OMELIA per la Messa di Suffragio del VESCOVO mons. TARCISIO BERTOZZI

Faenza, Basilica Cattedrale 19 maggio 2007
19-05-2007

Siamo ormai alla vigilia della solennità dell’Ascensione del Signore, e le letture risentono della prossimità di questo mistero. Gesù è andato in Cielo a prepararci un posto, e noi siamo ancora qui a pregarlo perché il posto che ha preparato per il Vescovo Tarcisio gli sia concesso subito, per la misericordia di Dio e in premio alle sue fatiche apostoliche.
Non sembri troppo il tempo di undici anni dalla morte, per trovarci ancora a pregare in suffragio del vescovo Tarcisio, perché la differenza del tempo è per noi; nell’altra vita non sappiamo come sia. A noi compete un dovere di carità e di gratitudine, e l’anniversario della morte è una occasione per continuare a sdebitarci, come Chiesa diocesana che ha goduto del servizio episcopale e del sacrificio della vita di Mons. Bertozzi.
Nel ricordo di questo nostro carissimo fratello nel Signore ci lasciamo guidare dalla parola di Dio che la liturgia ci ha donato. Anzitutto il Vangelo, nel quale Gesù ci incoraggia a pregare il Padre nel suo nome, con l’assicurazione che è il Padre stesso che ci ama, e quindi ha a cuore il nostro vero bene più di noi stessi. ‘Verrà l’ora in cui apertamente vi parlerò del Padre’. Non è forse l’ora in cui ognuno di noi si troverà davanti a Dio, per essere accolto tra le sue braccia? Non è forse quello il momento in cui ognuno desidererà sentirsi dire: ‘Vieni benedetto dal Padre mio?’ A quel punto noi passeremo dalle ombre di questo mondo alla realtà luminosa del Regno. E’ questo che ora chiediamo nell’Eucaristia di suffragio per il vescovo Tarcisio.
Nel raccomandarci di pregare nel suo nome Gesù ha precisato: ‘Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena’. Quando noi abbiamo l’impressione di non aver ottenuto ciò che chiediamo, dobbiamo domandarci se abbiamo pregato ‘nel nome del Signore’, cioè se ci siamo affidati alla sua potenza, inserendoci nel progetto della sua volontà, aprendoci al dono del suo Spirito, che prega in noi, perché noi non sappiamo nemmeno che cosa sia conveniente chiedere.
Uno degli effetti belli della preghiera, è quello di metterci comunque nelle mani del Signore, di affidarci al suo amore, e di aspettarsi tutto da Lui: è questo che ci dà gioia, quella vera, comunque vadano le cose. La serenità nella malattia che accompagnò fino alla morte il Vescovo Tarcisio non poteva non derivare da un profondo abbandono alla volontà del Padre, in una abitudine a stare nel Signore nella preghiera, e nello spendersi totalmente nel ministero episcopale fino alla fine.
La pagina degli Atti degli Apostoli ci ha riportato ad un momento vivo della missione della prima comunità cristiana, quando entra in scena un giudeo chiamato Apollo, che, pur essendo versato nelle scritture e già catechizzato, viene prese in carico dalla comunità, prima di andare in missione, e perfezionato nella sua preparazione da due laici, Priscilla e Aquila. La missione della Chiesa e il ruolo dei laici furono certamente due aspetti della ecclesiologia del Vaticano II che erano molto cari a Mons. Bertozzi, tanto che nei testi del Sinodo non è difficile trovarne ampia traccia.
Mi pare bello riascoltare ancora qualche sua parola. Nel momento di annunciare la celebrazione del Sinodo diocesano ebbe a dire: ‘Sarà come un anno di missione permanente per tutta la Diocesi alla scoperta della Chiesa-comunione e degli itinerari pastorali per edificare la Chiesa-comunità in missione nel nostro tempo’ (pag.311). La visione della Chiesa voluta dal Concilio è molto chiara. Il fondamento è la comunione dono dello Spirito, frutto della parola di Dio e dell’Eucaristia, che porta alla costruzione di una comunità che vive in un tempo e in un territorio precisi, con lo scopo di diffondere il vangelo, cioè vivere la missione. Se anche in un semplice passaggio come quello citato, si può trovare una precisione teologica di tale intensità, vuol dire che questi erano concetti abituali, continuamente pensati e vissuti, in modo da diventare spontanei nel suo magistero.
Volle il Sinodo per mettere tutta la Chiesa diocesana in atteggiamento missionario, e questo non tanto per adeguarsi alle indicazioni del Concilio, ma per rispondere alle nuove istanze che venivano dalla società. Leggiamo infatti in un altro discorso: ‘Si tratta di confrontarsi con i problemi particolarmente urgenti in modo da essere atti per rispondere alle sfide della nostra epoca: quale evangelizzazione in una cultura secolarista? Come vivere da persone, da famiglie e da comunità cristiane nell’epoca del benessere? Come e cosa fare per incidere sui comportamenti individuali e pubblici?’
E come avveniva ai tempi degli apostoli, in questa avventura egli voleva coinvolgere tutte le forze valide, dai presbiteri, ai religiosi e ai laici. Una Chiesa che più che guardarsi dentro, si guarda attorno per portare il messaggio di salvezza tenendo conto dei cambiamenti in atto, senza paure e senza arretramenti; una Chiesa che partendo dalla necessaria formazione delle coscienze sa di dover incidere anche nella società, per il bene di tutti.
Siamo ormai al culmine della celebrazione pasquale, che sfocerà nella Pentecoste con l’effusione dello Spirito Santo. Nel mistero dell’Ascensione viviamo il ritorno del Signore risorto nella gloria del Padre, e nello stesso tempo l’invio della Chiesa nel mondo ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura. Il cammino della Chiesa nel tempo passa attraverso la vita di persone precise che si spendono per questa missione, e realizzano quella affermazione di Gesù: ‘Farete le cose che io ho fatto e ne farete di più grandi, perché vado al Padre’. Nel ricordo soprattutto dei nostri pastori e dei santi che hanno segnato la storia di una Chiesa, vediamo il cammino che ha portato fino a noi la fede cristiana. A noi il compito di raccogliere il testimone per passarlo alle generazioni future. E’ vero che cambiano le condizioni, ma la missione resta sempre la stessa.
Ogni anno, mentre avvertiamo il bisogno di pregare per il dono della pace eterna per chi ci ha preceduto, sentiamo anche la necessità di ringraziare il Signore per il dono evidente che è stato fatto alla nostra Chiesa nel vescovo Tarcisio. Dono che lo si ritrova nella impostazione generale della vita della Diocesi ancora valida, e lo si ritrova anche nei ricordi personali di presbiteri, religiosi e laici che hanno avuto modo di fare tesoro di una parola, di un esempio, o di apprezzare comunque qualche aspetto della sua vita e in particolare della sua sofferenza.
Per questo la nostra Eucaristia è un’offerta a Dio gradita per il riposo eterno del vescovo Tarcisio che in questa Cattedrale è in attesa della Pasqua eterna; e insieme è un ringraziamento a Dio che lo ha donato alla nostra Chiesa.