Faenza - Cooperativa Intesa,
04-06-2015
Oggi celebriamo la santissima Trinità, la nostra famiglia. Da essa proveniamo, ad essa siamo diretti. La famiglia di Dio – Padre, Figlio e Spirito santo – è punto di partenza e approdo ultimo della storia umana. Il nostro cammino su questa terra non è essere pellegrini verso un Assoluto indefinito, astratto, estraneo alla realtà e alla nostra vita. L’Assoluto, di cui noi, fra l’altro, abbiamo un bisogno estremo, per avere un punto di riferimento certo, in mezzo ad una realtà sempre cangiante, fluida, non è un’entità vaga, che ci sovrasta, togliendoci la libertà. L’Assoluto, che è al termine di ogni ricerca, desiderosa di trovare fondamenta solide per la vita morale e sociale, è un «noi» di Persone divine, unite dall’amore reciproco, ove il dare e il ricevere contrassegna le relazioni, tramite una circolarità incessante di gratuità. Grazie a Gesù incarnato, che ha assunto le nostre esistenze, noi viviamo nella vita di comunione di Dio. Siamo e ci muoviamo in essa.
Creati ad immagine di un Dio trino ed unico, siamo strutturati secondo la comunione per eccellenza, siamo per la comunione. Siamo esseri strutturati a tu, che crescono mediante il dono, il mutuo potenziamento d’essere. La nostra vocazione è quella di vivere relazioni ricche di gratuità, di condivisione, di solidarietà fraterna. Per cui, se ci troviamo in un contesto socio-economico che non intesse relazioni d’incontro, di scambio, di mutuo aiuto e di solidarietà, non possiamo che vivere a disagio, ci sentiamo spaesati, fuori contesto. Abbiamo bisogno di costruire mondi ove ci sentiamo a casa e veniamo rispettati per quello che siamo, ossia come figli di Dio e fratelli che si accolgono e si aiutano.
L’essere icone della vita trinitaria ci abilita a costruire un mondo caratterizzato da relazioni in cui l’«altro» non è considerato uno «scarto», un essere inutile o un semplice mezzo, bensì un io-con, un io-per l’altro, sulla base di un amore oblativo. Possiamo dire che la Trinità è cifra interpretativa del nostro essere e del nostro destino. È paradigma del nostro vivere civile, economico e politico, che va conseguentemente finalizzato al bene e alla felicità altrui. Dio è con noi, sino alla fine dei giorni, così: come una comunione che fermenta dal di dentro l’umanità e la sospinge verso l’unità di una famiglia che accoglie tutti.
«La Trinità è il nostro programma sociale», scriveva san Sergio, monaco russo del secolo quattordicesimo. Detto altrimenti, la Trinità è fonte ispiratrice della costruzione di una comunità economica, civile e politica a misura d’uomo, essere relazionale e comunionale, avente un’altissima dignità, alla quale spetta l’Amore infinito di Dio. La vita trinitaria, partecipata in Cristo, diventa forza creatrice di nuove relazioni, di strutture ed ambienti di vita che la ricalcano sul piano umano, nella storia.
La cooperazione è, in un certo senso, coltivare nella quotidianità sociale, una vita improntata ad una relazionalità di comunione e di collaborazione. È innalzare imprese ispirate al principio della solidarietà, capaci di «creare socialità» che abbraccia e che aiuta, come è avvenuto in maniera esemplare anche in questa terra della diocesi di Faenza.
Ma domandiamoci: quale, in particolare, la relazione fra movimenti di cooperazione e la solennità odierna della Trinità? Più precisamente: che cosa può arrecare alla cooperazione la celebrazione del legame d’amore che è la famiglia di Dio? Il comando dell’«Andate e battezzate nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito», oltre a voler dire «Andate ad annunciare e a donare Cristo a tutti» può anche voler dire per i soci cooperatori «Andate e immergete il mondo economico nel mare dell’amore di Dio, amore di comunione e di unità»?
Cari fratelli e sorelle, che vivete ed animate il mondo della cooperazione in molteplici settori, la fede nella Trinità vi può rendere rivoluzionari rispetto a culture dominate da capitalismi finanziari senza limiti e da prospettive tecnocratiche e materialistiche che vorrebbero mercificare tutto.
Dimorando nella vita di comunione della Trinità – tramite partecipazione all’Eucaristia, tramite il sacramento della Riconciliazione – si può mantenere viva la forza profetica della cooperazione, ossia quella tensione che la sospinge a guardare in avanti, a perfezionare e ad aggiornare le buone e solide realtà che sono già state costruite; si possono generare nuove prospettive, nuove responsabilità, nuove forme di iniziative di imprese cooperative specie nelle frontiere del cambiamento, nelle nuove periferie esistenziali. Dall’innesto nella vita di comunione di Dio, che ci riempie di amore per gli altri, per il loro bene, per il bene comune, possono derivare: nuove imprese cooperative che creano possibilità di lavoro specie per i giovani disoccupati; un nuovo protagonismo nella realizzazione di nuove soluzioni di welfare; reti efficaci di assistenza e di solidarietà che mettono al centro la gente, i più bisognosi, e non il dio denaro; nuove generazioni di soci della cooperazione che crescono soprattutto come persone, socialmente e professionalmente, nella responsabilità, nel concretizzare la speranza, nel fare insieme, nel mettere insieme con determinazione i mezzi buoni per realizzare opere buone; un vero e proprio impegno di lotta nella difesa e nella promozione di forme di cooperazione vera, giusta, democratica, partecipativa, trasparente (cf Discorso di papa Francesco ai rappresentanti della Confederazione Cooperative Italiane, Aula Paolo VI, sabato 28 febbraio 2015).
Dalla comunione con Dio possono derivare non solo nuove figure di cooperazione ma anche di dirigenti, meno attaccati al posto, più disposti al servizio disinteressato, al cambiamento, ad un ricambio salutare delle dirigenze. In questa fase storica si sente proprio la necessità di poter contare su cooperatori e dirigenti competenti sì dal punto di vista tecnico ma soprattutto dal punto di vista umano e morale.
L’economia cooperativa, infatti, per essere autentica e capace di svolgere una funzione sociale forte, ha bisogno di quell’onestà e di quell’amore per il bene di tutti che solo Dio Padre può alimentare ed irrobustire.
La Chiesa italiana sta chiedendo in questo momento storico, in cui l’identità di diverse associazioni ed organizzazioni appare sbiadita e, quindi, ininfluente, di riscoprire le radici della propria fecondità sociale. Per questo sollecita, in particolare, a guardare a Cristo come alla sorgente di un nuovo umanesimo concreto. Il mondo della cooperazione potrà confermarsi come portatore di un umanesimo integrale, solidale, cooperativo, aperto alla Trascendenza se si terrà alla scuola della Trinità, ma soprattutto se saprà viverne la comunione e la gratuità, con una spiritualità ad alta tensione.
La partecipazione al sacrificio di Gesù ci aiuti ad investire convintamente nell’ispirazione cristiana e a far sì che la cooperazione cresca in creatività, in un’imprenditorialità capace di innovarsi e di servire, per contribuire ad offrire pane e lavoro per chi non ce li ha, collaborando con tutte le persone di buona volontà.
Creati ad immagine di un Dio trino ed unico, siamo strutturati secondo la comunione per eccellenza, siamo per la comunione. Siamo esseri strutturati a tu, che crescono mediante il dono, il mutuo potenziamento d’essere. La nostra vocazione è quella di vivere relazioni ricche di gratuità, di condivisione, di solidarietà fraterna. Per cui, se ci troviamo in un contesto socio-economico che non intesse relazioni d’incontro, di scambio, di mutuo aiuto e di solidarietà, non possiamo che vivere a disagio, ci sentiamo spaesati, fuori contesto. Abbiamo bisogno di costruire mondi ove ci sentiamo a casa e veniamo rispettati per quello che siamo, ossia come figli di Dio e fratelli che si accolgono e si aiutano.
L’essere icone della vita trinitaria ci abilita a costruire un mondo caratterizzato da relazioni in cui l’«altro» non è considerato uno «scarto», un essere inutile o un semplice mezzo, bensì un io-con, un io-per l’altro, sulla base di un amore oblativo. Possiamo dire che la Trinità è cifra interpretativa del nostro essere e del nostro destino. È paradigma del nostro vivere civile, economico e politico, che va conseguentemente finalizzato al bene e alla felicità altrui. Dio è con noi, sino alla fine dei giorni, così: come una comunione che fermenta dal di dentro l’umanità e la sospinge verso l’unità di una famiglia che accoglie tutti.
«La Trinità è il nostro programma sociale», scriveva san Sergio, monaco russo del secolo quattordicesimo. Detto altrimenti, la Trinità è fonte ispiratrice della costruzione di una comunità economica, civile e politica a misura d’uomo, essere relazionale e comunionale, avente un’altissima dignità, alla quale spetta l’Amore infinito di Dio. La vita trinitaria, partecipata in Cristo, diventa forza creatrice di nuove relazioni, di strutture ed ambienti di vita che la ricalcano sul piano umano, nella storia.
La cooperazione è, in un certo senso, coltivare nella quotidianità sociale, una vita improntata ad una relazionalità di comunione e di collaborazione. È innalzare imprese ispirate al principio della solidarietà, capaci di «creare socialità» che abbraccia e che aiuta, come è avvenuto in maniera esemplare anche in questa terra della diocesi di Faenza.
Ma domandiamoci: quale, in particolare, la relazione fra movimenti di cooperazione e la solennità odierna della Trinità? Più precisamente: che cosa può arrecare alla cooperazione la celebrazione del legame d’amore che è la famiglia di Dio? Il comando dell’«Andate e battezzate nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito», oltre a voler dire «Andate ad annunciare e a donare Cristo a tutti» può anche voler dire per i soci cooperatori «Andate e immergete il mondo economico nel mare dell’amore di Dio, amore di comunione e di unità»?
Cari fratelli e sorelle, che vivete ed animate il mondo della cooperazione in molteplici settori, la fede nella Trinità vi può rendere rivoluzionari rispetto a culture dominate da capitalismi finanziari senza limiti e da prospettive tecnocratiche e materialistiche che vorrebbero mercificare tutto.
Dimorando nella vita di comunione della Trinità – tramite partecipazione all’Eucaristia, tramite il sacramento della Riconciliazione – si può mantenere viva la forza profetica della cooperazione, ossia quella tensione che la sospinge a guardare in avanti, a perfezionare e ad aggiornare le buone e solide realtà che sono già state costruite; si possono generare nuove prospettive, nuove responsabilità, nuove forme di iniziative di imprese cooperative specie nelle frontiere del cambiamento, nelle nuove periferie esistenziali. Dall’innesto nella vita di comunione di Dio, che ci riempie di amore per gli altri, per il loro bene, per il bene comune, possono derivare: nuove imprese cooperative che creano possibilità di lavoro specie per i giovani disoccupati; un nuovo protagonismo nella realizzazione di nuove soluzioni di welfare; reti efficaci di assistenza e di solidarietà che mettono al centro la gente, i più bisognosi, e non il dio denaro; nuove generazioni di soci della cooperazione che crescono soprattutto come persone, socialmente e professionalmente, nella responsabilità, nel concretizzare la speranza, nel fare insieme, nel mettere insieme con determinazione i mezzi buoni per realizzare opere buone; un vero e proprio impegno di lotta nella difesa e nella promozione di forme di cooperazione vera, giusta, democratica, partecipativa, trasparente (cf Discorso di papa Francesco ai rappresentanti della Confederazione Cooperative Italiane, Aula Paolo VI, sabato 28 febbraio 2015).
Dalla comunione con Dio possono derivare non solo nuove figure di cooperazione ma anche di dirigenti, meno attaccati al posto, più disposti al servizio disinteressato, al cambiamento, ad un ricambio salutare delle dirigenze. In questa fase storica si sente proprio la necessità di poter contare su cooperatori e dirigenti competenti sì dal punto di vista tecnico ma soprattutto dal punto di vista umano e morale.
L’economia cooperativa, infatti, per essere autentica e capace di svolgere una funzione sociale forte, ha bisogno di quell’onestà e di quell’amore per il bene di tutti che solo Dio Padre può alimentare ed irrobustire.
La Chiesa italiana sta chiedendo in questo momento storico, in cui l’identità di diverse associazioni ed organizzazioni appare sbiadita e, quindi, ininfluente, di riscoprire le radici della propria fecondità sociale. Per questo sollecita, in particolare, a guardare a Cristo come alla sorgente di un nuovo umanesimo concreto. Il mondo della cooperazione potrà confermarsi come portatore di un umanesimo integrale, solidale, cooperativo, aperto alla Trascendenza se si terrà alla scuola della Trinità, ma soprattutto se saprà viverne la comunione e la gratuità, con una spiritualità ad alta tensione.
La partecipazione al sacrificio di Gesù ci aiuti ad investire convintamente nell’ispirazione cristiana e a far sì che la cooperazione cresca in creatività, in un’imprenditorialità capace di innovarsi e di servire, per contribuire ad offrire pane e lavoro per chi non ce li ha, collaborando con tutte le persone di buona volontà.