[gen 30] Omelia – Festa di Don Bosco

30-01-2022

Faenza, Chiesa di Santa Maria Vecchia 30 gennaio 2022.

 

Cari fratelli e sorelle, cari ex-allievi salesiani, cari giovani dell’Oratorio, ricordiamo oggi un grande santo, che ci è particolarmente caro: san Giovanni Bosco, che ha fondato una sua casa anche qui a Faenza.

Giovane sacerdote, don Bosco si reca a Torino per chiedere consiglio a don Cafasso, direttore del Convitto ecclesiastico. Gli domanda cosa potesse fare. Don Cafasso vede lungo. Invita il giovane sacerdote a fermarsi da lui. Nel Convitto i giovani sacerdoti al mattino ascoltavano alcune lezioni sulla vita pastorale. Nel resto della giornata, i preti venivano mandati a esercitare il ministero nell’ambiente cittadino: visitando ospedali, carceri, istituti di beneficenza, tenendo prediche e il catechismo ai giovani, svolgendo assistenza ai malati. Don Bosco si affacciò così su un mondo che gli era quasi sconosciuto. Infatti, fino a quel momento, conosceva soltanto la povertà delle campagne. Non sapeva cosa fosse la miseria delle periferie cittadine. E così, andando per la città si fece un’idea sulle condizioni sociali e morali di tanti giovani. I sobborghi erano zone di fermento e di rivolta, cinture di desolazione. Adolescenti vagabondavano per le strade, disoccupati, intristiti, pronti al peggio. Giocavano, si azzuffavano, bestemmiavano. Accanto al mercato generale della città, c’era un vero «mercato delle braccia giovani». I luoghi adiacenti a Porta Palazzo brulicavano di ambulanti, di lustrascarpe, spazzacamini, garzoni di negozianti: tutti poveri giovani che vivacchiavano alla giornata. I primi giovani che poté contattare erano scalpellini, muratori, stuccatori, selciatori. Molti di essi venivano dalle montagne e dalle vallate attorno a Torino, con pochi spiccioli in tasca, attirati dal miraggio di un qualunque lavoro per campare. Ma il lavoro non c’era per tutti. Spesso erano sfruttati, malpagati, malvestiti e affamati. Non raramente dormivano in luoghi di fortuna. Bande di giovani vagavano, soprattutto la domenica, per le strade e le rive del Po. Don Bosco, che assieme a don Cafasso visitava le carceri, tira rapidamente i conti. Questi ragazzi avevano bisogno di una casa, di una famiglia, discuola, di formazione professionale, di un lavoro più stabile e sicuro. Avevano bisogno di poter essere ragazzi, di poter saltare e giocare in spazi verdi. Avevano bisogno di incontrarsi con Dio, per scoprire e realizzare la loro dignità. Ecco allora don Bosco diventare amico di tanti di quei giovani, coi quali si fermava a parlare, li organizzava nel gioco, nel fare passeggiate, nel cantare. Andava a visitarli in mezzo ai loro lavori, nei cantieri. Finì per organizzare un Oratorio, ove i suoi ragazzi potessero trovarsi, giocare, apprendere un lavoro, pregare, imparare il catechismo, confessarsi. Don Bosco, oltre a giocare con loro, lavorava, studiava, scriveva per loro. Mentre il numero dei giovani cresceva, don Bosco scelse i suoi principali collaboratori tra di essi. Li accompagnava e poi, al momento giusto, faceva a loro la proposta di aiutarlo all’Oratorio, nei laboratori, nelle sue scuole. Sempre con i suoi giovani fondò la Congregazione salesiana, che si diffuse in tutto il mondo.

Come detto, al tempo di Don Bosco tanti giovani non vedevano prospettive positive per il loro futuro e vivevano nell’indigenza e con il rischio di finire in brutti giri. Anche oggi cresce sempre di più il numero di giovani che per sfiducia nel futuro non studiano e non lavorano. Nelle nostre città ci sono gruppi di giovani che abbandonano la scuola, si aggregano in bande, non raramente coinvolte in episodi di violenza, di bullismo, in maxi-risse. Questesono la punta dell’iceberg della condizione di non pochi dei nostri ragazzi e dei nostri giovani. Già prima c’erano poche certezze per loro. Con l’emergenza virus e le sue conseguenze economiche e sociali ce ne sono ancora di meno. Ed ecco, allora, il fiorire di un protagonismo giovanile negativo.

Pensando a quello che faceva don Bosco coi giovani del suo tempo, viene da dire che anche nelle nostre città, non esclusa Faenza, ci sarebbe bisogno di persone, di sacerdoti, di altri giovani, che si avvicinano ed incontrano i gruppi di ragazzi e di giovani che oggi vivono a rischio. Anche a Faenza, stando a quanto detto, ci sarebbe bisogno di un Oratorio, che possiamo descrivere così: un ambiente accogliente, ricco di attività, che coinvolge adulti e giovani, organizzato specialmente con i giovani, per ragazzi, ragazze e giovani, credenti e non credenti.In vista di ciò ci sarà bisogno soprattutto di persone corresponsabili – come è avvenuto per la gestione della Biblioteca e le aule del Seminario -, disponibili a collaborare per creare un luogo di incontro, di musica, di apprendimento di mestieri d’urgenza, di formazione spirituale e culturale, di sostegno scolastico, di preghiera, di accompagnamento, di esperienze di volontariato.

Questa idea non è semplicemente il punto di vista del vescovo che vi parla. È una delle indicazioni operative emerse dal Sinodo dei giovani, che la nostra Chiesa ha programmato e vissuto per tre anni (cf Documento post-sinodale, p. 14). Alcuni piccoli passi sono già stati compiuti. Si sta coagulando un gruppo di persone disposte a contattare i giovani che si incontrano in varie parti della città. Come ci dice il Vangelo occorre prendere il largo e gettare le reti (cf Lc 5, 1-11). Occorre offrire ai giovani un luogo di accoglienza adeguato, che consenta a loro di fiorire in dignità e libertà, grazie in particolare all’esperienza della tenerezza di Dio Padre, mostrata dalla vicinanza amorevole di tanti fratelli e sorelle che camminano con loro. I naviganti non prendono il largo se nel loro cuore non c’è la nostalgia del mare aperto. Come un giorno a Pietro, così oggi, il Figlio di Dio, mediante la Parola del Vangelo, chiede a noi di andare al largo. Coloro che appartengono alla famiglia spirituale di don Bosco non possono rimanere insensibili all’invito di Gesù Cristo. In questa Eucaristia preghiamo don Bosco perché ci aiuti ad essere discepoli innamorati di Gesù, padri e maestri dei giovani come lui.

 

                                           + Mario Toso