[gen 29] Omelia – Centenario venerabile Nilde Guerra

29-01-2022

Faenza, cattedrale 29 gennaio 2022.

Nilde, la cui immagine possiamo ammirare in una cappella laterale di questo duomo, visse la sua vita cristiana con intensità e straordinarietà. Di una vita così abbiamo bisogno anche noi, giovani e adulti, impegnati come siamo nel cammino sinodale. A cento anni dalla nascita, Nilde Guerra, ci è di esempio perché ci insegna a non essere credenti abitudinari, stanchi, incolori, bensì vivi ed attivi, profetici. Vivi, con una spiritualità che rende la propria vita luminosa. Attivi, dedicandoci, anima e corpo, all’apostolato in famiglia ed in parrocchia, per far crescere nella fede i propri parenti e i bambini del catechismo. Non dimentichiamo che Nilde ebbe una fede contrastata. Crebbe in una famiglia ove il padre si opponeva alla sua vocazione religiosa. Lei desiderava essere Suora del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante. Al tempo della seconda guerra mondiale i suoi cari, eccetto la mamma, erano divenuti avversi alla Chiesa. Nilde ci insegna a non scoraggiarci nell’amore a Gesù Cristo, ad essere, nonostante un ambiente difficile, costruttori della Chiesa con ardore missionario.

Cosa l’aiutava ad essere così? Anzitutto, la consapevolezza del suo battesimo. Nelle sue lettere, più di una volta, ringrazia il parroco che gli ha conferito un tale sacramento. Molti di noi siamo cresciuti come Nilde. I nostri genitori ci hanno insegnato il Ti adoro, preghiera mattutina, con il quale dicevamo: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano e conservato in questa notte …». L’essere cristiana non portava Nilde ad arrossire, come spesso avviene per non pochi dei nostri adulti e giovani. Era, invece, motivo di gioia e di riconoscenza, di fierezza. Era, inoltre, motivo di risposta all’amore di Dio con amore, facendosi dono a Lui con tutta se stessa.

In secondo luogo, un tale amore la rendeva missionaria entusiasta, mossa da quel fuoco spirituale il cui fervore irradia dalla Carità di Cristo, diffusa  nel suo e nel nostro animo dalla Cresima e dall’Eucaristia. Il suo essere missionario era animato dallo Spirito d’amore donato a tutti i cresimati, profuso dalla partecipazione quotidiana alla santa Messa. Come Gesù nel suo sacrificio si dona al Padre e muore per le persone, così Nilde Guerra si immolava spiritualmente. Nella sua malattia si identificava con Cristo sofferente. Con Lui voleva salvare ad ogni costo i non credenti, i lontani dalla fede. Le modalità spirituali della vita di Nilde dovrebbero caratterizzare ogni credente, giovane o adulto, impegnato nel cammino sinodale. Si tratta di una vita interiore, coltivata con pazienza, con metodo e assiduità, con una conversione progressiva, con la preghiera di contemplazione del Crocifisso. Una tale vita, però, come ogni scalata, richiede l’accompagnamento di una guida esperta, una guida sacerdotale, specie nel sacramento della riconciliazione. Il sacerdote confessore in cui Nilde riponeva la sua fiducia era don Giuseppe Parmeggiani.

Cari fratelli e sorelle, permettetemi di dirvi che se noi abbiamo intenzione di percorrere con sincerità e verità il cammino sinodale non potranno mai mancarci la preghiera e la costante coltivazione della nostra vita interiore. Il vero missionario non è una persona grezza o superficiale dal punto di vista spirituale. È sempre inquieto e attento al bene degli altri, alla crescita spirituale dei propri fratelli e sorelle, oltre che alla propria. Tutti i grandi santi avevano una fine guida spirituale. Basti pensare a sant’Agostino d’Ippona che la cercò in sant’Ambrogio di Milano e la trovò in san Simpliciano, confessore di Ambrogio. E, venendo più vicino a noi, cioè a don Bosco, la sua guida spirituale fu don Giuseppe Cafasso. San Domenico Savio incontrò la sua in don Bosco stesso, padre e maestro di molti giovani, che divennero, a loro volta, educatori alla santità.

Nilde Guerra ha sviluppato la sua spiritualità nella linea della Carità di cui ci parla san Paolo nella sua prima lettera ai Corinzi (cf Cor 12,31-13,13). Ossia  nella linea di una carità senza fine: «la carità non avrà mai fine». La Carità è la vita di Dio. E, come Dio non ha fine, così la carità. Chi vive la sua carità, la sua vita stessa, non avrà fine. Durerà in eterno. Chi vive Dio rimarrà in Lui, per sempre. Nilde, nella scia indicata dal motto dell’Azione Cattolica – preghiera, azione, sacrificio – ha coltivato, dunque, una spiritualità alta, che la voleva immedesimata con l’amore totale di Cristo, crocifisso a braccia spalancate sulla croce: un amore allo stato puro, quale solo il Figlio prediletto poteva vivere. Al suo direttore spirituale il 20 aprile 1949 così scriveva: «mi presenti al Divino Artefice perché mi trasformi a colpi di scalpello e così possa compiacergli, ripararlo, consolarlo e amarlo infinitamente. […] Come Cristo desiderava essere immolato per la nostra salvezza così io desidero soffrire, prima per espiare tutti i miei peccati, per la conversione dei miei cari, per la santificazione dei sacerdoti, per la conversione di tutti i peccatori e perché si faccia un solo ovile sotto un solo Pastore». In questa maniera, davvero eroica, la venerabile Nilde ha voluto contribuire alla costruzione della Chiesa nel tempo in cui è vissuta, a san Potito in particolare. Se riflettiamo sulla sua spiritualità e sul suo apostolato dobbiamo riconoscere che la giovane Nilde viveva in una chiesa e per una chiesa strutturata sulla comunione, sulla partecipazione corresponsabile e sulla missione. Seppure in un contesto socio-culturale, diverso dal nostro, ha vissuto il mistero dell’Incarnazione di Cristo, venuto ad abitare in mezzo a noi, in noi, nel creato, ma anche in quella inevitabile dimensione dell’esistenza umana che è costituita dalla sofferenza, dalla malattia, dalla morte. Proprio qui, anche noi, Chiesa in comunione con Cristo il missionario per eccellenza, siamo chiamati a vivere l’amore di Cristo senza fine. Qui troveremo vera letizia e consolazione per i nostri dolori, anche in quelli più indicibili. Qui siamo chiamati a vivere, non dimentichiamolo, la misura più alta del nostro dono a Dio, specie in questo tempo di pandemia. Buon cammino sinodale, dunque, con Nilde Guerra, fiore della Romagna  faentina, annuncio di primavere spirituali, frutto dell’amore e del sangue versato di Cristo. Battesimo, cresima, Eucaristia, Riconciliazione: ecco i pilastri della crescita cristiana, ieri e oggi, nel futuro, per ogni cammino sinodale.

                                                   + Mario Toso