che hanno pensato ed organizzato questo momento che vede la presenza di molti giovani.
Cosa faremo questo sera? Percorreremo un itinerario molto semplice. Prenderemo le mosse dal Messaggio di Papa Francesco per la XXX Giornata mondiale della gioventù 2015 e sui suoi contenuti innesteremo la nostra riflessione sulla professione di fede che faranno i nostri giovani diciottenni.
Siamo fatti per la felicità, per una vita in pienezza, ci ricorda Papa Francesco. Dove troviamo una vita piena? In Cristo, umanità compiuta, perché Egli è ad un tempo Uomo-Dio. La divinità di Cristo fa sì che l’umanità da Lui assunta sviluppi le sue potenzialità al massimo.
Ma come possiamo arrivare a Cristo, che è uomo perfetto? Papa Francesco ci suggerisce che noi possiamo arrivare a Cristo e vederlo così com’è, ossia come umanità in pienezza, se possediamo un cuore puro. Il tema della Giornata mondiale della gioventù – «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» – ci insegna che possiamo giungere a Gesù Cristo, quasi sino a toccarlo, se abbiamo un cuore puro. Non possiamo vedere Dio e Cristo, il Figlio, se non mediante un cuore pulito, limpido, libero da sostanze contaminanti.
Ma come possiamo disporre di un cuore che «vede» Dio e Gesù Cristo? Passando attraverso due tappe. La prima tappa consiste in un lavoro di pulizia, di eliminazione della spazzatura. Si tratta di un’operazione di «demolizione», di «decostruzione», di liberazione: togliere dal nostro cuore tutto ciò che lo inquina, ossia gli impedisce di vedere e di raggiungere Colui per cui è stato fatto: Dio. Noi siamo stati fatti per Dio. Il nostro cuore è inquieto – dice sant’Agostino – finché non riposa in Lui. Noi possiamo essere impediti di vedere Dio, ma anche Gesù Cristo, quando il nostro cuore si riempie di propositi di male, quando non ricerca più il bene proprio e quello altrui, e diviene un cuore idolatra, ossia si prostituisce, si vende a falsi idoli, assolutizzando piccoli beni e mettendoli al posto di Dio: come, ad es., avviene nel culto della propria immagine, nella cura esasperata della propria corporeità, della propria salute, nel privilegiare le cose materiali rispetto a quelle spirituali, nell’adorazione del denaro, nella credenza del potere taumaturgico della tecnica, nell’attaccamento morboso e consumistico alla sessualità, nell’assunzione di atteggiamenti di autosufficienza, per cui Gesù Cristo è considerato «superfluo».
La seconda tappa consiste in un’opera di costruzione, positiva, ossia nel centrarci e nel radicarci nella vita di Cristo. Noi entriamo in possesso di un cuore puro e limpido se trapiantiamo al posto del nostro cuore, impuro e cieco, il cuore stesso di Cristo, mediante la fede in Lui. Noi possiamo avere un cuore nuovo, libero da ciò che annebbia, se vediamo e amiamo come Gesù Cristo, ossia riconoscendo e amando Dio come lo ama Gesù. Cristo riconosce nel Padre il Sommo Vero, il Sommo Bene, la Somma Bellezza, il suo Tutto, Colui per il quale vale la pena di dare se stessi, trovando in tale dono la felicità.
Dicevo che noi possiamo vedere Dio, essere felici in Dio se abitiamo in Gesù Cristo mediante la fede. Permettetemi, allora, che mi fermi qualche istante a riflettere con voi sulla fede, nel giorno in cui un folto gruppo tra voi rinnova la sua professione.
Cos’è la fede? Per professarla e confessarla debbo conoscerla bene.
Essa non è accoglienza di una teoria o di una dottrina, non è possedere una scienza. Non è nemmeno semplicemente conoscere Gesù Cristo e il catechismo, cosa peraltro fondamentale per incominciare a credere. È molto di più. È più del conoscere l’esistenza di Dio e di Gesù Cristo. Anche il Diavolo conosce e sa chi è Gesù Cristo, ma non crede in Lui.
La fede è incontrare Gesù, accoglierlo. È, come dice san Paolo, VIVERE Lui, dimorare in Lui. È partecipare alla sua vita e alla sua opera di salvezza integrale e universale, come persona innamorata ed appassionata, accesa dal suo Amore.
La fede autentica non è un rimanere passivamente, quasi abusivamente, in Gesù, nel suo «corpo», che è La Chiesa, vivendo di rendita, consumisticamente, senza essere protagonisti attivi di quella nuova creazione che Egli è venuto a compiere mediante la sua incarnazione, morte e risurrezione.
Se si è persone che vivono realmente e appassionatamente in Cristo e di Lui – che ricapitola in sé tutte le cose, e crea cieli nuovi e terra nuova, trasfigurando tutta l’umanità, ciascuno di noi, dandoci il suo cuore, il suo Spirito, ossia la sua capacità di amare, di opporsi al male costi quel che costi -, si forma, inevitabilmente un popolo di rivoluzionari, come ci ricorda papa Francesco al termine del suo Messaggio.
Grazie alla fede veniamo dotati di occhi particolari, che vedono al di là delle apparenze e dei fenomeni, e ci offrono una visione diversa della realtà e della vita.
Gli occhi della fede – che non sono i nostri occhi biologici e fisici – ci consentono di Vedere Gesù in chi mi è accanto, nei miei stessi genitori, nei più poveri, in chi è senza casa, lavoro, vestiti, cibo; in chi è carcerato, emigrato, anziano ed ammalato, solo, scartato.
 A partire da questo sguardo di fede, chi rinnova la professione di fede a diciotto anni, si impegna a guardare in profondità, riconoscendo in ogni persona, ricca o povera che sia, la dignità di un figlio o di una figlia di Dio. Si impegna ad amare come Cristo: con un amore più che umano e in Dio. Grazie alla fede, cari giovani, vedrete nei vostri amici e negli altri, dei fratelli. In tal modo, tutto cambia nelle relazioni, specie se ricordiamo quanto Gesù ci ha detto e cioè che alla fine della nostra vita saremo principalmente giudicati non sul fatto se saremo diventati presidenti della repubblica o sindaci o professionisti con tre lauree – cose tutte buone, sicuramente – ma sul fatto se saremo riusciti a riconoscerLo e ad amarLo, per l’appunto, nel povero, nel carcerato, nel profugo, nell’emarginato, nell’emigrato, nei senza dimora, nei nonni soli, nei nostri genitori, nei fratelli e nelle sorelle, negli amici. «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).
La nostra fede, l’avrete capito, non ci estrania dalla realtà, dalla vita quotidiana, dalla società, rinchiudendoci in un mondo artificiale, come avviene spesso con internet, con face book, con i media moderni. La nostra fede ci obbliga ad essere realisti e concreti, a «uscire» da noi e andare verso il fratello, a riconoscere il realismo dell’incarnazione di Cristo nell’umanità.  Essa ci insegna che nel fratello si trova il permanente prolungamento dell’Incarnazione per ognuno di noi. Ci sollecita a concepire la realizzazione della nostra vita come un essere per, un essere per la fraternità, per Dio, per la comunione, la convivialità.
La fede vede in Cristo, Uomo-Dio, l’attuazione dell’uomo perfetto, al massimo grado, l’umanità in piena comunione con Dio, totalmente aperta a Dio. Mediante la fede, noi siamo chiamati a raggiungere la misura della pienezza umana di Cristo (cf Ef 4, 11-13).
L’uomo che vuole pensare solo a sé è uomo vecchio, del passato, va lasciato alle spalle per andare oltre, per superare il limite del nostro essere isolati e divisi.
In definitiva, cari giovani, con la vostra fede siete chiamati a coltivare visioni ampie, inusuali, universali: tutti siamo fratelli e sorelle in Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Volete sognare un mondo ove la barbarie, la fame, la povertà, l’odio sono sconfitti e vincono l’amicizia, la fraternità, la libertà fondata sulla verità? Vivete sinceramente e confessate fermamente la vostra fede! Desiderate battere la menzogna sulla vita, sulla famiglia, sull’amore; volete esautorare i ladri dei vostri sogni più belli; volete smascherare i falsi profeti che si presentano con vesti di pecore, ma dentro sono lupi rapaci (cf Mt 7,15-16)? Non perdete la vostra fede!
Piuttosto, alimentatela, rendetela più forte! Guardate alla fede dei santi di cui, mediante la «caccia al tesoro», oggi pomeriggio, avete visitato i monasteri e le istituzioni che hanno innalzato qui a Faenza. La loro non è stata una fede senza opere. Al contrario. Grazie alla loro fede ricca di carità noi stessi possiamo beneficiare del loro insegnamento e del loro carisma. Imparate dai santi a vivere la fede come cittadini del cielo e pellegrini in terra; a coltivarla, come suggerisce papa Francesco, attraverso il Sacramento della Riconciliazione (con se stessi, con gli altri, con Dio e il creato), la preghiera, leggendo frequentemente la Sacra Scrittura. Mi permetto di aggiungere a queste un’altra via: sceglietevi una guida spirituale, perché vi accompagni paternamente e fraternamente, quasi come un vostro fratello ed amico,  nella scalata della montagna che è Cristo. Grazie alla vostra guida potrete crescere nella fede e compiere meglio la scelta della vostra vocazione  a formare una famiglia, alla vita consacrata, al sacerdozio.
Buona professione di fede e Buona Pasqua!