[mar 10] Omelia – Messa conclusiva Visita pastorale a Solarolo

10-03-2024

Cari fratelli e sorelle,

in questo tempo quaresimale che ci sta conducendo al Triduo pasquale di morte e resurrezione del Signore, il nostro cammino trova il suo senso e la sua forza nella celebrazione eucaristica della domenica. Sbaglieremmo se considerassimo la domenica come un’occasione per riflettere solo sull’insegnamento di Gesù. La domenica è molto di più, è la celebrazione del suo amore appassionato per noi che continua nella sua Pasqua. È il suo essere «spezzato» e donato per la salvezza del mondo.

Nella prima lettura vediamo come la storia del popolo di Israele diventa il luogo dove si manifesta l’amore premuroso di Dio, tramite Ciro, re di Persia (2 Cr 36, 14-16.19-23). Dobbiamo gioire perché Dio non se ne sta in disparte. Dio entra nella storia dell’umanità. Parimenti con il Nuovo Testamento Dio entra nella nostra vita, per darci in Gesù il suo Spirito d’amore e di verità. Dio si schiera dalla nostra parte e interviene per animare la nostra vita con il suo Amore e salvarci. Dio non ci lascia da soli. Viene per darci la sua vita, una vita di amore totale e fedele a Dio e all’umanità.

Quando siamo stati colpiti dall’alluvione, non pochi hanno attribuito a Dio questo disastro. L’alluvione sarebbe sopraggiunta perché Dio voleva castigarci. La Parola odierna ci invita, invece, a riscoprire anche nelle pieghe più dolorose della nostra storia, del nostro territorio, della nostra vita, non la punizione di Dio, ma la sua presenza misericordiosa, per salvare i peccatori e per aiutarci nelle più gravi disgrazie. Dio manda il suo Figlio non per condannare il mondo, ma per salvarlo, per farlo vivere con la stessa vita d’amore del suo Figlio! Dio mandandoci il Figlio ci ricrea in Lui per le opere buone, come ci ha detto san Paolo nella lettera agli Efesini (cf Ef 2, 4-10). Dio, ricco di misericordia ci fa rivivere con Cristo, ci risuscita e ci fa dimorare nei cieli, in Cristo Gesù risorto, che siede accanto al Padre e nello stesso tempo continua a vivere nella storia sollecitandola a svilupparsi in Dio.

Mons. Babini, che ha pensato questa chiesa come un convergere del popolo cristiano verso la grande croce che domina il presbiterio – una croce senza il Cristo crocifisso perché risorto, ma non assente dalla nostra storia – intendeva proprio indicare Gesù Cristo risorto, seduto sì glorioso accanto al Padre ma ancora operante nella storia umana. Il Beato Angelico in un suo famoso affresco nel convento di san Marco a Firenze raffigura il Cristo risorto con la zappa in spalla. E questo per dire che il Risorto non si è assentato dalla storia ma continua a lavorare in essa. Egli attende che i battezzati, co-risorti in Lui, collaborino nel portare a compimento la nuova creazione.

Cristo, innalzato sulla croce, come il serpente di bronzo che salvava gli ebrei nel deserto dal morso velenoso dei serpenti, redime i credenti che volgono lo sguardo a Lui crocifisso e risorto. Cristo ci salva perché credendo in Lui, morto e risorto, accogliamo la sua vita di amore, vita eterna (cf Gv 3, 14-21).

«Chi crede in lui non è condannato, ma ha la vita eterna». Chi crede e celebra Cristo morto e risorto, come facciamo noi nella santa Messa, è ricreato in Gesù Cristo per le opere buone, quelle che siamo chiamati a compiere unendoci a Cristo risorto che continua a lavorare nel mondo per portare a compimento la sua nuova creazione, iniziata con l’incarnazione.

A conclusione della Visita pastorale, vi riconfermo in questa fede: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». Vi confermo, per conseguenza, nell’impegno di essere collaboratori con Cristo risorto, presente nella storia, e che continua a far nuove tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Detto con altre parole, vi sollecito ad essere protagonisti di una nuova evangelizzazione, di un nuovo annuncio, capace di generare con l’amore rigenerante e creativo del Signore Gesù una cultura nuova. La realizzazione del nuovo Centro pastorale, che sarà inaugurato a breve, sia richiamo costante del vostro impegno evangelizzatore, di una vita di carità a trecentosessanta gradi, ossia di una carità più che assistenziale, quale principio architettonico della fraternità, di una cultura cristiana, di una educazione nuova.

Richiamo qui, infine, un mandato forte. Dall’accoglienza sincera ed entusiasta di un tale mandato dipende il futuro delle nostre comunità. Il mandato è contenuto in queste parole di Gesù: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!». Non è, dunque, un mandato del Vescovo, ma un comando di Cristo! Pregate! Con la preghiera costante, però, ci dev’essere da parte dei presbiteri, dei diaconi e delle persone consacrate – meritorie in questo saranno anche le Suore della Carità di santa Giovanna Antida, sempre così solerti e dedite al bene comune – l’impegno per una seria, costante, convinta pastorale vocazionale. Non stanchiamoci di pregare, di accompagnare i giovani a rispondere con gioia e coraggio alla chiamata del Signore Gesù. La scuola materna parrocchiale non sia considerata un peso, bensì un tesoro prezioso da conservare e su cui investire come comunità intera, per approfondire l’evangelizzazione e dare ali alla pastorale famigliare.

Non dimentichiamoci dell’amore di Gesù crocifisso e risorto!

Un’antica tradizione della Chiesa di Roma racconta che l’Apostolo Pietro, uscendo dalla città per scappare dalla persecuzione di Nerone, vide Gesù che camminava nella direzione opposta e stupito gli domandò: «Signore, dove vai?». La risposta di Gesù fu: «Vado a Roma per essere crocifisso di nuovo». In quel momento, Pietro capì che doveva seguire il Signore con coraggio, fino in fondo, ma capì soprattutto che non era mai solo nel suo cammino. Con lui c’era sempre quel Gesù che lo aveva amato fino a morire. Ecco, Gesù con la sua Croce e la sua risurrezione percorre le nostre strade e prende su di sé le nostre paure, i nostri problemi, le nostre sofferenze, anche quelle più tragiche. Con la Croce Gesù si unisce al silenzio delle vittime della violenza; con la Croce, Gesù si unisce alle famiglie che sono in difficoltà, e che piangono la tragica perdita dei loro figli. Con la Croce Gesù si unisce a tutte le persone che soffrono la fame in un mondo che, dall’altro lato, si permette il lusso di gettare via ogni giorno tonnellate di cibo; con la Croce, Gesù è unito a tante madri e a tanti padri che soffrono vedendo i propri figli vittime di paradisi artificiali come la droga; con la Croce, Gesù si unisce a chi è perseguitato per la religione, per le idee, o semplicemente per il colore della pelle; nella Croce, Gesù è unito a tanti giovani che hanno perso la fiducia nelle istituzioni politiche perché vedono l’egoismo e la corruzione o che hanno perso la fede nella Chiesa, e persino in Dio. Nella Croce di Cristo c’è la sofferenza, il peccato dell’uomo, anche il nostro. Lui accoglie tutti con le braccia aperte. Carica sulle sue spalle le nostre croci e ci dice: «Coraggio! Non sei solo a portarle! Io le porto con te. Ho vinto la morte e sono venuto a darti speranza, a darti vita (cf Gv 3,16)». Con la sua croce e la sua risurrezione Cristo dà nuovo senso ai nostri dolori, alle nostre lotte. Apre i nostri cuori ad una vita nuova, trasfigurata dal suo amore.

Buon cammino verso la Pasqua di Cristo Signore, luce e speranza di un mondo nuovo.

                                         + Mario Toso