01-03-2017
«Ritornate a me con tutto il cuore…». «Laceratevi il cuore e non le vesti» (cf Gl 2,12-18). L’invito del Signore, mediante il profeta Gioele, è rivolto ai singoli ma, in particolare, a tutto il popolo che abitava la terra di Giuda. Lo stesso invito del profeta vale anche per noi, popolo cristiano, che inizia il cammino quaresimale. Non esitiamo a convertirci. Incontrando il Signore sperimentiamo la gioia del suo perdono.
Per l’itinerario quaresimale la Chiesa, come peraltro suggerisce il vangelo di Matteo (cf Mt 6, 1-6.16-18) ci indica gli strumenti ascetici e pratici per percorrerlo con frutto: preghiera, penitenza (il digiuno), elemosina, ovvero le opere di carità. Sono tre pratiche per compiere un rinnovamento interiore e comunitario. I gesti esteriori possono cambiarci interiormente se sono compiuti per piacere a Dio, determinandoci a servirLo, con semplicità e generosità.
Il rito delle ceneri che compiremo a breve vuole proprio indurre alla conversione del cuore a Dio. L’imposizione delle ceneri, infatti, – con la doppia formula – «Convertitevi e credete al Vangelo», oppure: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» – riveste un duplice significato: il primo relativo al cambiamento interiore, alla conversione e alla penitenza, mentre il secondo richiama la precarietà dell’umana condizione.
La Quaresima è per la Pasqua, per la trasfigurazione in Cristo della nostra esistenza. Non per una mortificazione e un’ascesi fine a se stesse. Siamo chiamati ad essere più intensamente di Cristo, suoi, combattendo, con «armi» spirituali, il male, le passioni cattive, i vizi. L’uomo e il credente hanno sempre bisogno di essere purificati interiormente, di essere disintossicati dall’inquinamento del peccato e del male; di essere affrancati dalla schiavitù dell’egoismo; di essere resi più attenti e disponibili all’ascolto di Dio e al servizio dei fratelli. Tutto questo dobbiamo concretamente realizzarlo sia come membra della Chiesa sia come cittadini della polis. In vista di ciò, Papa Francesco suggerisce una conversione spirituale, pastorale e pedagogica, mediante la sua Lettera apostolica Evangelium gaudium, che siamo impegnati a recepire come Diocesi intera.
Siamo sollecitati a vivere più intimamente uniti all’Inviato dal Padre, a Colui che si incarna nell’umanità per trasfigurarla secondo il disegno di Dio. La conversione ci è anche richiesta dall’Amoris laetitia con riferimento alla pastorale famigliare. Nella conversione stiamo cercando di mobilitare anche i giovani attraverso la preparazione del Sinodo dei giovani, con i giovani, per i giovani.
La conversione non deve essere considerata come un cambiamento astratto o solo come un mutamento di pensieri, che non ci coinvolge come costruttori di una Chiesa più missionaria e di una nuova società, più fraterna, giusta e pacifica.
All’inizio di una nuova Quaresima consentitemi si segnalare un’altra via privilegiata di conversione che abbiamo a disposizione, ma non sempre, per varie ragioni, la valorizziamo, ossia il sacramento della Riconciliazione. Mediante questo sacramento non solo riceviamo il perdono del Signore, a condizione che ci sia il pentimento e il desiderio di vivere più autenticamente come Gesù. Attraverso la riconciliazione con Gesù Cristo e i fratelli, ci è anche consentito di «imparare» di più Gesù Cristo, di viverlo più pienamente, di averne un’esperienza più profonda, quella dei suoi sentimenti, del suo essere tutto del Padre. La riconciliazione o la confessione, come eravamo abituati a dire fino a qualche tempo fa, è quel sacramento con il quale perveniamo ad essere sempre di più uomini in/di Cristo, al massimo grado della perfezione, ossia come persone in piena comunione con Dio, totalmente dediti al dono di noi stessi, alla lotta contro il male col bene, perdonando come Lui. Mediante la Riconciliazione diventiamo più compiutamente noi stessi, perché ordinati all’altro e, soprattutto, al veramente Altro, cioè a Dio-Amore in tre Persone.
Detto altrimenti, mediante il sacramento della riconciliazione, che ci assimila sempre di più a Cristo, Uomo-Dio, diveniamo gradualmente figli nel Figlio, un solo uomo (cf Gal 3,28), un solo «noi-di-persone-in-comunione» in Cristo.
Per quanto detto sin qui, la confessione deve apparirci come una via di crescita nella fede in Gesù, ma anche come una strada di auto-educazione, di maggior compenetrazione di noi con il Missionario per eccellenza. Nel prossimo periodo quaresimale impegniamoci a convertirci, non solo guardando al volto del povero. Come ricorda papa Francesco nel suo Messaggio per la Quaresima, il volto del povero e dell’immigrato dev’essere sollecitazione a cambiare vita. Ogni Lazzaro in cui ci imbattiamo è occasione concreta, suggerisce il pontefice, per convertirsi, per essere maggiormente se stessi mediante il dono. Ma guardiamo anche direttamente al Cristo, al suo volto. Dialoghiamo con Lui. Conosciamolo di più, divenendo più suoi. È Lui, infatti, che ci salva e redime. È Lui che, ultimamente, ci consente di amarlo nel prossimo. Mediante l’Eucaristia nutriamoci di Cristo per essere come Lui dono pieno al Padre e al prossimo.
Per l’itinerario quaresimale la Chiesa, come peraltro suggerisce il vangelo di Matteo (cf Mt 6, 1-6.16-18) ci indica gli strumenti ascetici e pratici per percorrerlo con frutto: preghiera, penitenza (il digiuno), elemosina, ovvero le opere di carità. Sono tre pratiche per compiere un rinnovamento interiore e comunitario. I gesti esteriori possono cambiarci interiormente se sono compiuti per piacere a Dio, determinandoci a servirLo, con semplicità e generosità.
Il rito delle ceneri che compiremo a breve vuole proprio indurre alla conversione del cuore a Dio. L’imposizione delle ceneri, infatti, – con la doppia formula – «Convertitevi e credete al Vangelo», oppure: «Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai» – riveste un duplice significato: il primo relativo al cambiamento interiore, alla conversione e alla penitenza, mentre il secondo richiama la precarietà dell’umana condizione.
La Quaresima è per la Pasqua, per la trasfigurazione in Cristo della nostra esistenza. Non per una mortificazione e un’ascesi fine a se stesse. Siamo chiamati ad essere più intensamente di Cristo, suoi, combattendo, con «armi» spirituali, il male, le passioni cattive, i vizi. L’uomo e il credente hanno sempre bisogno di essere purificati interiormente, di essere disintossicati dall’inquinamento del peccato e del male; di essere affrancati dalla schiavitù dell’egoismo; di essere resi più attenti e disponibili all’ascolto di Dio e al servizio dei fratelli. Tutto questo dobbiamo concretamente realizzarlo sia come membra della Chiesa sia come cittadini della polis. In vista di ciò, Papa Francesco suggerisce una conversione spirituale, pastorale e pedagogica, mediante la sua Lettera apostolica Evangelium gaudium, che siamo impegnati a recepire come Diocesi intera.
Siamo sollecitati a vivere più intimamente uniti all’Inviato dal Padre, a Colui che si incarna nell’umanità per trasfigurarla secondo il disegno di Dio. La conversione ci è anche richiesta dall’Amoris laetitia con riferimento alla pastorale famigliare. Nella conversione stiamo cercando di mobilitare anche i giovani attraverso la preparazione del Sinodo dei giovani, con i giovani, per i giovani.
La conversione non deve essere considerata come un cambiamento astratto o solo come un mutamento di pensieri, che non ci coinvolge come costruttori di una Chiesa più missionaria e di una nuova società, più fraterna, giusta e pacifica.
All’inizio di una nuova Quaresima consentitemi si segnalare un’altra via privilegiata di conversione che abbiamo a disposizione, ma non sempre, per varie ragioni, la valorizziamo, ossia il sacramento della Riconciliazione. Mediante questo sacramento non solo riceviamo il perdono del Signore, a condizione che ci sia il pentimento e il desiderio di vivere più autenticamente come Gesù. Attraverso la riconciliazione con Gesù Cristo e i fratelli, ci è anche consentito di «imparare» di più Gesù Cristo, di viverlo più pienamente, di averne un’esperienza più profonda, quella dei suoi sentimenti, del suo essere tutto del Padre. La riconciliazione o la confessione, come eravamo abituati a dire fino a qualche tempo fa, è quel sacramento con il quale perveniamo ad essere sempre di più uomini in/di Cristo, al massimo grado della perfezione, ossia come persone in piena comunione con Dio, totalmente dediti al dono di noi stessi, alla lotta contro il male col bene, perdonando come Lui. Mediante la Riconciliazione diventiamo più compiutamente noi stessi, perché ordinati all’altro e, soprattutto, al veramente Altro, cioè a Dio-Amore in tre Persone.
Detto altrimenti, mediante il sacramento della riconciliazione, che ci assimila sempre di più a Cristo, Uomo-Dio, diveniamo gradualmente figli nel Figlio, un solo uomo (cf Gal 3,28), un solo «noi-di-persone-in-comunione» in Cristo.
Per quanto detto sin qui, la confessione deve apparirci come una via di crescita nella fede in Gesù, ma anche come una strada di auto-educazione, di maggior compenetrazione di noi con il Missionario per eccellenza. Nel prossimo periodo quaresimale impegniamoci a convertirci, non solo guardando al volto del povero. Come ricorda papa Francesco nel suo Messaggio per la Quaresima, il volto del povero e dell’immigrato dev’essere sollecitazione a cambiare vita. Ogni Lazzaro in cui ci imbattiamo è occasione concreta, suggerisce il pontefice, per convertirsi, per essere maggiormente se stessi mediante il dono. Ma guardiamo anche direttamente al Cristo, al suo volto. Dialoghiamo con Lui. Conosciamolo di più, divenendo più suoi. È Lui, infatti, che ci salva e redime. È Lui che, ultimamente, ci consente di amarlo nel prossimo. Mediante l’Eucaristia nutriamoci di Cristo per essere come Lui dono pieno al Padre e al prossimo.