Meditazione alla veglia dei giovani

25-03-2018

Papa Francesco incontrando diversi giovani a Roma, provenienti da molte parti del mondo in vista della preparazione del Sinodo e della GMG, con loro ha voluto riflettere su questo tema: in tanti momenti della storia della salvezza Dio ha voluto parlare per mezzo dei più giovani. E ha citato Samuele, Daniele, Davide. In particolare, si è fermato su Samuele, che sente la voce di Dio. La Bibbia dice: «In quel tempo non c’era l’abitudine di sentire la voce di Dio. Il popolo era disorientato». Ebbene, un giovane, Samuele, sente la voce di Dio. In momenti difficili, Dio fa andare avanti la storia con i giovani. Pensiamo, all’esempio per eccellenza, ossia a Maria di Nazareth, giovane donna. Mediante il suo sì viene cambiata la storia dell’umanità.
Riflettiamo su questo: Dio compie cose grandi attraverso i giovani, i piccoli. Dio suscita persone in gamba, carismatiche, là ove uno non immaginerebbe venisse fuori nulla. Dio è all’opera, chiama, sempre. Chiama in particolare le persone che sono umili, povere, che non sono importanti per il mondo. Geremia riconosce di essere incapace di parlare al popolo perché è giovane (cf Ger. 1,6). Il Signore gli disse: «Non dire: “Sono giovane”. Tu andrai da tutti coloro ai quali ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti». Il Signore stese la mano e gli toccò la bocca e disse: «Ecco io metto le mie parole sulla tua bocca».
Questa mattina abbiamo sentito dal racconto della Passione che per annunciare il suo amore a Gerusalemme Gesù ha bisogno di un asinello. E così è entrato in scena un protagonista singolare, umile e fragile. Per annunciare il suo Amore, Gesù sceglie una creatura non appariscente, non aitante. Ha bisogno di un puledro d’asino, ossia un asino non ancora adulto, giovane, insicuro, mentre i re fanno il loro ingresso nelle città su cavalli focosi e forti.
Viene facile pensare che Gesù, per realizzare la sua grande opera di salvezza universale, non usa e non ha bisogno di mezzi potenti. Egli non vuole piegare nessuno e non vuole incutere paura. Si serve, allora, di mezzi semplici, fragili, pacifici. Ha bisogno, per l’appunto, di un puledro d’asino. In maniera analoga, ha bisogno di voi che siete giovani, ancora “piccoli” nell’esperienza della vita, ma con tanto ardore dentro, l’ardore della giovinezza. Sentirsi chiamati a cose grandi può spaventare. Dovete pensare che Dio che chiama non vi ruba la vita. La libera. La fa diventare il meglio di ciò che può diventare. Apre spazi immensi d’amore e di dono. Consente di superare i propri limiti. Sollecita ad andare avanti nonostante i propri errori e peccati. Davide incominciò da giovane e proseguì con coraggio, nonostante la giovinezza e i successivi peccati. Dio accrebbe in lui il desiderio di fare qualcosa di buono, di non rassegnarsi, di chiedere perdono e di proseguire.
Qual’è l’invito che, allora, vi posso rivolgere, come vostro vescovo. Diciamo – io, i sacerdoti qui presenti, e voi giovani – il nostro sì. Mettiamoci a disposizione per realizzare i sogni più belli della vita. Non stiamo affacciati al balcone per guardare soltanto. Impegniamoci a costruire un mondo a misura del disegno di Dio. Il miglior modo di cambiare le cose, nella propria famiglia, a scuola, nella comunità ecclesiale, nella società, non è la pratica della critica e basta. Criticare, criticare, e non muovere un dito per cambiare in meglio le cose. Occorre coinvolgersi, inserirsi nel proprio ambiente, nelle attività della propria comunità e diocesi ed assumersi delle responsabilità, pagare di persona. Occorre essere coraggiosi, disponibili. Siate contemplativi nell’azione. “Contemplativi”, in particolare, di Colui che è crocifisso a braccia spalancate e dall’alto della croce effonde il suo Spirito d’amore: un amore costoso ma trasfigurante perché redentore. Il Cristo crocifisso infonde in voi un amore indomito nei confronti del Padre e della Chiesa. “Nell’azione”: siate costruttori e non solo demolitori.
Alla fine di queste brevi riflessioni devo farvi una domanda, simile a quella che Gesù Cristo pose a Pietro: «Pietro, mi ami più di costoro?». Sappiamo che Gesù interrogò Pietro per tre volte, il quale rispose: «Certo, Signore tu lo sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù tutte e tre le volte: «Pasci i miei agnelli» (cf Gv 21, 15- 19). È lo stesso Simone a cui Gesù, dopo aver interpellato i dodici sulla sua identità – “Ma voi, chi dite che io sia?” – cambiò il nome, avendo sentito la sua risposta: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona…E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 15-19).
In maniera simile a quella con qui Gesù si rivolse a Pietro, anch’io vostro vescovo, per il ministero che svolgo in questa Diocesi, oso porvi la domanda: «Volete bene al vostro vescovo e ai sacerdoti che vi accompagnano?». Non dovete rispondere a voce alta. Rispondete nel vostro cuore. Il vescovo, confidando su ciascuno di voi, in sintonia con Gesù Cristo e con gli obiettivi del Sinodo dei giovani, si sente di dire a ciascuno di voi: «Su di te si costruisca, con l’aiuto del Signore, la Chiesa. Accompagnate nella crescita della fede i vostri fratelli e sorelle».
Siate costruttori dell’edificio spirituale che è la Chiesa, non una Chiesa in astratto, ma la Chiesa già concretamente esistente, che è in Faenza-Modigliana, che è nella tua parrocchia, nella tua associazione cattolica. Siate testimoni credibili di Cristo nel mondo.
È questo l’augurio che il vostro vescovo fa a tutti, specie a coloro che oggi rinnovano la loro professione di fede.