Gettare le reti per costruire il Regno di Dio. La Nota pastorale a cura del Vescovo Mario

Di seguito viene pubblicata la Nota Pastorale “Gettare le reti per costruire il Regno di Dio” a cura di S. Ecc. Mons. Mario Toso. La Nota è stata redatta in occasione dell’ultimo giorno della Tre Giorni del Clero, giovedì 15 settembre scorso.

Nota pastorale

GETTARE LE RETI PER COSTRUIRE IL REGNO DI DIO

 

Premessa

Nel mese di settembre 2022 è stato inviato il Vademecum per il secondo anno del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia, realizzato dal Gruppo di Coordinamento Nazionale e appena approvato dalla Presidenza CEI.

Il documento rappresenta una sorta di sussidio metodologico con cui presentare la proposta dei “cantieri sinodali” e della loro restituzione alla fine del secondo anno della “fase narrativa” e sarà oggi stesso inoltrato a tutti i referenti diocesani.

Essendo intensamente impegnati nel cammino sinodale è parso opportuno non predisporre una Lettera pastorale da parte del Vescovo. Piuttosto si è pensato di proporre – in linea con l’impegno dell’annuncio, asse centrale nella partecipazione alla missione di Gesù Cristo – alcune riflessioni sul compito dell’evangelizzazione e su alcuni pericoli in cui può incorrere l’operaio del Vangelo.

Vi è oggi, infatti, da parte dei cristiani e delle loro comunità, la tentazione di rinchiudere l’annuncio entro le mura e il recinto delle chiese, delle aggregazioni e dei movimenti. L’imperativo di Gesù: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete (Gv 21,6) cosa dice ad ogni fedele ed a singole comunità di fede? Oggi il cristiano che vive nel mondo e vuol essere coerente con il Vangelo, un vero missionario, deve liberarsi da alcuni mali che ledono la vita cristiana e non permettono di ascoltare e vivere la parola di Dio. Si accenna qui ad alcuni mali: la superficialità spirituale, l’individualismo, l’attivismo, il razionalismo, la frattura tra Parola e vita.

Uscire dalla superficialità spirituale

La vita cristiana, per superare la situazione odierna di smarrimento, di stanchezza e di crisi, particolarmente in alcuni ambienti ecclesiali e di comunità, deve obbedire alla parola di Gesù di gettare la rete nel mare del mondo, cioè deve scuotersi energicamente, deve uscire da quel torpore spirituale intimistico, che rappresenta anche super­ficialità spirituale. Ogni comunità ecclesiale deve fare qualcosa per costruire il Regno di Dio e porsi in cammino con la parola del Signore. Gesù invita i discepoli, scoraggiati e delusi dalla pesca infruttuosa, a rientrare in sé stessi, a confessare la propria debolezza ed a riprendere con coraggio il lavoro apostolico, non confidando su progetti umani e persona­li, bensì sul progetto di Dio: un progetto aperto a tutti, non solo ad un «piccolo gregge». Si tratta di vivere la quotidianità cristiana secondo la fede, e far leva sulla forza e sull’iniziativa gratuita e misericordiosa di Dio, sulla sua Parola e sull’azione dello Spirito Santo, pronto con il suo amore a guidare la Chiesa e a fare di tutti i popoli della terra un’unica famiglia, la famiglia di Dio. Soltanto una fede che poggia su convinzioni solide, fondata su una scelta personale e su un recupero d’interiorità, permette di superare l’asfissia spirituale di singoli e di comunità che, spesso, sono prese dal vortice delle cose esteriori e dall’immediato. Anche il cristiano conduce talvolta la sua vita come persona alienata, estranea al suo compito, tutto proteso all’esterno, in un attivismo sterile, nella realizzazione di progetti individuali o di successo momentaneo. La più grande minaccia che il credente deve affrontare, afferma Papa Francesco, è «il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità».[1] Occorre progredire, invece, nella vita spirituale per testimoniare al mondo con convinzione sincera l’appartenenza a Dio, a colui che ha amato per primo ogni uomo. Il Dio cristiano è un Dio vicino, un Dio che è entrato nella vita dell’umanità, si è avvicinato di persona all’uomo, non si stacca mai da lui e tutti possono toccare questa sua vicinanza, poggiando sulla sua forza e non sulla debolezza e superficialità umana. Prima di ogni altra cosa va creduto e annunciato che Dio si è incarnato e con ciò si è avvicinato a noi. È venuto ad abitare in noi, che così siamo stati graziati, «misericordiati». Prima di ogni nostra parola su Dio c’è la sua Parola per noi, c’è la sua presenza in noi, che continua a dirci: «Non temere, sono con te. Ti sono vicino e ti starò vicino»,[2] per camminare accanto a te nella vita spirituale, superando ogni forma di superficialità e di mondanità.

Superare l’individualismo

Il discepolo del Signore, per approfondire sem­pre più il senso della sua vocazione missionaria nel mondo, deve superare lo scoglio pericoloso dell’individualismo, che è sempre in agguato, e rende sterile qualsiasi attività in tema di evangelizzazione. L’individualismo consiste nel considerare soltanto sé stessi, le proprie intenzioni e le proprie condizioni, il proprio gruppo, il circolo ristretto, con l’esclusione più assoluta di ogni altro apporto. Ci si trova in tale stato d’animo quando si proietta all’esterno il proprio modo di concepire la vita senza fare attenzione alle esigenze dei fratelli e delle sorelle; quando si è schiavi di tutto ciò che si vuole esclusivamente per sé stessi, per il proprio tornaconto, che è il proprio egoismo camuffato da missione ecclesiale, senza cogliere il grido di dolore del mondo circostante, in particolare quello dei poveri e degli indifesi. Papa Francesco nella Lettera Enciclica Fratelli tutti ci ricorda che: «L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli, perché la mera somma degli interessi individuali non è sufficiente per creare un mondo migliore per tutta l’umanità e non può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. L’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere. Inganna. Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni individuali, come se accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune».[3] Non è difficile guardare nell’ambiente dove si vive, nell’attività pastorale e constatare quanti rapporti tendono all’individualismo: quelli di convenienza e quelli di rivalità. La ragione vera è che molte volte nelle relazioni umane non vi è una radice profonda. Si rimane sempre alla superficie degli avvenimenti. Non si arriva a toccare il proprio cuore e quello degli altri: si è affamati di amore, di verità e di vita e non si comprende che l’amore, la verità e la vita sono in Dio, nell’evento dell’Eucaristia, nella Parola fatta carne, accolta, interiorizzata e donata agli altri. I discepoli del Signore, invece, si comportano in modo del tutto diverso: «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia ad un uomo che guarda il proprio volto allo specchio, ed appena s’è guardato se ne va, e subito dimentica come era» (Gc 1,22-24). Ciò che essi hanno voluto insegnare è stato detto dal Padre della Chiesa Martino di Braga: «Se volete iniziare qualche buona azione, non fatelo con il proposito di acquisire fama, ma con la cura ed il desiderio di fare del bene. Quando, poi, l’avrete portato a termine, sorvegliate il vostro cuore con la maggiore attenzione possibile, in modo da non compiacervi con voi stessi, consentendo alle approvazioni degli uomini e stimandovi troppo, o cercare la gloria in qualunque cosa facciate, poiché la natura della gloria è come l’ombra del corpo: se la seguite fugge, se fuggite, vi segue. Consideratevi sempre, invece, inferiori a tutti, e ricordare che qualsiasi provvidenza la vita vi abbia riservato, dovete attribuirla non a voi che l’avete ricevuta, ma a Dio che ve l’ha data».[4]

Uscire da sé stessi, pertanto, significa realizzarsi, avere orizzonti ampi nel compiere la vocazione di discepoli per il Vangelo. È saper individuare ed abbracciare i progetti di salvezza che Dio ha preparato per ogni uomo. La motivazione di ogni azione apostolica, dunque, va trovata nell’unione con il Signore in modo che la vita cristiana del singolo e di ogni comunità sia animata da quella stessa carità e da quello stesso zelo per le anime che spinse Gesù al dono della sua vita per tutti. Non è possibile intraprendere un cammino di vita cristiana indipendentemente dagli altri fratelli di fede e senza ascoltare con essi la parola di Dio. Si tratta di disporsi alla fatica ed alla gioia del cooperare con i fratelli e le sorelle per la causa del Vangelo e del Regno, e dar vita così alla famiglia dei figli di Dio e alla civiltà dell’amore, per cui si possa dire con l’apostolo: «Vi esorto, pertanto, fratelli, per il nome del nostro Signore Gesù Cristo ad essere tutti uniti nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire» (1Cor 1,10). Giovanni Crisostomo lascia intendere bene il senso di tale esortazione: «È possibile concordare nei pensieri, ma non negli intenti, come quando, pur avendo la stessa fede, non si è uniti nell’amore. Molto spesso siamo uniti nei pensieri ma non negli intenti. Ciò accadeva anche agli inizi, poiché venivano scelti come guide delle singole Chiese chi l’uno e chi l’altro. Paolo proprio per tal motivo scrive che bisogna essere uniti nel pensiero e negli intenti».[5] Ciò vuol dire liberarsi dall’individualismo e ritrovare tutti insieme il senso dei gesti semplici ed evangelici, ponendo in Cristo, nei fratelli e nelle sorelle di fede una fiducia completa e gioiosa.

Liberarsi dall’attivismo     

Un altro aspetto debole dell’operaio del Vangelo che rischia sempre più di svuotare la sua azione pastorale a servizio di Dio e del prossimo è il pericolo dell’attivismo e dell’esteriorità. Il profeta Geremia così presenta questo pericolo: «Il loro orecchio non è circonciso, non sono capaci di prestare attenzione» (Ger 6,10). L’accadere di tale condizione, particolarmente nella società odierna dell’efficienza, della fretta e dell’usa e getta, rende sterile e vuota la vita cristiana, limita l’azione pastorale agli aspetti organizzativi ed istituzionali e rende la pratica quotidiana della lettura orante della Parola un’attività tra le tante. Di fronte all’attivismo che impoverisce la vita di fede, va contrapposta la necessità della preghiera e dell’ascolto della parola di Dio. Papa Benedetto XVI con forza ha insegnato: «È venuto il momento di riaffermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivismo ed al secolarismo incombente».[6] Anche papa Francesco afferma che si vince l’attivismo con la preghiera e la Parola, quando afferma: «Attraverso la preghiera, la parola di Dio viene ad abitare in noi e noi abitiamo in essa. La Parola ispira buoni propositi e sostiene l’azione; ci dà forza, ci dà serenità, e anche quando ci mette in crisi ci dà pace. Nelle giornate ‘storte’ e confuse, assicura al cuore un nucleo di fiducia e di amore che lo protegge dagli attacchi del maligno».[7]

 

All’azione pastorale deve essere privilegiata sempre la Parola pregata, perché è da questa che l’agire apostolico trova lo slancio e la forza nella Chiesa. La cura dell’identità cristiana, anche di fronte alle molte incombenze pastorali che la vita frenetica d’oggi richiede, deve avere sempre il primo posto, perché l’essere discepoli del Signore ha una radice divina che supera ogni istanza umana: «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12,7). Al riguardo si può dire con Basilio di Cesarea: «Chi riceve un dono non lo riceve soltanto per sé stesso, ma anche per i fratelli, onde nella vita comunitaria la forza dello Spirito Santo concessa ad un solo fratello diventa di tutti. Chi vive per sé stesso può, forse, avere un carisma, ma lo rende inutile per il suo modo di vivere egoistico, per cui lo seppellisce in sé stesso, e voi tutti che leggete il Vangelo sapete il pericolo che costui corre. Chi, al contrario, vive, la vita della comunità, gode del suo proprio carisma e l’amplifica, perché ne rende partecipi i fratelli e riceve beneficio dai carismi altrui come se fossero divenuti suoi».[8] Giovanni Paolo II ha espresso su questo punto un concetto molto chiaro: «Il primo dovere è quello di essere con Cristo. Un pericolo costante per gli operai apostolici è di farsi coinvolgere talmente dalla propria attività per il Signore, da dimenticare il Signore di ogni attività».[9] Dio, quindi, deve trovarsi al centro di tutto ciò che il credente o la comunità cristiana fa o dice, perché «il Signore soltanto è riconosciuto giusto, e non c’è altri al di fuori di lui […] e tutto obbedisce alla sua volontà» (Sir 18,2-3).

Non cadere nel razionalismo

Ogni discepolo, come ogni comunità, per ritrovare la sinergia tra la vita cristiana e l’azione apostolica ordinata alla riaffermazione del senso autentico della vocazione ricevuta, deve uscire dal vortice di un clima culturale sovrabbondante e vuoto, nonché da quant’altro che possa essere causa di distrazione. Ciascuno deve sottrarsi anche al pericolo di parole vuote e troppo umane, che non sono sempre comprensibili e fa­cili da tradurre nella vita quotidiana, mentre deve ancorarsi alla cultura sapienziale della parola del Vangelo. Questo è il motivo per il quale Paolo ha fatto della carità il punto fondamentale della sapienza evangelica: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo che rimbomba o come un cembalo che strepita» (1Cor 13,1). Origene fa intendere molto bene il senso di tale testo: «Come il bronzo sonante produce un suono inarticolato, come il cembalo tintinnante non dà nessun suono chiaro, allo stesso modo una lingua senza amore, anche se fosse una lingua di angeli che si trovassero tra gli uomini, sarebbe priva di significato. Niente, infatti, quanto l’amore, rende chiare le parole degli uomini o degli angeli. Se, invece, esso manca vien detto: Non vale nulla».[10] Si tratta di fidarsi e di credere in Gesù che ha parole di vita eterna (cf Gv 6,68-69), e di uscire da un razionalismo fatale, tipico della cultura occidentale, che uccide lo Spirito d’amore e di verità e non permette di entrare con sapienza nel cuore delle Scritture. Si è inondati da radio, giornali, Tv, strumenti digitali e da un martellare di notizie e di parole superficiali spesso senza senso. Si tratta, invece, di obbedire, come gli apostoli, alla parola del Signore, anche quando essa diviene esigente e faticosa. La Parola sia posta al centro di ogni scelta pastorale ed apostolica nella convinzione che è il Vangelo da mettere nel cuore dell’uomo d’oggi, e purificare il linguaggio umano per aprirlo all’amore pieno di verità (cf Caritas in veritate di Benedetto XVI), a parole sagge e di alta moralità. Gesù chiede a tutti i discepoli di ieri e d’oggi di ascoltare e di vivere la sua Parola con piena disponibilità e di fondare in lui, che è l’unico Maestro, ogni iniziativa apostolica, perché egli soltanto può aprire orizzonti nuovi di luce spirituale e di senso dell’esistenza.

La Bibbia, infatti, quale libro sapienziale, nasce come parola vissuta e come testimonianza scritta della vita di un popolo. Essa è il riflesso del cammino di fede dell’antico Israele (AT) e della Chiesa primitiva (NT), ed è altresì un modello di vitalità e di confronto per ogni comunità di fede presente e futura. Anche il credente incontra sulla sua via il Signore della storia e progressivamente fa maturare nel proprio cuore una risposta di fede. Il Nuovo Testamento, infatti, non è solo opera dell’uomo, poiché raccoglie le ventisette opere inviateci dallo Spirito Santo delle quali i compositori ne sono stati soltanto gli amanuensi ispirati. La Bibbia è la parola di Dio incarnata prima nella storia del popolo ebraico, e poi in quella di Gesù e dei suoi discepoli. Come esempio basta ricordare le grandi assemblee del popolo di Dio nell’Antico Testamento (cf Gs 24; Dt 27; 2 Cr 34; Esd 8). Si può affermare, quindi, con tutta certezza per ciascun libro della Bibbia ciò che Karl Rahner ha scritto: «I libri del Nuovo Testamento sorgono come processi vitali della Chiesa; sono il deposito di ciò che viene tramandato e predicato in essa e per mezzo suo, come sua fede. Sono scritti che sorgono quali affermazioni della fede della Chiesa, come lettere, esortazioni, prediche…».[11]  La Chiesa, pertanto, nasce, vive ed opera per alimentare non tanto l’intelligenza umana, ma l’intelligenza sapienziale della Parola, che è fin dall’inizio una pagina sacra, nonché l’esperienza di Dio in ciascuno di noi e nella comunità di fede.

Unire la frattura tra la Parola e la vita

Un aspetto ulteriore di debolezza e di carenza nella vita cristiana è quello della separazione tra la fede e la vita quotidiana.[12] Il cristiano d’oggi, spesso, non è educato a coniugare la fede e la vita, a viverla nelle sue attività quotidiane e ad operare scelte evangeliche forti, sia a livello personale sia a livello comunitario. Tale dissociazione è molto accentuata anche tra i fedeli impegnati nella vita cristiana e religiosa: altro è la lettura della parola di Dio ed altro è viverla nel quotidiano. Si ha l’impressione che persista in molti cristiani una forma d’intellettualismo gnostico, quasi che ba­sti conoscere o comprendere una verità per credere già di vi­verla e di praticarla. Portare la Parola nella vita quotidiana richiede fedeltà, impegno, ascesi e confronto continuo. Il contatto tra tali real­tà, cioè tra la parola di Dio e la vita quotidiana, ancora non avviene con facilità e spontaneità nei discepoli di Gesù. Si costata spesso, al contrario, che la stra­da che si percorre per vivere la Parola, come l’annuncio del Vangelo, la catechesi, lo studio della teologia, la stessa meditazione e così via, vada su binari diversi da quelli che si percorrono nella realtà. Non viene ancora facile e spontaneo cantare nel proprio cuore: «Dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne, in terra arida, assetata, senz’acqua» (Sal 63,2), perché il vero impedimento è proprio il deserto morale, privo di valori e di virtù della vita quotidiana. La meditazione di tanti credenti, ad esempio, è spesso più un fare esercizio della parola di Dio, un abban­donarsi a forme d’intellettualismo e di psicologismo piuttosto che offrire disponibilità spirituale al dono della Parola ed all’iniziativa dello Spirito. Se si operasse in modo opposto, il credente si aprirebbe alla contemplazione ed all’interiorizzazione della Parola che verrebbe posta subito in atto nella vita giornaliera, secondo il monito già ricevuto: «Custodisci i miei precetti e vivrai. Acquista la sapienza, acquista l’intelligenza; non dimenticare le parole della mia bocca e non allontanartene mai. Non abbandonarla ed essa ti custodirà; amala e veglierà su di te» (Pr 4,4-6).

La meta che propone la parola di Dio al fedele è di fondare la vita su Cristo, quale punto unico di riferimento sul piano della mentalità e dell’azione, come canta il Salmista: «Beato l’uomo che nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo, le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene» (Sal 1,1-3). Questo è un modo di orientarsi che, facendosi progressivamente esplicito ed interiorizzato, aiuta a conoscere lo stato personale di fragilità spirituale e di peccato. Aiuta, inoltre, a riconsiderare il senso dell’esistenza ed a concepire la storia come la concepì il Signore; a giudicare la vita secondo la logica del Vangelo, ad amare e sperare come insegna Cristo. Ogni persona nel cammino spirituale deve assumersi le proprie responsabilità e ricercare il significato ultimo della propria esistenza. Il cristiano, quale partecipe di un popolo di credenti, deve vivere con libertà la sua fede, annunciarla e celebrarla con gioia nella vita quotidiana, fino a far maturare quegli atteggiamenti che lo portano ad aprirsi sinceramente alla verità ed all’amore per ogni fratello. La parola di Dio, invero, aiuta a fare un tutt’uno con il ritmo della vita quotidiana e con la vita stessa della Chiesa. Afferma Benedetto XVI: «È importante che ogni modalità di annuncio tenga presente, innanzitutto, la relazione intrinseca tra la comunicazione della Parola di Dio e la testimonianza cristiana, Da ciò dipende la stessa credibilità dell’annuncio. Da una parte, è necessaria la Parola che comunichi quanto il Signore stesso ci ha detto. Dall’altra, è indispensabile dare, con la testimonianza, credibilità a questa Parola, affinché non appaia come una bella filosofia o utopia, ma piuttosto come una realtà che si può vivere e che fa vivere».[13]

Conclusione

L’Europa è immersa in un clima culturale in buona parte sfavorevole alla fede cristiana, tanto che negli ultimi tempi ha acquisito una tradizione filosofica di stampo agnostico con presenze forti di ateismo. Ci si chiede: le comunità cristiane potranno essere pro­fetiche in un ambiente siffatto con riguardo alla missione pastorale della Chiesa, che propone la fede come un processo continuo? Come potranno esserlo le comunità che dovrebbero rinnovare la fede in aree culturali spesso indifferenti se non ostili? Oggi è necessario riconsiderare la cultura religiosa al livello popolare, al fine di renderla accessibile a tutti i ceti sociali per superare bar­riere d’ogni genere. Dev’essere riproposta la necessità di una inculturazione della fede, che dia un senso alla vita, e faccia conoscere la bellezza del messaggio evangelico. L’esercizio di tale virtù, però, deve essere la conseguenza di convinzioni profonde e personali, particolarmente negli strati sociali in cui la religione non occupa più una po­sizione dominante. La fede deve essere in grado, sempre e comunque, di affermarsi anche in areopaghi atei o pa­gani e, pertanto, occorre ritornare a san Paolo, il quale nell’areopago di Atene diceva: «Osservando i vostri monumenti sacri ho trovato anche un altare con l’iscrizione: ad un Dio ignoto. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio» (At 17,22-23). La società pluralista europea, invero, ha bisogno di Dio e della sua Parola, quale espressione suprema di fratellanza, di amore e di giustizia. Appaiono evidenti, per realizzare tutto ciò, alcuni impegni e compiti pastorali che coinvolgono tutte le strutture ecclesiali e tutti i fedeli, e tener conto, inoltre, di due fattori di cui si valse anche Gesù nella sua missione apostolica. Il primo concerne l’ascolto delle aspettative dell’uomo di oggi, determinate dalla sua cultura e della sua sensibilità, al fine di conoscere i desideri più profondi e nascosti del suo cuore. Dio, infatti, è presente in ogni uomo che desidera avvicinarsi a lui con sincerità di cuore. Ma parimenti è necessario presentare all’uomo d’oggi, con trasparenza e coraggio evangelico, la bellezza e la trascendenza della Parola di Dio. San Paolo ci ricorda in modo luminoso tale realtà di fede: «Il vangelo da me annunziato non segue un modello umano; infatti, io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo» (Gal 1,11-12).

 

15 settembre 2022.

APPENDICE ALLA NOTA PASTORALE

 

Istituzione del ministero laicale del catechista e catecumenato per i fidanzati

Approfitto di ricordare che nelle nostre parrocchie occorre impostare dei percorsi formativi in accordo con gli incaricati diocesani in vista della preparazione di ministri per il catechismo.

Nella nuova configurazione delle Unità pastorali, specie nelle attuali condizioni di rarefazione della presenza dei giovani e di eclissi degli adulti nella trasmissione della fede e nell’educazione ad essa, diventa più cogente l’annuncio del Vangelo da parte di tutti, l’accompagnamento delle famiglie, la formazione della dimensione sociale della fede, la catechesi, specie dei giovani e degli adulti. Papa Francesco ci ha invitati ripetutamente a prestare l’attenzione su questo ultimo aspetto. Con una lettera apostolica recante il titolo Antiquum ministerium ha istituito il ministero laicale di catechista. Questo ministero possiede una forte valenza vocazionale che richiede il dovuto discernimento da parte del Vescovo e si evidenzia con il Rito di istituzione. La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha pubblicato il testo del Rito dellistituzione dei catechisti nel dicembre 2021. Inoltre, come ben sapete, il pontefice ha incoraggiato tutte le comunità nell’organizzare un catecumenato per i fidanzati in vista del matrimonio.[14]

 

Desiderio desideravi. Lettera apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio

Non possiamo dimenticare la Lettera apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio. Questa Lettera è stata oggetto di riflessione e di meditazione nell’incontro tenutosi a Modigliana lo scorso 4 agosto 2022 ed è stato distribuito ai presenti. Esso rappresenta, con la sua forma semplice e accessibile, un valido strumento per l’animazione liturgica delle nostre comunità. Il documento, indirizzato a presbiteri e diaconi, persone consacrate e fedeli laici, nasce per condividere con loro una riflessione sulla Liturgia nella vita della Chiesa e di ogni singolo credente. Pur nella vastità del tema, il papa offre alcuni spunti per contemplare la bellezza e la verità del celebrare cristiano. Bellezza e verità che derivano innanzitutto dal suo essere un incontro reale con Cristo che ci fa vivere l’«oggi» della storia della salvezza. La Liturgia è antidoto al veleno della mondanità spirituale. È luogo ove si gode dello stupore per il mistero pasquale.[15]

 

 

INFORMAZIONI

 

  1. Altre informazioni rispetto al presbiterio.

Don Stanislao Rafalko ha assunto l’ufficio di amministratore parrocchiale, quanto alla cura delle anime, sia di Rossetta sia della parrocchia del Ss. Cuore di Gesù di Alfonsine, mantenendo anche l’incarico di vicario parrocchiale di S. Maria in Alfonsine.

Dopo la morte del professore don Antonio Baldassari, don Tarcisio Dalle Fabbriche è stato nominato amministratore parrocchiale cura animarum delle parrocchie di S. Biagio in Cosina e dei Ss. Apollinare e Mamante in Oriolo.

Mons. Pietro Scalini, come è già stato comunicato, si trasferirà in Russia per esservi incardinato a partire dal 1° ottobre.

Sempre a fare data dal 1° ottobre, Don Antonio Samorì entrerà in previdenza integrativa e gli subentrerà Don Davide Ferrini quale amministratore parrocchiale di S. Margherita in Ronco. Don Antonio Samorì continuerà a celebrare la S. Messa e ad amministrare i Sacramenti in base alle richieste dei Parroci della nostra Diocesi.

Il 4 settembre scorso nella cattedrale di Faenza si è tenuta l’ordinazione diaconale di Matteo Babini e di Luca Ghirotti con grande concorso e partecipazione delle parrocchie di provenienza e di impegno pastorale dei nostri due ordinati.

  1. Nuova denominazione delle Unità Pastorali.

Non si tratta di un semplice cambio di denominazione, ma anche di un nuovo modo di essere Chiesa sul territorio: valorizzare i carismi delle singole realtà parrocchiali, mettere in rete centro e periferia, proseguire un cammino di formazione comune che abbia al centro l’Annuncio. Con il decreto firmato dal vescovo il 20 luglio scorso cambiano le denominazioni delle Unità pastorali. Con tale Decreto le si vogliono rendere più riconoscibili e protagoniste. Nelle nuove denominazioni prevale l’aspetto territoriale. È a partire da questo che le parrocchie, riunite nelle varie Unità pastorali, proseguono un cammino comune con il quale condividono percorsi, risorse, celebrazioni. La cooperazione tra le comunità parrocchiali deve qualificare il loro Annuncio. L’importanza delle Unità pastorali è già stata sottolineata nel sussidio pastorale 2020-21 Nuova evangelizzazione luoghi pastorali: «Proprio per meglio portare il Vangelo vicino al Popolo, vivente nelle mutate circostanze – si legge -, la parrocchia è chiamata a realizzare una nuova esperienza comunitaria, a ripensare il ministero e la missione dei sacerdoti, dei diaconi, dei fedeli laici, dei religiosi, delle associazioni e dei movimenti. Tale compito non costituisce un peso da subire, ma una sfida da accogliere con entusiasmo al fine di essere una comunità evangelizzatrice, che possiede come criterio guida per il rinnovamento la missione». Le Unità pastorali da tempo vanno in questa direzione: diversi gli esempi virtuosi messi a frutto in questi anni, come la Caritas del Monticino a Brisighella, che mette in rete le parrocchie nel sostegno e animazione caritativa alla vallata. Oppure Pieve Ponte, dove è stato possibile avviare un percorso legato ai gruppi ministeriali.

  1. Settimana sociale dei cattolici e comunità energetiche

Sono già stati pubblicati gli Atti della 49a Settimana sociale dei cattolici 21-24 ottobre 2021: Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso (Edizioni Palumbi, Teramo 2022). Quattro sono gli obiettivi concreti proposti dalla Settimana sociale di Taranto: 1) costruire comunità energetiche; 2) diventare una società carbon free e votare col portafoglio per premiare le aziende capaci di intrecciare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale; 3) promuovere e utilizzare prodotti caporalato free; 4) creare alleanze intergenerazionali e con la società civile.

In seguito agli orientamenti offerti dall’ultima Settimana sociale dei cattolici ho formalmente nominato in data 12 settembre 2022, una specifica Commissione per la costituzione delle comunità energetiche che è così composta: Ing. Massimo Alberti, Giorgio Erbacci, Don Davide Ferrini, Dott. Maurizio Ghini, Ing. Luca Ghirotti, Fabrizio Liverani, Dott. Andrea Pazzi, Dott.ssa Giovanna Randi, Dott. Flavio Venturi, Ing. Pier Luigi Zanotti. La Commissione ha il compito di esaminare la situazione, riunire competenze multidisciplinari, elaborare progetti che possano rappresentare per le nostre comunità ecclesiali uno stimolo alla costituzione di comunità energetiche le cui coordinate siano quelle umanistiche e comunitarie. Alla Commissione, che nel corso della prima riunione si darà una struttura organizzativa, ci si potrà rivolgere per formulare richieste di chiarimenti sulle complesse tematiche coinvolte.

La scelta di costruire comunità energetiche è una scelta etica, frutto di un cammino di riflessione a partire dall’enciclica Laudato sì (=LS) e fondato sulla consapevolezza che l’umanità è chiamata a prendersi cura della «casa comune». La stessa LS indica l’esistenza di cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. In tale processo è auspicabile che siano coinvolte le parrocchie e le scuole cattoliche. Si tenga anche presente che nell’attuale contingenza di crisi energetica la scelta di costruire comunità energetiche non corrisponde solo ad una scelta etica, ma anche ad una precisa necessità di carattere economico per evitare il default di nostre realtà parrocchiali, educative, scolastiche, aggregative. Questa situazione comporterà la necessità di valutare attentamente l’utilizzo di spazi e locali, siano essi chiese, aule oratoriali, teatri, in generale i luoghi di incontro e di aggregazione, anche se concessi in uso a terzi.

Il quadro normativo: il decreto legislativo 199/2021

A distanza di nove mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo 199/2021, approvato dal Parlamento italiano in recepimento della direttiva europea 2018/2001 con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili, mancano ancora i provvedimenti attuativi necessari per l’effettiva applicazione della legge. Tale ritardo sta frenando la diffusione di uno strumento fondamentale per combattere la povertà energetica e l’emergenza climatica. Da qui nasce l’appello al governo lanciato da 77 realtà tra associazioni, diocesi, fondazioni e movimenti per sbloccare la «svolta» delle comunità energetiche.

La nuova legge regionale 27 maggio 2022 n. 5

La Regione Emilia Romagna ha approvato la legge regionale 27 maggio 2022 n. 5 su Promozione e sostegno delle comunità energetiche rinnovabili e degli autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente.

È così giunto al termine l’iter legislativo finalizzato a sostenere lo sviluppo delle Cer (comunità energetiche rinnovabili) e dell’autoconsumo collettivo: gruppi di persone fisiche, imprese, enti territoriali, di ricerca e formazione, religiosi, del terzo settore e di protezione ambientale che decidono di agire collettivamente per produrre, distribuire, scambiare, accumulare energia a impatto zero attraverso impianti di energia rinnovabile.

L’obiettivo, come detto sopra, è quello di contribuire in maniera concreta al raggiungimento della piena decarbonizzazione e di ridurre le emissioni di gas nocivi (climalteranti in atmosfera). Per raggiungere tali obiettivi è necessario un maggiore sfruttamento del potenziale delle fonti di energia rinnovabile, promuovendo un sistema energetico decentrato e interconnesso, anche grazie ad un ruolo più attivo dei clienti finali.

Le comunità energetiche consentiranno di incrementare la produzione, l’utilizzo e l’accumulo delle energie rinnovabili valorizzando progetti e azioni di coesione sociale, per ridurre il consumo di energia dalla rete e per contrastare la povertà energetica. Cittadini, imprese, enti locali, associazioni, enti ecclesiastici potranno essere al centro della transizione energetica e protagonisti di un cambiamento senza precedenti. La Regione dichiara che avrà un particolare riguardo per i progetti a forte valenza sociale e territoriale che coinvolgano i soggetti svantaggiati associati tra loro, ma anche per le opportunità che si potranno creare per il mondo economico, con particolare riferimento alle piccole e piccolissime imprese commerciali e artigianali.

La legge individua le azioni di sistema e le misure di sostegno e promozione dell’autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche, prevedendo l’erogazione di contributi e strumenti finanziari che accompagnino le comunità dalla costituzione e progettazione, fino all’acquisto e all’installazione degli impianti di produzione e di accumulo. Inoltre, sono previste: iniziative di comunicazione, informazione e partecipazione dei cittadini sui temi dell’energia rinnovabile, dell’autoconsumo e della condivisione dell’energia anche in collaborazione con le agenzie per l’energia; formazione delle professionalità coinvolte; accordi con i Comuni e con l’Anci Emilia-Romagna finalizzati alla diffusione e alla condivisione delle migliori pratiche; il sostegno alla realizzazione di sportelli informativi e al potenziamento degli sportelli territoriali energia.

Per l’attuazione, oltre al primo stanziamento inserito nella legge di 200 mila euro per il 2022 e di 150 mila per il 2023, la Regione ha previsto di utilizzare le nuove risorse comunitarie destinando almeno 12 milioni di euro del Fondo europeo di sviluppo regionale, da affiancare alle risorse previste dal Pnrr.

Con questa legge la Regione non intende solo sostenere le tipologie di comunità energetiche coerenti con le disposizioni, ma anche contrastare la povertà energetica e favorire l’inclusione sociale mediante la concessione di contributi maggiori per la costituzione di comunità energetiche rinnovabili composte da soggetti con fragilità economica, oppure da enti del terzo settore, enti proprietari di gestione di alloggi di edilizia residenziale pubblica o sociale, o situate in aree montane e interne del territorio regionale o, in alternativa, che realizzino progetti di inclusione e solidarietà in collaborazione con gli enti del terzo settore o con gli enti locali.

  1. Rinnovo degli organi dell’IDSC

Il 31.12.2022 scadono il Consiglio di amministrazione e il Collegio dei Revisori dei conti dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Pertanto, stiamo avviando le procedure per il rinnovo degli organi dell’IDSC. Ai Vicari foranei è già stato chiesto tramite mail di attivarsi per l’individuazione di candidati all’ufficio di Consigliere e di Revisore, sia presbiteri che laici esperti in materia giuridico-amministrativa ed economica. I candidati così individuati sono poi sottoposti al voto del presbiterio diocesano a cui spetta l’elezione di 3 consiglieri e di un revisore. Al vescovo spetta la nomina degli altri 4 consiglieri e degli altri 2 revisori per completare il Consiglio di amministrazione e il Collegio dei revisori dei conti.

  1. Giornata di preghiera per la Pace in Ucraina

Anche la nostra Diocesi ha aderito alla Giornata di preghiera per la Pace in Ucraina che abbiamo già celebrato con un bel gruppo di sacerdoti a Tredozio lo scorso 30 agosto. Nei giorni scorsi il testo dell’Adorazione è stato inviato anche via mail e tramite la chat Presbiterio ufficiale su WhatsApp.

Sul tema della pace si segnala il saggio, che ho pubblicato e che è fondamentale per la pastorale sociale, intitolato Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace. Il caso Ucraina. Riflessioni per il discernimento, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2022.

  1. Situazione della Collegiata e del Santuario del Monticino di Brisighella

Nei giorni scorsi a seguito di gravi lesioni, provocate dal movimento del terreno e dalla siccità, si è proceduto, in accordo con le istituzioni e le autorità competenti, a chiudere dal 1° agosto la collegiata di Brisighella. Analogamente, per problemi di sicurezza è stato chiuso anche il Santuario della Madonna del Monticino. Le varie celebrazioni della comunità parrocchiale di Brisighella, grazie all’ospitalità dei frati, sono state spostate, a tempo indeterminato, nel complesso dell’Osservanza. Le opere d’arte appartenenti alla Diocesi, con il permesso della Soprintendenza, sono state temporaneamente collocate nel Museo Diocesano.

 

                                                     + Mario Toso, Vescovo

[1] Francesco, Evangelii gaudium (=EG), Tipografia Vaticana, Città del Vaticano 2022, n. 83.

[2] Francesco, Omelia della III Domenica del Tempo Ordinario, (24 gennaio 2021).

[3] Francesco, Lettera Enciclica Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale, n. 105, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2020.

[4] Martino di braga, Esortazione all’umiltà 8, in PL (J.P. Migne), Paris 1857, 1866.

[5] Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Corinzi 3,2, (a cura di C. Tirone), Cantagalli, Siena 1962.

[6]  Benedetto xvi, Deus caritas est, (25 dicembre 2005), n. 37.

[7]  Francesco, Udienza generale sul tema della Catechesi sulla preghiera, (27 gennaio 2021).

[8]  Basilio di cesarea, Le regole 7, (a cura di L. Cremaschi), Qiqajon, Magnano 1993.

[9]  Giovanni paolo ii, Messaggio alla Plenaria della SCRIS del 1980, 2.

[10] Origene, Sulla prima lettera ai Corinzi 49, in Esegesi paolina. I testi frammentari, (a cura di F. Ferri), Città Nuova, Roma 2009.

[11] K. Rahner, Sull’ispirazione della Sacra Scrittura, Morcelliana, Brescia 1967, 53.

[12] Su questo si legga: M. Toso, Cattolici e politica: un binomio che fa ancora discutere, in G. Galeazzi-M.Toso, Fede e regione nel terzo millennio, Tipografia Faentina Editrice, Faenza 2022, pp. 25-31.

[13] Benedetto xvi, Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini, LEV, Città del Vaticano 2010, n. 97.

[14] Cf Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le Chiese particolari, Paoline Editoriale Libri, Milano 2022.

[15] Cf Francesco, Desiderio desideravi. Lettera apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio, Paoline Editoriale Libri, Milano 2022.