[nov 02] Omelia – Commemorazione dei fedeli defunti

02-11-2023

Faenza, Chiesa dell’Osservanza 2 novembre 2023.

Cari fratelli e sorelle, ogni anno veniamo sin qui, al cimitero dell’Osservanza, per testimoniare la nostra riconoscenza e l’affetto ai nostri cari defunti. Anche quest’anno, nonostante due alluvioni che hanno danneggiato sia la chiesa dell’Osservanza sia il cimitero, ci ritroviamo. Le grandi acque e i terremoti non possono distruggere il legame coi nostri cari. Più forte è la nostra appartenenza alla comunione dei santi e alla moltitudine immensa di cui ci ha parlato ieri, nella Solennità di tutti i santi, il Libro dell’Apocalisse (Ap 7,9). Con loro formiamo una sola famiglia, indistruttibile. Con loro siamo e viviamo in Cristo. Con loro siamo stati resi da Cristo e dal suo Spirito membra del Corpo che è la Chiesa. È questo un legame che è stato costituito da Colui che si è incarnato nella nostra umanità e con la sua risurrezione ha eliminato per sempre la morte (cf Is 25, 6a.7-9). In Cristo, morto e risorto, abbiamo iniziato a vivere un’esistenza sovratemporale. Sempre in Lui attendiamo che anche la creazione, sottoposta alla caducità della siccità, delle alluvioni e dei terremoti, venga liberata dalla schiavitù della corruzione (cf Rm 8, 14-23).

Per tutte queste ragioni ci siamo mossi dalle nostre case con la fede, che ci tiene invincibilmente uniti ai nostri cari e tra di noi. Sussurriamo preghiere affettuose per coloro che ci hanno generati ed amati. Anche qui, dinnanzi al cimitero dell’Osservanza, la Chiesa ci riunisce come popolo di Cristo risorto, come comunione che abbraccia tutte le generazioni – passate, presenti e future -, con vincoli di fraternità, di solidarietà e di tenerezza. Siamo, allora, il mistero di una comunità che visita con speranza il luogo del riposo dei suoi figli e delle sue figlie, e vuole proclamare con fiducia la potenza dell’amore del Padre che ci porterà a vivere eternamente con Lui. Celebriamo l’Eucaristia come mistero di unità tra i vivi e i morti in Cristo. Ci muoveremo come popolo orante e benedicente tra le tombe. Accarezzeremo, in certo modo, il Corpo di Cristo, le persone che vi dormono il sonno della pace.

In tal modo, la Chiesa continua ad ammaestrarci. Ci fa vedere, al di là del tempo, l’approdo definitivo. In occasione della Solennità di tutti i santi, ravviva in noi il ricordo di coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede. Nello stesso tempo, ci conferma nella certezza che in Cristo siamo co-sepolti e co-risorti. Veniamo sepolti corruttibili, risorgiamo incorruttibili. Il nostro destino è la pienezza di vita in Dio. Con la visita ai nostri cari non ci rinchiudiamo nella tristezza, nel ricordo del passato. Ci apriamo sullo scenario di un futuro glorioso e colmo di pienezza di vita in Dio, uno e trino. Ci attende un’altra dimora. È la dimora definitiva, ove si realizza il nostro compimento in Dio, ove palpita eternamente l’amore di Dio per noi. La nostra fragile vita sarà introdotta in un incessante processo di mirabili prodigi di comunione e di unione: tra Dio Padre, Figlio e Spirito santo; tra Dio-Trinità e la sua Chiesa, che esulta per l’immenso dono ricevuto e a Lui lo restituisce riconoscente. Venire al cimitero e rivivere la celebrazione del mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo, assieme ai nostri fratelli e sorelle defunti, ci sollecita a vivere come pellegrini verso il Regno di Dio. Ci sprona alla partecipazione dell’incarnazione e alla ricapitolazione di tutte le cose in Cristo. Quello che ci attende è sempre un tempo di impegno tragico ed eroico insieme. Non cediamo al grande inganno che pretende di insegnarci che la gioia consiste nel pensare solo a noi stessi, nel procurarci ricchezze senza fine, anche a costo di essere prepotenti, ingiusti e falsi. Non arrendiamoci all’illusione di conquistare la pace trasformando il giardino creato in un campo di battaglia pieno di morti, devastato dalla violenza, dalla rabbia, dall’avidità, che trasforma la società chiamata alla fraternità in una giungla ove prevale la legge del più forte.

Come ci ha insegnato Cristo, siamo chiamati a prendere su di noi la croce, il dolce giogo dell’amore. Siamo invitati a combattere con Lui contro il peccato e il male che feriscono ed indeboliscono l’umanità nella sua dignità. Assieme a Lui siamo chiamati ad operare, inoltrandoci, in certo modo, nella sua incarnazione, nel tempo delle future generazioni. Siamo coinvolti in un processo di redenzione continua, di nuova ed incessante creazione, tutti insieme. Siamo chiamati a vivere incessantemente nella fornace ardente dell’amore di Cristo affinché tutti i popoli siano riuniti in un’unica famiglia di pace, entro il circolo d’amore della famiglia trinitaria.

Facciamo parte di una creazione che tutta insieme geme e soffre le doglie del parto. Non dimentichiamo che, quando verrà nella sua gloria, il Figlio dell’uomo ci chiederà conto sul fatto se l’avremo riconosciuto ed amato in chi aveva fame, sete, era profugo e immigrato, povero, malato, carcerato (cf Mt 25, 31-46).

Non dimentichiamo che i nostri fratelli e sorelle, che ci hanno preceduti nel segno della fede, sono stati protagonisti di una Chiesa sinodale, che si è mossa tutta insieme nella sua missione. Preghiamoli perché ci aiutino a compiere bene il nostro cammino sinodale, per portare a compimento, nel tempo e «nei luoghi di vita», la nuova creazione.

 

                                            + Mario Toso