[nov 10] Saluto – Inaugurazione nuovo allestimento della Sala del Trono al Palazzo vescovile

10-11-2023

Buon pomeriggio a tutti. È con grande piacere che oggi venerdì 10 novembre inauguriamo il nuovo allestimento della sala del trono del Palazzo vescovile.

L’Adorazione dei Magi del Palmezzano, che viene da Brisighella, l’effige del Bambin Gesù che era cullata da santa Umiltà, il gruppo scultoreo Il viaggio di Ulisse sono solo alcuni dei tesori che da oggi potranno essere ammirati dal pubblico nel nuovo allestimento della Sala del Trono a cura del Museo Diocesano (piazza XI Febbraio, 10).

Si propongono ai visitatori opere antiche e contemporanee, in un intreccio di arte e storia, capace di suscitare nuove suggestioni tra passato, presente e futuro. Si tratta di una contaminazione che riprende quanto già sperimentato con successo in questi anni nello spazio espositivo della chiesa di Santa Maria dell’Angelo. Vuole essere riproposta in questo Palazzo vescovile, custode di reperti e di opere la cui documentazione parte dall’anno mille.

Per questo nuovo allestimento, che potete fruire, ringrazio in primis il Direttore del Museo Mons. Mariano Faccani e, in particolare, il dinamico e antesignano vicedirettore del Museo Diocesano, Giovanni Gardini.  Il vicedirettore con il nuovo allestimento ha inteso continuare il dialogo tra il Museo e gli altri istituti museali del territorio, non ultima la Pinacoteca comunale, nella quale è giunto recentemente il polittico della Beata Umiltà di Pietro Lorenzetti, esposto in questi mesi. Nella cappella del vecchio Vescovado non a caso – sempre per evidenziare il dialogo tra le istituzioni museali del territorio – è stato allestito uno spazio dedicato a opere che riguardano la santa faentina, in particolare una effige del Bambin Gesù, datata proprio negli anni in cui è vissuta.

I musei, come è stato giustamente sottolineato, non sono qualcosa di statico, ma rappresentano dei veri e propri organismi viventi. Essi sono in relazione, sono aperti, oltre che con il passato, con l’uomo contemporaneo, con la vita pastorale della Chiesa. Il loro apporto artistico e, prima ancora di fede, è fondamentale e deve essere accolto, specie dal popolo di Dio, come stimolo e fonte di crescita nell’opera della evangelizzazione e della catechesi odierne.

Come ricorda la Lettera Circolare sulla funzione pastorale dei Musei Ecclesiastici del 2001 ogni «museo ecclesiastico, con tutte le manifestazioni che vi si connettono, è intimamente legato al vissuto ecclesiale, poiché documenta visibilmente il percorso fatto lungo i secoli dalla Chiesa nel culto, nella catechesi, nella cultura e nella carità». Poco oltre si legge ancora: «Il Museo diocesano va pensato in relazione con la totalità della vita ecclesiale e in riferimento al patrimonio storico-artistico di ogni nazione e cultura. Deve quindi necessariamente inserirsi nell’ambito delle attività pastorali, con il compito di riflettere la vita ecclesiale, tramite un approccio complessivo al patrimonio storico-artistico».

Trovo particolarmente significativo quest’ultimo passaggio nel quale i musei ecclesiastici sono invitati ad inserirsi nell’ambito della progettualità pastorale grazie ad un doppio binario: non solo in base al loro essere intrinsecamente legati alla Chiesa, ma anche in riferimento alle manifestazioni storico-artistiche, quindi in base alla loro identità profondamente relazionale, al loro radicamento nell’umano.

È risaputo che ogni museo espone normalmente, per ovvie ragioni, solo un terzo delle sue opere. Il resto rimane nei depositi. Ci sono, dunque, tesori che sarà importante, periodicamente, rimettere in luce. È quello che farà questa istituzione museale, riaprendo volentieri le porte del Palazzo vescovile, offrendo informazioni a tempo opportuno.

Il Museo, in definitiva, non è costituito solo come un deposito per la custodia del patrimonio artistico. Si propone costantemente come un cantiere di progettualità, in funzione dell’esperienza cristiana, del suo discernimento e del rinnovamento delle comunità.

È bene ricordare che i musei diocesani hanno tre grandi compiti:

 

  1. conservare materialmente;
  2. tutelare giuridicamente;
  3. valorizzare pastoralmente il patrimonio artistico non più in uso abituale.

 

Con riferimento alla conservazione e alla tutela, molto è stato fatto e molto si sta facendo grazie al coordinamento e con il sostegno dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici e l’Edilizia di Culto.

La questione della conservazione, ovviamente, è importante e prioritaria. Ma la conservazione non è “solo” messa in sicurezza. Da un punto di vista pastorale – perché questa è la prospettiva che più ci sta a cuore – la conservazione è qualcosa di più significativo, se non addirittura di più urgente. La conservazione, che è difesa del bene, è soprattutto custodia, attraverso il bene culturale, della memoria ecclesiale lungo il corso della storia. I singoli manufatti non sono «degni» di essere tramandati esclusivamente alla luce del loro intrinseco valore estetico ma, al contrario, è necessario che la riflessione storico-artistica sia affiancata dalla memoria della funzione pastorale che essi rivestono.

Sul terzo punto – quello della valorizzazione del patrimonio artistico «non più in uso abituale» – merita sottolineare che i musei per certi aspetti hanno ampliato il loro raggio di azione e di ricerca su vari fronti. I musei hanno aperto le loro porte a laboratori didattici, a eventi letterari e musicali, a collaborazioni sempre più strette all’interno dei territori nei quali operano.

È il caso del dialogo con gli artisti e con l’arte contemporanea. Anche noi a Faenza, nella chiesa di Santa Maria dell’Angelo, ci siamo mossi in questa direzione.

Nel saluto che Papa Francesco rivolse ai rappresentanti dei musei ecclesiastici nel maggio 2019 egli ribadiva la necessità del confronto con l’arte contemporanea: «Molti di voi si dedicano al dialogo con gli artisti contemporanei, promuovendo incontri, realizzando mostre, formando le persone a linguaggi di oggi. È un lavoro di sapienza e di apertura, non sempre apprezzato; è un lavoro “di frontiera”, indispensabile per continuare il dialogo che la Chiesa sempre ha avuto con gli artisti. L’arte contemporanea recepisce i linguaggi a cui specialmente i giovani sono abituati. Non può mancare questa espressione e sensibilità nei nostri musei, attraverso la sapiente ricerca delle motivazioni, dei contenuti e delle relazioni. Nuove persone si possono avvicinare anche all’arte contemporanea sacra, che può essere luogo importante di confronto e di dialogo con la cultura di oggi».

«È fondamentale – ha ancora detto papa Francesco nel 2019 – che il museo intrattenga buone relazioni con il territorio in cui è inserito, collaborando con le altre istituzioni analoghe. Si tratta di aiutare le persone a vivere insieme, a vivere bene insieme, a collaborare insieme. I musei ecclesiastici, per loro natura, sono chiamati a favorire l’incontro e il dialogo nella comunità territoriale».

La riapertura dei Musei in questo periodo di post-alluvione e di terremoti siano segno di una ripresa e della rinascita di una cultura sempre più aperta al Trascendente.

La riforma della Curia in senso più comunitario e sinodale, il suo trasferimento in un Seminario riqualificato dalla riapertura della Biblioteca con annesse aule di studio per giovani universitari; la celebrazione del Sinodo dei giovani come costruttori di Chiesa e di un mondo più fraterno, pacifico e giusto; l’apertura del ciclo propedeutico, della comunità per giovani; il potenziamento dei corsi teologici per i christifideles laici e, ora, l’inaugurazione del nuovo allestimento del Museo diocesano, posizionano la Chiesa, che vive in Faenza-Modigliana, in una condizione di maggiore ricezione – così si spera – del Vangelo e della sua testimonianza.

 

                                               a cura di S. Ecc. Mons. Mario Toso