Monsignor Mario Toso presenta la II edizione del volume “Dimensione sociale della fede”

Il 7 marzo scorso all’Università Pontificia Salesiana di Roma si è svolta la presentazione della seconda edizione del volume del vescovo monsignor Mario Toso “Dimensione sociale della fede. Sintesi aggiornata di dottrina sociale della chiesa” (Las, Roma 2022). Questo testo si colloca al punto di sintesi di precedenti studi. Tra i suoi capitoli include pure un’ampia riflessione sui temi dell’ecologia integrale, dei nuovi mass media e delle migrazioni. Esprime l’esigenza di dare corpo, nella costruzione della società, alla dimensione sociale della fede, mediante il coinvolgimento di tutte le componenti ecclesiali.

Di seguito il video integrale dell’incontro

Intervista a monsignor Mario Toso, per una Chiesa “esperta di umanità”

Monsignor Toso, qual è la ricezione della Dottrina sociale della Chiesa oggi?

Si sta vivendo un momento cruciale per la Dottrina sociale della Chiesa (=Dsc), ma anche per la evangelizzazione del sociale e la sua connessione con la Pastorale sociale. Con il tempo, anziché divenire più prezioso il contributo della Dsc nell’animazione e nella costruzione di una nuova società secondo il primato del Vangelo è, al contrario, cresciuto l’infeudamento dei valori cristiani alle scelte di scuderia dei partiti. Sembra, in sostanza, che sia venuta meno la consapevolezza nella valenza critica e rinnovatrice della Dsc rispetto al prevalere di un sapere unico, di una cultura immanentista, priva di trascendenza. Diventa, pertanto, necessario indicare le ragioni fondamentali della capacità della Dsc di superare la crisi della ragione, sia speculativa sia pratica; di offrire le basi di un umanesimo trascendente, come anche un sapere sapienziale, all’altezza delle sfide odierne, senza alcun «complesso d’inferiorità».

Cosa impedisce il superamento di tutto questo?

La Dsc è ben di più di un semplice sapere teorico, astratto, come spesso viene scambiata. Per focalizzare meglio la natura della Dsc va preso in considerazione in particolare il n. 41 della Sollicitudo rei socialis, l’Insegnamento sociale della Chiesa. In esso si legge che la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire ai molteplici problemi sociali. Essa, infatti, non propone sistemi o programmi economici e politici, né manifesta preferenze per gli uni o per gli altri, purché la dignità dell’uomo sia debitamente rispettata e promossa e a lei stessa sia lasciato lo spazio necessario per esercitare il suo ministero nel mondo. La Chiesa è «esperta in umanità». Ciò la spinge a estendere necessariamente la sua missione religiosa ai diversi campi in cui uomini e donne dispiegano le loro attività, in cerca della felicità, pur sempre relativa, che è possibile in questo mondo, in linea con la loro dignità di persone. Ecco perché la Chiesa ha una parola da dire oggi, come anni fa, e anche in futuro, intorno alla natura, alle condizioni, esigenze e finalità dell’autentico sviluppo e agli ostacoli, altresì, che vi si oppongono. Così facendo, la Chiesa adempie la missione di evangelizzare.

Lei sottolinea che la Dottrina sociale della Chiesa non è una «terza via» tra capitalismo liberista e collettivismo marxista, e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno contrapposte.

La Dsc costituisce una categoria a sé. Non è neppure un’ideologia, ma l’accurata formulazione dei risultati di un’attenta riflessione sulle complesse realtà dell’esistenza dell’uomo, nella società e nel contesto internazionale, alla luce della fede e della tradizione ecclesiale. Suo scopo principale è di interpretare tali realtà, esaminandone la conformità o difformità con le linee dell’insegnamento del Vangelo sull’uomo e sulla sua vocazione terrena e insieme trascendente; per orientare, quindi, il comportamento cristiano. Essa appartiene, perciò, non al campo dell’ideologia, ma della teologia e specialmente della teologia morale. L’insegnamento e la diffusione della dottrina sociale fanno parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. E, trattandosi di una dottrina indirizzata a guidare la condotta delle persone, ne deriva di conseguenza l’«impegno per la giustizia» secondo il ruolo, la vocazione, le condizioni di ciascuno.

La Dsc ci invita dunque a non essere semplici spettatori, ma costruttori della realtà sociale.

A fronte dell’urgenza di superare ingiustizie, diseguaglianze, guerre fratricide, migrazioni di popolazioni tra i vari continenti, crisi climatiche, idriche, energetiche, inquinamenti, è sempre più evidente l’urgenza di creare un nuovo mondo, avendo cura del creato e della pace. Ne consegue – specie in un contesto in cui domina una cultura transumanista, tecnocratica, peraltro fluida e instabile dal punto di vista antropologico ed etico, tendente a formare un pensiero unico e livellante le varie identità -, l’importanza imprescindibile del sapere teorico-pratico della Dsc. A proposito della concretizzazione storica della Dsc in campo politico non è inutile ricordare – a mo’ di sprone – quanto Giuseppe Lazzati diceva con riferimento ai cattolici. E, cioè, che essi, pur essendo dotati di un prezioso tesoro culturale e spirituale, più di una volta sono apparsi incapaci di tradurlo in linguaggio politico, in azione innovativa.

da Il Piccolo di Faenza