OMELIA per la MESSA del POPOLI

Faenza - Basilica cattedrale, 14 gennaio 2017
14-01-2017

Cari fratelli e sorelle, celebriamo la Santa Messa dei popoli. Così è stata definita. È la S. Messa insieme a tutte le comunità cattoliche straniere che vivono nella nostra Diocesi.

Nella prima Lettura, tratta dal libro del profeta Isaia (cf Is 49, 3.5-6), si parla del compito del servo Israele, che prefigura Gesù Cristo, cioè anticipa in qualche modo quello che farà il Redentore. Cosa è chiamato a compiere il servo Israele? La sua missione non è solo quella di restaurare nell’unità le tribù disperse di Israele, ma anche di formare un nuovo popolo, il popolo di Dio, composto da tanti popoli battezzati, che portano la salvezza al mondo intero.

I popoli del mondo sono chiamati a formare, grazie a Cristo e in Lui, la famiglia di Dio. Dio vuole formarsi un popolo di santi (cf 1 Cor 1, 1-3). I santi non sono solo i singoli individui, ma tutti i popoli della terra, sicché il popolo di santi che Dio desidera è un popolo composto da popoli santi. Tutti i popoli sono destinati a essere santi, ossia sono chiamati a vivere immersi nella volontà di Dio, che li pensa e li vuole affratellati, e li rende capaci di amare come ama e perdona Dio, capaci di vincere il male col bene, di realizzare la giustizia e la pace.

Un unico Dio e Padre ed un’unica famiglia di popoli fratelli: questa è la prospettiva che attende l’umanità. Quale missione, quale stupenda realtà! Tanti linguaggi, una sola «grammatica comune», ovvero l’Amore. Tanti riti ma un solo ed identico sommo Sacerdote, Gesù Cristo. Siamo all’altezza del sogno di Dio sul mondo? Siamo in grado di essere comunità di popoli che si rispettano e si amano, accogliendosi, prendendosi cura gli uni degli altri, pensando e volendo il bene per gli altri, soprattutto pensando e volendo che tutti vivano in Cristo, umanità nuova, colui che toglie il peccato del mondo (cf Gv 1, 29-34)? Siamo consapevoli che siamo chiamati come popoli a togliere il peccato del mondo vivendo Cristo, in Lui?

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del rifugiato 2017 papa Francesco invita tutti a togliere il peccato dell’umanità nei confronti dei migranti minorenni, specialmente quelli soli. Per vivere come popoli santi, degni di essere famiglia di Dio, occorre prendersi cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari.

Come rispondere alla realtà dei fanciulli migranti, si domanda il pontefice? Innanzitutto, prendendo coscienza che i fanciulli sono persone e le persone sono più importanti delle cose. Il valore di ogni popolo e di ogni istituzione si misura sul modo in cui tratta la vita e la dignità dell’essere umano, soprattutto in condizioni di vulnerabilità, come nel caso dei minori migranti. In secondo luogo, occorre puntare sulla protezione, sull’integrazione e su soluzioni durature.

Poiché si deve adottare ogni possibile misura per garantire ai minori migranti protezione e difesa, è necessario: a) che gli immigrati, proprio per il bene dei loro bambini, collaborino sempre più strettamente con le comunità che li accolgono. «E’ importante che si attuino collaborazioni sempre più efficaci ed incisive, basate non solo sullo scambio di informazioni, ma anche sull’intensificazione di reti capaci di assicurare interventi tempestivi e capillari. Senza sottovalutare che la forza straordinaria delle comunità ecclesiali si rivela soprattutto quando vi è unità di preghiera e comunione nella fraternità»; b) lavorare per l’integrazione dei bambini e dei ragazzi migranti. Essi dipendono in tutto dalla comunità degli adulti. La condizione dei migranti minorenni è ancora più grave quando si trovano in stato di irregolarità o quando vengono assoldati dalla criminalità organizzata. Allora essi sono spesso destinati a centri di detenzione. Non è raro, infatti, che vengano arrestati e, poiché non hanno denaro per pagare la cauzione o il viaggio di ritorno, possono rimanere per lunghi periodi reclusi, esposti ad abusi e violenze di vario genere. In tali casi, il diritto degli Stati a gestire i flussi migratori e a salvaguardare il bene comune nazionale deve coniugarsi con il dovere di risolvere e di regolarizzare la posizione dei migranti minorenni, nel pieno rispetto della loro dignità e cercando di andare incontro alle loro esigenze, quando sono soli, ma anche a quelle dei loro genitori, per il bene dell’intero nucleo familiare; c) pensare a soluzioni durature. È assolutamente necessario, pertanto, affrontare nei Paesi d’origine le cause che provocano le migrazioni. Questo esige, come primo passo, l’impegno dell’intera Comunità internazionale ad estinguere i conflitti e le violenze che costringono le persone alla fuga. Inoltre, si impone una visione lungimirante, capace di prevedere programmi adeguati per le aree colpite da più gravi ingiustizie e instabilità, affinché a tutti sia garantito l’accesso allo sviluppo autentico, che promuova il bene di bambini e bambine, speranze dell’umanità.

Lavoriamo, dunque, insieme, con tutte le nostre istituzioni – parrocchie, famiglie, Caritas, associazioni di volontariato, AMI -, con tutti i nostri mezzi, con tutta la nostra intelligenza e tutto il nostro cuore, per essere popolo santo, che risplende per la vita buona e per le opere di giustizia, specie nei confronti dei più deboli. Là ove operiamo contribuiamo a realizzare una famiglia di popoli santi, ossia popoli che onorano la vita, dono di Dio, specie quella dei più deboli. Questa celebrazione eucaristica ci unifichi a Colui che è redentore, liberatore da ogni forma di male, re dell’Amore che trasfigura e affratella.