Omelia per l’Epifania

Faenza, cattedrale 6 gennaio 2019
06-01-2019

La parola Epifania ci indica la manifestazione del Signore (cf Ef 3,6) come Colui nel quale l’umanità viene resa partecipe della salvezza. Cristo si rivela come Redentore a tutte le genti, rappresentate dai Magi. Il loro arrivo dall’Oriente è il segno della manifestazione del Re universale ai popoli.

Gesù, come abbiamo rivissuto in questi giorni, si manifesta, però, ai piccoli della terra, ai pastori, ai Magi che cercano la verità. Non si rivela ai grandi che abitano nei palazzi, che sono pieni di se stessi e sono solo preoccupati di conservare il loro potere. Dio, che è Luce, è accolto da chi gli spalanca il cuore e la mente. Come ci ricorda il profeta Isaia (cf 60,2), mentre la luce viene la tenebra ricopre la terra, una fitta nebbia avvolge i popoli. Se ben rammentiamo, lo stesso san Giovanni evangelista, nel giorno di Natale, ci ha ammoniti: veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo… eppure il mondo che è stato fatto per mezzo di Lui non l’ha riconosciuto. Ma anche i suoi connazionali non lo riconobbero: venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto (cf Gv 1, 1-18). Quanto detto da Giovanni vale ancora oggi per noi popolo cristiano. Tutte le volte che non incarniamo nella nostra esistenza la vita nuova che Egli ci porta ci chiudiamo alla Luce.

Dobbiamo imparare dai Magi. Occorre che prima ci mettiamo in cammino verso la Luce, per rivestirci di Cristo, che è la Luce. Solo i Magi vedono la stella in cielo: non gli scribi, non Erode, nessuno altro a Gerusalemme. Per trovare Gesù bisogna ascoltare quell’innato impulso a cercarlo che è stato scritto dentro di noi. Bisogna riconoscere che abbiamo bisogno della verità, della luce di Dio. Non basta sapere che Gesù è nato, come Erode, se non lo incontriamo. I Magi mostrano una disponibilità e un’apertura radicali a Lui. Vanno dal Signore non solo per portare i loro doni (oro, incenso e mirra) ma per donare se stessi totalmente. Questo dobbiamo ricordare a noi e insegnarLo alle nuove generazioni. Domandiamoci: l’Epifania è l’occasione per fare e ricevere altri doni, dopo quelli di Natale, e basta, ossia senza regalare Gesù, senza dare noi stessi a Lui? Quanti doni circolano nelle nostre famiglie, nelle nostre associazioni: prima a santa Lucia, poi a Natale e ora all’Epifania, ma poca partecipazione all’Eucaristia, poco incontro con il Signore, poca preghiera. Quanti giovani vivono il Natale come semplice occasione per una settimana bianca, per feste continue tra amici, tutte cose belle e legittime, ma senza il Festeggiato che è Gesù Cristo, senza Lui che è il Dono da ricevere e a cui donarsi. La manifestazione di Gesù a tutti i popoli non è, poi, riscoprire la nostra dimensione missionaria come singoli e come Chiesa? Qualche sera fa un adolescente, terminata la celebrazione Eucaristica, in sacrestia, a bruciapelo mi ha posto questa domanda: ma tu perché ti sei fatto prete? Gli ho risposto, io che sono salesiano: perché desideravo portare Gesù Cristo ai giovani, come te. Senza tante parole, il giovane mi ha lasciato con: Ah! Va bene. L’incontro fugace mi ha consentito di ricordare il mio impegno missionario giovanile, che ora è diventato l’impegno missionario anche di un vescovo, che non perde mai di vista i giovani.

Non dimentichiamolo: siamo chiamati a far risplendere nel mondo la luce di Cristo, riflettendoLo in noi stessi come la luna riflette la luce del sole. Vivendo il mistero dell’Epifania non possiamo non notare tutta l’insufficienza del nostro essere testimoni luminosi, coraggiosi. Quanti timori di essere e di dirsi di Cristo, anche nelle nostre associazioni, organizzazioni cattoliche o di ispirazione cristiana. Quanta incapacità ed indolenza nell’incarnare la vita di Gesù nelle nostre famiglie, nella scuola, nelle leggi e nelle istituzioni, nella cultura? Noi dovremmo vivere inquieti finché nel mondo la dignità umana è calpestata, le persone subiscono la tratta oppure restano in mezzo al mare, in balia delle onde e delle tempeste, perché gli Stati Europei non hanno ancora messo a punto una strategia comune per l’accoglienza di migranti e di profughi che fuggono dalle guerre e da povertà estreme, sicché sfidano pericoli, segregazioni, umiliazioni, disposti a perdere la loro vita. Dovremmo, invece, gioire tutte le volte in cui notiamo che l’umanità nuova che ci ha portato Cristo viene accolta, vissuta e incarnata nelle leggi e nelle istituzioni, negli stili di vita.

Preghiamo in questa Eucaristia per tutti i missionari, per le nostre associazioni missionarie, per l’AMI. Maria ci aiuti a portare Gesù, convinti che solo Lui ci può salvare dal nostro egoismo e dalla nostra povertà spirituale. Solo Lui ci può rendere come Lui, luce del mondo.

+ Mario Toso