Faenza, cattedrale 24 dicembre 2022.
«Un bambino è nato per noi» (cf Is 9, 1-6). Ci è dato il Figlio di Dio. Si è fatto carne nel grembo di Maria. E così è diventato uno di noi. Egli è Dio potente, Principe della pace. Per questo, nell’umanità che egli ha fatto sua viene spezzato il giogo che ci tiene schiavi, sottomessi al male, al peccato. Grazie a Lui è gettato via il bastone degli aguzzini. Poiché viene ad abitare nella nostra umanità, in noi, ogni assetto di guerra e ogni equipaggiamento militare sono potenzialmente aboliti. Quanto detto con un linguaggio immaginifico allude al sensoprofondo della nascita di Gesù e a ciò che può produrre di bene in noi e tra noi.
Cari fratelli e sorelle, con il Natale si compie un meraviglioso scambio tra Dio e l’umanità, afferma sant’Agostino, vescovo di Ippona. Dio si fa uomo e l’uomo è reso figlio di Dio. È divinizzato, diventa «cielo». Nell’incarnazione del Verbo di Dio trova così vera luce il mistero dell’uomo (cf GS n. 22). L’uomo si comprende a partire da Cristo, ma non viceversa: non è Adamo che spiega Cristo, ma Cristo che spiega Adamo.
Con l’incarnazione il Figlio di Dio si unisce in certo modo ad ogni uomo. Piange come tutti i bambini. Succhia il latte dalla mamma. Lavora con le mani d’uomo nella bottega di Giuseppe. Pensa con intelligenza d’uomo. Agisce con volontà d’uomo. Ama con cuore d’uomo. Muore crocifisso affidando il suo spirito al Padre. Ogni uomo diventa fratello per l’altro.
Con il presepe, allestito nelle nostre famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze delle città intendiamo rappresentare l’incarnazione del Figlio di Dio nei luoghi ove viviamo ed operiamo. Il presepe non è un fatto meramente ornamentale, decorativo. Dice una realtà profonda, spesso dimenticata anche da noi battezzati. Suscita stupore e meraviglia perché Dio si rende presente in noi, là ove siamo e viviamo. Si unisce a noi perché anche noi possiamo unirci a Lui, alla sua nuova creazione.
Il presepe, per conseguenza, è una grande opera di evangelizzazione. Allestendolo desideriamo ricordare che il Figlio di Dio si è incarnato nell’umanità per insegnare a noi a fare altrettanto. Anche noi, come Lui, siamo chiamati a immergerci nelle realtà umane, per portate in esse la sua vita, il suo amore, quale principio di vita nuova, causa di trasfigurazione. In tal modo, la nostra vita è chiamata ad essere continuazione e concretizzazione della vita di Cristo nella famiglia, nel mondo del lavoro agricolo ed industriale, nella scuola, nelle corsie degli ospedali e delle case protette, nelle amministrazioni comunali, nella politica, nello sport, nell’uso e nella gestione dei mass-media e dei social, nei cantieri della costruzione della pace. Mentre accogliamo la vita e la accudiamo, mentre educhiamo alla fede, mentre evangelizziamo ed umanizziamo, mentre creiamo istituzioni di pace, mentre predisponiamo nuovi ambienti di vita, ci impegniamo a vivere con l’amore di Cristo, con la sua potenza risanatrice e creatrice.
A noi, spesso scoraggiati e scettici, in un contesto di società frammentate dall’individualismo libertario ed utilitarista; in una Chiesa che diversi sociologi descrivono in «caduta libera» per il calo di fedeli e di vocazioni, sino ad essere ridotta a «piccolo gregge», il Bambino Gesù, donatoci come Uomo-Nuovo, è scaturigine di perenne speranza. Grazie alla venuta del Signore Gesù in noi, è possibile cambiare noi stessi e il mondo: essere cioè un «noi» costituito in popolo, il popolo di Dio; farsi poveri per i poveri, servi tra i servi; essere persone che si consacrano per salvare i giovani drogati o ai margini della società; divenire uomini e donne capaci di donarsi per sempre, lottando contro una cultura dell’egoismo, dell’indifferenza, dell’amore libero che rifiuta ed uccide la vita nascente; essere famiglie affidatarie che aprono le porte e accolgono bambini segnati dal dolore e dall’handicap; essere fratelli e sorelle che accompagnano gli ammalati nel loro percorso di sofferenza e di fragilità psicologica, infondendo serenità, fiducia in Dio, nonostante le dure prove della vita.
Cari fratelli e sorelle, non diventiamo insensibili nei confronti di Dio che in Gesù si fa a noi vicino. Il Natale di Gesù diventi per noi l’indicazione della via da percorrere in senso pastorale e in senso missonario. È la stessa via della Chiesa, quella dell’incarnazione. Come ha scritto san Giovanni Paolo II nell’enciclica Redemptor hominis (cf n. 13), «Gesù Cristo è la via principale della Chiesa. Egli stesso è la nostra via “alla casa del Padre”, ed è anche la via a ciascun uomo. Su questa via che conduce da Cristo all’uomo, su questa via sulla quale Cristo si unisce ad ogni uomo, la Chiesa non può esser fermata da nessuno». Grazie a Cristo il cristianesimo non perde la sua capacità di generare nuove civiltà. Il cristianesimo è la vera strada per il rinnovamento dell’Occidente e dell’Oriente. Non rinchiudiamoci nella mezza verità del «piccolo gregge». Accogliamo Cristo nel nostro cuore e, nello stesso tempo, doniamolo ai nostri fratelli, a tutti coloro che incontriamo nei luoghi della vita. Abbiamo coraggio di essere missionari come Gesù, il grande missionario. I nostri fratelli e sorelle, che non hanno avuto la gioia di incontrare Cristo, hanno il diritto di conoscerlo ed amarlo. Accendiamo col fuoco del suo amore il mondo intero.
+ Mario Toso