L’annuale ricordo dell’uccisione di P. Daniele, di cui ricorre il quindicesimo anniversario, quest’anno ci porta a ricordare anche il 50.mo anniversario della sua nascita, avvenuta il 3 marzo 1962. Queste ricorrenze non aggiungono nulla alle motivazioni che ci hanno portato qui questa sera, se non il fatto che la vita di P. Daniele, ormai circoscritta nel tempo, ‘è nascosta con Cristo in Dio’ (Col 3,3). La domenica ‘laetare’ quest’anno per noi ha una motivazione in più nel sostenere la nostra gioia: il Servo di Dio Daniele Badiali, presbitero della nostra Chiesa, fratello e amico, dono fatto a questo nostro tempo per i giovani, per i presbiteri, per i missionari del Vangelo.
‘Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna’. Come si vede è una storia lunga quella dell’uomo che cerca la vita, e trova sempre qualcuno che gliela promette nel modo sbagliato. Ma abbiamo anche qualcuno che si prende cura di noi, e con un semplice atto di fede in lui ci offre la vita vera: ‘Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui’. Era questo il cruccio più grande di P. Daniele: vedere che Gesù non interessava a nessuno e che Dio veniva allontanato dalla vita dei ragazzi e dei giovani soprattutto, per fare posto a tanti surrogati inutili e dannosi.
La gioia e il valore di vivere può venire solo dall’amore, dal donare qualcosa di nostro e noi stessi per gli altri, e in definitiva per il Signore: avevo fame e mi avete dato da mangiare’
La raccolta di viveri che in questi giorni i nostri giovani hanno fatto in Città è stato un gesto concreto per dire a se stessi che qualcosa è possibile fare, per dare senso alla vita propria e a quella degli altri, e per imparare a non chiudere il proprio cuore di fronte al fratello. In definitiva siamo noi che dobbiamo cambiare, sapendo che non si tratta di abolire la croce ma di abbracciarla, come ha fatto Gesù e di coglierne il valore. Se la povertà di cibo e di medicine si può affrontare raccogliendo l’uno e le altre, la povertà di fede e di amore ha bisogno della vicinanza di chi crede e ama. Dio ci ha dato suo Figlio, cioè ha donato se stesso; anche noi dobbiamo imparare a donare noi stessi (poco o tutto) agli altri. P. Daniele pensava di donare la propria vita in un certo modo e Dio gliela ha chiesta in un altro modo tutta e presto.
Nella sua vicenda umana e cristiana P. Daniele ha avuto la percezione viva di una presenza affettuosa che lo accompagna e lo conforta. È
Nel VI centenario della devozione alla Madonna delle Grazie è bello vedere come Maria sia stata presente nella vita di questo suo figlio e lo abbia aiutato ad essere accanto al figlio Gesù.
Scrive P. Daniele: ‘La devozione a Maria è nei cuori di ogni persona, e così anche per noi che veniamo da lontano, che lasciamo le nostre famiglie, la nostra mamma, è una grande grazia arrivare qua e incontrare una mamma che ti abbraccia e ti accoglie nella sua casa.
Così stando qua ho sentito tanto il desiderio di voler bene a Maria, di confidarle la mia vita, di esserle devoto, di pregare per lei ogni giorno e chiederle la salvezza della mia anima e di tutte le persone care.
Ma insieme a questo desiderio si è fatta sempre più chiara ed evidente la mia poca fede, soprattutto guardando alla gente, ai bambini. La loro devozione mi colpì sin dal primo giorno che arrivai qua, guardavo le mamme che in ginocchio piangevano davanti a Mama Ashu” (pag.81).
Quando poi si dice di imparare dai poveri’ Gesù direbbe: ‘Ti rendo lode o Padre’ perché hai rivelate queste cose ai piccoli’ (cfr Mt 11,25). Quando si va per dare, si finisce per ricevere, per imparare, per essere aiutati. E in quel momento si capisce che non siamo noi a salvare il mondo, ma che anche noi abbiamo bisogno di essere salvati.
C’è un episodio raccontato da P. Daniele, che dice l’intensità del suo amore e della sua fiducia in Maria. Dopo essere stato ordinato prete in questa Cattedrale, va in Perù e per qualche tempo si ferma nella parrocchia di p. Ugo a Chacas, prima di andare nella parrocchia di S. Luis alla quale era stato destinato.
Scrive P. Daniele: ‘Ugo mi accompagnò con tutti i ragazzi e la gente fino alla chiesa di Chacas dove mi attendeva Mama Ashu dall’alto della sua casina’ Entrai in chiesa, mi inginocchiai davanti alla Madonna’ Ricordo bene la commozione, non riuscivo a trattenere le lacrime’ Così iniziai subito
E quella nuova avventura andò avanti poco e finì come sappiamo, chissà con quante grazie ottenute per intercessione della Madre di tutte le grazie.
La nostra Chiesa tra le grazie ricevute in questi sei secoli di storia, per le quali deve essere riconoscente deve ricordare certamente i suoi santi, nati in questa terra, cresciuti nella fede delle nostre famiglie, aiutati dai nostri preti, impastati della semplicità della nostra gente. La devozione a Maria, legata a volte a un santuario o all’immagine venerata in parrocchia e alimentata dal Rosario è quasi sempre l’esperienza più diffusa del soprannaturale, potendo rivolgersi alla Madonna come ad una persona viva, presente, che ci ascolta e ci aiuta.
Dice il Concilio: ‘Maria’ per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, in sé compendia e irraggia le principali verità di fede” (L.G., 65). Questa affermazione si può vedere in tutta la sua bellezza, ricordando i quattro dogmi della fede che riguardano Maria: l’Immacolata concezione;
L’anno scorso come oggi ero anch’io a celebrare
Noi ricordiamo in questa Cattedrale con la mamma, i suoi cari, i ragazzi dell’O.M.G. e la nostra Chiesa diocesana, sotto lo sguardo materno della Madonna delle Grazie, alla quale chiediamo ancora un altro regalo. Se Dio vorrà chiediamo che P. Daniele possa essere riconosciuto quanto prima dalla Chiesa nell’eroicità delle sue virtù, per essere presentato soprattutto ai giovani del nostro tempo come esempio di vita cristiana e sacerdotale. A gloria di Dio. Amen.