Archivi della categoria: NOTIZIE ISTITUZIONALI

Visita canonica al monastero dell’Ara Crucis di Faenza

vescovo ara crucis

Il 10 aprile scorso durante la Visita canonica: la comunità quasi al completo (manca la fotografa) si è radunata insieme al vescovo monsignor Mario Toso e a suor Gabriella Mauri op, presidente della Federazione di monasteri domenicani “Santa Maria Maddalena” di cui l’Ara Crucis fa parte. Due visitatori anziché soltanto uno: è una delle novità introdotte dal Papa con i documenti Vultum Dei quaerere e l’Istruzione applicativa Cor orans. Sono state giornate intense di dialogo sincero, di confronto fiducioso, di clima sinodale.


Chiusura Uffici Curia dal 28 marzo al 6 aprile. Riapertura lunedì 8

Gli uffici della Curia diocesana che hanno sede in Viale Stradone 30 nei locali del Seminario, resteranno chiusi per le festività pasquali da giovedì 28 marzo a sabato 6 aprile. Riapriranno lunedì 8 aprile.
Gli uffici della Curia sono aperti al pubblico il martedì e il giovedì dalle 9.00 alle 12.30. La Curia diocesana è l’insieme degli organismi e delle persone che aiutano il vescovo nel governo della Diocesi, soprattutto nel dirigere l’attività pastorale, nel curare l’amministrazione della diocesi come pure nell’esercitare la potestà giudiziaria.

Tel: 0546 21642
E-mail: curia@diocesifaenza.it

Dichiarazione Ceer sul fine vita: “Esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione. La soluzione non è l’eutanasia”

La Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna si è riunita in Assemblea il 29 febbraio a Roma, dove si trova per la Visita ad Limina, e durante i lavori presieduti da Mons. Giacomo Morandi, Presidente Ceer e Vescovo di Reggio Emilia-Guastalla, ha predisposto una dichiarazione circa il fine vita, di cui si trasmette il testo.

 

Nascere, vivere, morire: tre verbi che disegnano la traiettoria dell’esistenza. La persona li attraversa, forte della sua dignità che l’accompagna per tutta la vita: quando nasce, cresce, come quando invecchia e si ammala. Sperimenta forza e vulnerabilità, intimità e vita sociale, libertà e condizionamenti.

Gli sviluppi della medicina e del benessere consentono oggi cure nuove e un significativo prolungamento dell’esistenza. Si profila così la necessità di modalità di accompagnamento e di assistenza permanente verso le persone anziane e ammalate, anche quando non c’è più la possibilità di guarigione, continuando e incrementando l’ampio orizzonte delle “cure”, cioè di forme di prossimità relazionale e mediche.

Alla base di questa esigenza ci sono il valore della vita umana, condizione per usufruire di ogni altro valore, che costruisce la storia e si apre al mistero che la abita, e la dignità della persona, in intrinseca relazione con gli altri e con il mondo che la circonda. Il valore della vita umana si impone da sé in ogni sua fase, specialmente nella fragilità della vecchiaia e della malattia. Proprio lì la società è chiamata ad esprimersi al meglio, nel curare, nel sostenere le famiglie e chi è prossimo ai malati, nell’operare scelte di politiche sanitarie che salvaguardino le persone fragili e indifese, e attuando quanto già è normato circa le cure palliative. Impegno, questo, che qualifica come giusta e democratica la società.

Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica.

La proposta della Regione Emilia-Romagna di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla.

Anche noi, Vescovi dell’Emilia-Romagna, pellegrini a Roma alle tombe degli Apostoli, vogliamo offrire un nostro contributo, sulla base della condivisa dignità della persona e del valore della vita umana, rivolgendoci non solo ai credenti ma a tutte le donne e gli uomini.

Esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione e il nostro netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto. Ma la soluzione non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono.

Tale prossimità e le ragioni che la generano hanno radici nell’umanità condivisa, nel valore unico della vita, nella dignità della persona, e trovano sorgente, luce e forza ulteriore in Gesù di Nazareth che, proprio sulla Croce, nella fase terminale della esistenza, ci ha redenti e ci ha donato sua madre, scambiando con Lei, con il discepolo amato e con chi condivideva la pena, parole e un testamento di vita unico, irrinunciabile, non dissimili a quelle confidenze che tanti cari ci hanno lasciato sul letto di morte.

Il suo dolore, crudelmente inferto, accoglie ed assume ogni sofferenza umana, innestandola nel mistero di Pasqua, mistero di Morte e di Risurrezione.

 

Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna

 

Visita ad limina. Tutti i vescovi dell’Emilia-Romagna in udienza da papa Francesco

Il 29 febbraio in Vaticano i Vescovi della Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna (Ceer) sono stati ricevuti da Papa Francesco in Udienza privata nella Biblioteca del Palazzo Apostolico in occasione della Visita ad Limina Apostolorum, in corso dal 26 febbraio al 2 marzo.

Erano presenti i Vescovi delle Diocesi dell’Emilia-Romagna – tra cui il nostro Vescovo, Mons. Mario Toso, insieme al Presidente Ceer, Mons. Giacomo Morandi, Vescovo di Reggio Emilia, e al Presidente Cei, Card. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna. L’incontro è stato un dialogo di oltre due ore e l’Udienza, già programmata per lunedì 26, era stata rinviata ad oggi per la persistenza di lievi sintomi influenzali del Papa. In questa settimana di Visita ad Limina si stanno pure svolgendo le visite dei Vescovi nei vari Dicasteri Vaticani, le celebrazioni liturgiche in alcune Basiliche e la visita alle tombe degli Apostoli.

I Vescovi Ceer, inoltre, hanno partecipato all’Udienza Generale di Papa Francesco mercoledì 28 nell’Aula Paolo VI, dove erano presenti anche i pellegrini provenienti dalle Diocesi della regione e migliaia di fedeli giunti da tutta Italia e dal mondo. Nel pomeriggio di mercoledì 28 i Vescovi della regione hanno concelebrato la Messa nella Basilica di San Giovanni in Laterano alla presenza dei pellegrini delle Diocesi
dell’Emilia-Romagna.

 

Per servizi, testi, immagini e foto consultare i siti delle Diocesi dell’Emilia-Romagna e i siti https://photo.vaticanmedia.va/it/ e https://www.vatican.va


Francesca Zinzani nominata dal vescovo Mario presidente diocesana Azione cattolica. Don Davide Ferrini confermato assistente

Preso atto dei risultati dello scrutinio del Consiglio diocesano di Azione Cattolica del 21 gennaio, l’8 febbraio scorso il vescovo monsignor Mario Toso, sulla base della terna dei nomi indicati, ha nominato Francesca Zinzani presidente diocesano «con l’auspicio di un lavoro di profonda animazione di tutta l’associazione e di una sollecitudine e cura di tutti i settori». Ha poi confermato don Davide Ferrini come assistente diocesano Ac. Vice assistente diocesano per il settore Giovani è stato nominato don Mattia Gallegati, mentre l’animatore spirituale dell’Azione cattolica ragazzi sarà il diacono Franco Ferretti.

Chi è Francesca Zinzani

francescazinzani

La nuova presidente diocesana Ac è Francesca Zinzani, 34 anni. Lavora presso il patronato ed è della parrocchia del Paradiso dove accompagna i ragazzi di I e II superiore. Ha fatto parte dell’ufficio diocesano di pastorale vocazionale e ha conosciuto l’Azione Cattolica da piccola quando i suoi genitori la iscrissero ai primi campi estivi. «Da quel momento l’Ac è stata fondamentale nel mio percorso di crescita – racconta – soprattutto quando finito il cammino “tradizionale” di catechismo a Celle (mia parrocchia di origine), non essendoci alternative per le superiori, mi sono spostata presso la parrocchia del Paradiso invitata da alcune amiche conosciute proprio durante i campi estivi di Ac». Dal 2005 è membro dell’equipe del settore ragazzi, per il quale negli ultimi mandati ha avuto la vice e poi la responsabilità del settore. «L’Azione Cattolica – sottolinea – mi ha insegnato l’impegno nel servizio di fede e civile, a guardare “oltre le mura”, a dialogare e a camminare con generazioni diverse».


Colletta nazionale per la Terra Santa. In Diocesi di Faenza è il 3 marzo

La presidenza della Conferenza episcopale italiana ha indetto per domenica 18 febbraio (prima del tempo di Quaresima) una colletta nazionale, da tenersi in tutte le chiese italiane, quale segno concreto di solidarietà e partecipazione di tutti i credenti ai bisogni, materiali e spirituali, delle popolazioni colpite dal conflitto in Terra Santa. Nella sola diocesi di Faenza-Modigliana questa colletta sarà posticipata, slittando a domenica 3 marzo (a causa della concomitante Giornata diocesana del Seminario).

La Cei informa che le offerte raccolte, da inviare a Caritas italiana entro il 3 maggio, renderanno possibile una progettazione unitaria degli interventi anche grazie al coordinamento con la rete delle Caritas internazionali impegnate sul campo. «Caritas italiana – spiega il direttore, don Marco Pagniello – è in costante contatto con la Chiesa locale: dopo aver sostenuto, nella fase iniziale dell’emergenza, gli interventi di Caritas Gerusalemme, continua a far fronte ai bisogni dei più poveri e favorire un clima di pace e riconciliazione». La colletta del 18 febbraio rappresenta una preziosa occasione di sensibilizzazione e animazione delle comunità parrocchiali italiane. A questo fine Caritas italiana sta predisponendo sussidi e locandine che sanno messi a disposizione delle diocesi. Inoltre la Cei aderisce alla proposta della Ccee di dedicare un giorno alla preghiera e al digiuno per le vittime delle guerre in Ucraina e in Terra santa. Per l’Italia il giorno è venerdì 1 marzo.

Colletta nazionale – Scheda informativa 8.2.2024


Don Luca Ravaglia nominato assistente regionale Azione Cattolica

Nei giorni scorsi don Luca Ravaglia, parroco di Russi, è stato nominato dalla Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna assistente regionale dell’Azione Cattolica. Don Luca è nato il 10 gennaio del 1964 e dal novembre del 2022 è parroco a Russi. È anche direttore della Scuola diocesana di Teologia “San Pier Damiani”. In precedenza è stato parroco della Beata Vergine del Paradiso di Faenza e di Pieve Ponte.


Messaggio per la Giornata nazionale per la vita

Pubblichiamo il Messaggio che il Consiglio Episcopale Permanente della CEI ha preparato per la 46ª Giornata Nazionale per la Vita, che si celebrerà il 4 febbraio 2024 sul tema «La forza della vita ci sorprende. “Quale vantaggio c’è che l’uomo guadagni il mondo intero e perda la sua vita?” (Mc 8,36)».

1. Molte, troppe “vite negate”
Sono numerose le circostanze in cui si è incapaci di riconoscere il valore della vita tanto che, per tutta una serie di ragioni, si decide di metterle fine o si tollera che venga messa a repentaglio.
La vita del nemico – soldato, civile, donna, bambino, anziano… – è un ostacolo ai propri obiettivi e può, anzi deve, essere stroncata con la forza delle armi o comunque annichilita con la violenza. La vita del migrante vale poco, per cui si tollera che si perda nei mari o nei deserti o che venga violentata e sfruttata in ogni possibile forma. La vita dei lavoratori è spesso considerata una merce, da “comprare” con paghe insufficienti, contratti precari o in nero, e mettere a rischio in situazioni di patente insicurezza. La vita delle donne viene ancora considerata proprietà dei maschi – persino dei padri, dei fidanzati e dei mariti – per cui può essere umiliata con la violenza o soffocata nel delitto. La vita dei malati e disabili gravi viene giudicata indegna di essere vissuta, lesinando i supporti medici e arrivando a presentare come gesto umanitario il suicidio assistito o la morte procurata. La vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. In tale contesto l’aborto, indebitamente presentato come diritto, viene sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi o “del giorno dopo” facilmente reperibili.
Tante sono dunque le “vite negate”, cui la nostra società preclude di fatto la possibilità di esistere o la pari dignità con quelle delle altre persone.

2. La forza sorprendente della vita
Eppure, se si è capaci di superare visioni ideologiche, appare evidente che ciascuna vita, anche quella più segnata da limiti, ha un immenso valore ed è capace di donare qualcosa agli altri. Le tante storie di persone giudicate insignificanti o inferiori che hanno invece saputo diventare punti di riferimento o addirittura raggiungere un sorprendente successo stanno a dimostrare che nessuna vita va mai discriminata, violentata o eliminata in ragione di qualsivoglia considerazione.
Quante volte il capezzale di malati gravi diviene sorgente di consolazione per chi sta bene nel corpo, ma è disperato interiormente. Quanti poveri, semplici, piccoli, immigrati… sanno mettere il poco che hanno a servizio di chi ha più problemi di loro. Quanti disabili portano gioia nelle famiglie e nelle comunità, dove non “basta la salute” per essere felici. Quante volte colui che si riteneva nemico mortale compie gesti di fratellanza e perdono. Quanto spesso il bambino non voluto fa della propria vita una benedizione per sé e per gli altri.
La vita, ogni vita, se la guardiamo con occhi limpidi e sinceri, si rivela un dono prezioso e possiede una stupefacente capacità di resilienza per fronteggiare limiti e problemi.

3. Le ragioni della vita
Al di là delle numerose esperienze che fanno dubitare delle frettolose e interessate negazioni, la vita ha solide ragioni che ne attestano sempre e comunque la dignità e il valore.
La scienza ha mostrato in passato l’inconsistenza di innumerevoli valutazioni discriminatorie, smascherandone la natura ideologica e le motivazioni egoistiche: chi, ad esempio, tentava di fondare scientificamente le discriminazioni razziali è rimasto senza alcuna valida ragione. Ma anche chi tenta di definire un tempo in cui la vita nel grembo materno inizi ad essere umana si trova sempre più privo di argomentazioni, dinanzi alle aumentate conoscenze sulla vita intrauterina, come ha mostrato la recente pubblicazione Il miracolo della vita, autorevolmente presentata dal Santo Padre.
Quando, poi, si stabilisce che qualcuno o qualcosa possieda la facoltà di decidere se e quando una vita abbia il diritto di esistere, arrogandosi per di più la potestà di porle fine o di considerarla una merce, risulta in seguito assai difficile individuare limiti certi, condivisi e invalicabili. Questi risultano alla fine arbitrari e meramente formali. D’altra parte, cos’è che rende una vita degna e un’altra no? Quali sono i criteri certi per misurare la felicità e la realizzazione di una persona? Il rischio che prevalgano considerazioni di carattere utilitaristico o funzionalistico metterebbe in guardia la retta ragione dall’assumere decisioni dirimenti in questi ambiti, come purtroppo è accaduto e accade. Da questo punto di vista, destano grande preoccupazione gli sviluppi legislativi locali e nazionali sul tema dell’eutanasia.
Così gli sbagli del passato si ripetono e nuovi continuamente vengono ad aggiungersi, favoriti dalle crescenti possibilità che la tecnologia oggi offre di manipolare e dominare l’essere umano, e dal progressivo sbiadirsi della consapevolezza sulla intangibilità della vita. Deprechiamo giustamente le negazioni della vita perpetrate nel passato, spesso legittimate in nome di visioni ideologiche o persino religiose per noi inaccettabili. Siamo sicuri che domani non si guarderà con orrore a quelle di cui siamo oggi indifferenti testimoni o cinici operatori? In tal caso non basterà invocare la liceità o la “necessità” di certe pratiche per venire assolti dal tribunale della storia.

4. Accogliere insieme ogni vita
Nella Giornata per la vita salga dunque, da parte di tutte le donne e gli uomini, un forte appello all’impossibilità morale e razionale di negare il valore della vita, ogni vita. Non ne siamo padroni né possiamo mai diventarlo; non è ragionevole e non è giusto, in nessuna occasione e con nessuna motivazione.
Il rispetto della vita non va ridotto a una questione confessionale, poiché una civiltà autenticamente umana esige che si guardi ad ogni vita con rispetto e la si accolga con l’impegno a farla fiorire in tutte le sue potenzialità, intervenendo con opportuni sostegni per rimuovere ostacoli economici o sociali. Papa Francesco ricorda che «il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili» (Discorso all’associazione Scienza & Vita, 30 maggio 2015). La drammatica crisi demografica attuale dovrebbe costituire uno sprone a tutelare la vita nascente.

5. Stare da credenti dalla parte della vita
Per i credenti, che guardano il mistero della vita riconoscendo in essa un dono del Creatore, la sua difesa e la sua promozione, in ogni circostanza, sono un inderogabile impegno di fede e di amore. Da questo punto di vista, la Giornata assume una valenza ecumenica e interreligiosa, richiamando i fedeli di ogni credo a onorare e servire Dio attraverso la custodia e la valorizzazione delle tante vite fragili che ci sono consegnate, testimoniando al mondo che ognuna di esse è un dono, degno di essere accolto e capace di offrire a propria volta grandi ricchezze di umanità e spiritualità a un mondo che ne ha sempre maggiore bisogno.

Roma, 26 settembre 2023

Il Consiglio Episcopale Permanente
della Conferenza Episcopale Italiana


Messaggio di Papa Francesco per la 58esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali

intelligenza artificiale comunicazione

Cari fratelli e sorelle!

L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta “intelligenza artificiale”, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che
coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?

A partire dal cuore

Innanzitutto conviene sgombrare il terreno dalle letture catastrofiche e dai loro effetti paralizzanti. Già un secolo fa, riflettendo sulla tecnica e sull’uomo, Romano Guardini invitava a non irrigidirsi contro il “nuovo” nel tentativo di «conservare un bel mondo condannato a sparire». Al tempo stesso, però, in modo accorato ammoniva profeticamente: «Il nostro posto è nel divenire. Noi dobbiamo inserirvici, ciascuno al proprio posto (…), aderendovi onestamente ma rimanendo tuttavia sensibili, con un cuore incorruttibile, a tutto ciò che di distruttivo e di non umano è in esso». E concludeva: «Si tratta, è vero, di problemi di natura tecnica, scientifica, politica; ma essi non possono esser risolti se non procedendo dall’uomo. Deve formarsi un nuovo tipo umano, dotato di una più profonda spiritualità, di una libertà e di una interiorità nuove»[1]. In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano[2]. Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi.

Questa sapienza del cuore si lascia trovare da chi la cerca e si lascia vedere da chi la ama; previene chi la desidera e va in cerca di chi ne è degno (cfr Sap 6,12-16). Sta con chi accetta consigli (cfr Pr 13,10), con chi ha il cuore docile, un cuore che ascolta (cfr 1 Re 3,9). Essa è un dono dello Spirito Santo, che permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di scoprirne il senso. Senza questa sapienza l’esistenza diventa insipida, perché è proprio la sapienza – la cui radice latina sapere la accomuna al sapore – a donare gusto alla vita.

Opportunità e pericolo

Non possiamo pretendere questa sapienza dalle macchine. Benché il termine intelligenza artificiale abbia ormai soppiantato quello più corretto, utilizzato nella letteratura scientifica, machine learning, l’utilizzo stesso della parola “intelligenza” è fuorviante. Le macchine possiedono certamente una capacità smisuratamente maggiore rispetto all’uomo di memorizzare i dati e di correlarli tra loro, ma spetta all’uomo e solo a lui decodificarne il senso. Non si tratta quindi di esigere dalle macchine che sembrino umane. Si tratta piuttosto di svegliare l’uomo dall’ipnosi in cui cade per il suo delirio di onnipotenza, credendosi soggetto totalmente autonomo e autoreferenziale, separato da ogni legame sociale e dimentico della sua creaturalità. In realtà, l’uomo da sempre sperimenta di non bastare a sé stesso e cerca di superare la propria vulnerabilità servendosi di ogni mezzo. A partire dai primi manufatti preistorici, utilizzati come prolungamenti delle braccia, attraverso i media impiegati come estensione della parola, siamo oggi giunti alle più sofisticate macchine che agiscono come ausilio del pensiero. Ognuna di queste realtà può però essere contaminata dalla tentazione originaria di diventare come Dio senza Dio (cfr Gen 3), cioè di voler conquistare con le proprie forze ciò che andrebbe invece accolto come dono da Dio e vissuto nella relazione con gli altri.

A seconda dell’orientamento del cuore, ogni cosa nelle mani dell’uomo diventa opportunità o pericolo. Il suo stesso corpo, creato per essere luogo di comunicazione e comunione, può diventare mezzo di aggressività. Allo stesso modo ogni prolungamento tecnico dell’uomo può essere strumento di servizio amorevole o di dominio ostile. I sistemi di intelligenza artificiale possono contribuire al processo di liberazione dall’ignoranza e facilitare lo scambio di informazioni tra popoli e generazioni diverse. Possono ad esempio rendere raggiungibile e comprensibile un enorme patrimonio di conoscenze scritto in epoche passate o far comunicare le persone in lingue per loro sconosciute. Ma possono al tempo stesso essere strumenti di “inquinamento cognitivo”, di alterazione della realtà tramite narrazioni parzialmente o totalmente false eppure credute – e condivise – come se fossero vere. Basti pensare al problema della disinformazione che stiamo affrontando da anni nella fattispecie delle fake news[3] e che oggi si avvale del deep fake, cioè della creazione e diffusione di immagini che sembrano perfettamente verosimili ma sono false (è capitato anche a me di esserne oggetto), o di messaggi audio che usano la voce di una persona dicendo cose che la stessa non ha mai detto. La simulazione, che è alla base di questi programmi, può essere utile in alcuni campi specifici, ma diventa perversa là dove distorce il rapporto con gli altri e la realtà.

Della prima ondata di intelligenza artificiale, quella dei social media, abbiamo già compreso l’ambivalenza toccandone con mano, accanto alle opportunità, anche i rischi e le patologie. Il secondo livello di intelligenze artificiali generative segna un indiscutibile salto qualitativo. È importante quindi avere la possibilità di
comprendere, capire e regolamentare strumenti che nelle mani sbagliate potrebbero aprire scenari negativi. Come ogni altra cosa uscita dalla mente e dalle mani dell’uomo, anche gli algoritmi non sono neutri. Perciò è necessario agire preventivamente, proponendo modelli di regolamentazione etica per arginare i risvolti dannosi e discriminatori, socialmente ingiusti, dei sistemi di intelligenza artificiale e per contrastare il loro utilizzo nella riduzione del pluralismo, nella polarizzazione dell’opinione pubblica o nella costruzione di un pensiero unico. Rinnovo dunque il mio appello esortando «la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme»[4].Tuttavia, come in ogni ambito umano, la regolamentazione non basta.

Crescere in umanità

Siamo chiamati a crescere insieme, in umanità e come umanità. La sfida che ci è posta dinanzi è di fare un salto di qualità per essere all’altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale. Sta a noi interrogarci sullo sviluppo teorico e sull’uso pratico di questi nuovi strumenti di comunicazione e di conoscenza. Grandi possibilità di bene accompagnano il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a dati, il pensiero a uno schema, l’esperienza a un caso, il bene al profitto, e soprattutto che si finisca col negare l’unicità di ogni persona e della sua storia, col dissolvere la concretezza della realtà in una serie di dati statistici.

La rivoluzione digitale può renderci più liberi, ma non certo se ci imprigiona nei modelli oggi noti come echo chamber. In questi casi, anziché accrescere il pluralismo dell’informazione, si rischia di trovarsi sperduti in una palude anonima, assecondando gli interessi del mercato o del potere. Non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva. La rappresentazione della realtà in big data, per quanto funzionale alla gestione delle macchine, implica infatti una perdita sostanziale della verità delle cose, che ostacola la comunicazione interpersonale e rischia di danneggiare la nostra stessa umanità. L’informazione non può essere separata dalla relazione esistenziale: implica il corpo, lo stare nella realtà; chiede di mettere in relazione non solo dati, ma esperienze; esige il volto, lo sguardo, la compassione oltre che la condivisione. Penso al racconto delle guerre e a quella “guerra parallela” che si fa tramite campagne di disinformazione. E penso a quanti reporter sono feriti o muoiono sul campo per permetterci di vedere quello che i loro occhi hanno visto. Perché solo toccando con mano la sofferenza dei bambini, delle donne e degli uomini, si può comprendere l’assurdità delle guerre. L’uso dell’intelligenza artificiale potrà contribuire positivamente nel campo della comunicazione, se non annullerà il ruolo del giornalismo sul campo, ma al contrario lo affiancherà; se valorizzerà le professionalità della comunicazione, responsabilizzando ogni comunicatore; se restituirà ad ogni essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, della comunicazione stessa.

Interrogativi per l’oggi e il domani

Alcune domande sorgono dunque spontanee: come tutelare la professionalità e la dignità dei lavoratori nel campo della comunicazione e della informazione, insieme a quella degli utenti in tutto il mondo? Come garantire l’interoperabilità delle piattaforme? Come far sì che le aziende che sviluppano piattaforme digitali si assumano le proprie responsabilità rispetto a ciò che diffondono e da cui traggono profitto, analogamente a quanto avviene per gli editori dei media tradizionali? Come rendere più trasparenti i criteri alla base degli algoritmi di indicizzazione e de-indicizzazione e dei motori di ricerca, capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture? Come garantire la trasparenza dei processi informativi? Come rendere evidente la paternità degli scritti e tracciabili le fonti, impedendo il paravento dell’anonimato? Come rendere manifesto se un’immagine o un video ritraggono un evento o lo simulano? Come evitare che le fonti si riducano a una sola, a un pensiero unico elaborato algoritmicamente? E come invece promuovere un ambiente adatto a preservare il pluralismo e a rappresentare la complessità della realtà? Come possiamo rendere sostenibile questo strumento potente, costoso ed estremamente energivoro? Come possiamo renderlo accessibile anche ai paesi in via di sviluppo?

Dalle risposte a questi e ad altri interrogativi capiremo se l’intelligenza artificiale finirà per costruire nuove caste basate sul dominio informativo, generando nuove forme di sfruttamento e di diseguaglianza; oppure se, al contrario, porterà più eguaglianza, promuovendo una corretta informazione e una maggiore consapevolezza del passaggio di epoca che stiamo attraversando, favorendo l’ascolto dei molteplici bisogni delle persone e dei popoli, in un sistema di informazione articolato e pluralista. Da una parte si profila lo spettro di una nuova schiavitù, dall’altra una conquista di libertà; da una parte la possibilità che pochi condizionino il pensiero di tutti, dall’altra quella che tutti partecipino all’elaborazione del pensiero.

La risposta non è scritta, dipende da noi. Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza. Questa sapienza matura facendo tesoro del tempo e abbracciando le vulnerabilità. Cresce nell’alleanza fra le generazioni, fra chi ha memoria del passato e chi ha visione di futuro. Solo insieme cresce la capacità di discernere, di vigilare, di vedere le cose a partire dal loro compimento. Per non smarrire la nostra umanità, ricerchiamo la Sapienza che è prima di ogni cosa (cfr Sir 1,4), che passando attraverso i cuori puri prepara amici di Dio e profeti (cfr Sap 7,27): ci aiuterà ad allineare anche i sistemi dell’intelligenza artificiale a una comunicazione pienamente umana.

Roma, San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2024

FRANCESCO


Insegnamento della religione cattolica: il Messaggio della Presidenza della CEI

Pubblichiamo il Messaggio della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana in vista della scelta di avvalersi dell’Insegnamento della religione cattolica (IRC) nell’anno scolastico 2024/25. I dati relativi all’anno scolastico 2022/23 restituiscono un quadro di sostanziale stabilità, con una media nazionale di avvalentisi pari all’84,05%.

Cari studenti e cari genitori, nelle prossime settimane si svolgeranno le iscrizioni al primo anno dei diversi ordini e gradi di scuola. In questa occasione, dovrà essere effettuata anche la scelta se avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica (Irc). Vi invitiamo a considerarla una preziosa
opportunità formativa, che arricchisce il percorso scolastico promuovendo la conoscenza delle radici e dei valori cristiani della cultura italiana. Sono trascorsi quasi quarant’anni da quando, con l’Accordo di revisione del Concordato del 1984 e la successiva Legge di ratifica del 1985, l’insegnamento della religione ha assunto il profilo attuale: quello di una disciplina scolastica aperta, aggiornata dal punto di vista pedagogico e didattico, adeguata all’oggi, attenta ai bisogni educativi delle persone e condotta nel rispetto più assoluto della libertà di coscienza di ognuno. Un valido momento di studio e di dialogo, fatto proprio ogni anno dalla stragrande maggioranza di studenti e di famiglie.

L’ampia partecipazione attesta la qualità formativa di tale insegnamento e, allo stesso tempo, richiama a una responsabilità e a un’attenzione da parte di tutti; la relazione che si instaura fra insegnanti e alunni fa sì che si possano intercettare tematiche culturali ed esistenziali altrimenti non trattate a scuola. In un momento come l’attuale in cui si moltiplicano, da parte dei ragazzi, le domande di ascolto e di vicinanza, l’“alleanza educativa” tra Chiesa e scuola su cui si fonda l’Irc si rivela una risorsa assai preziosa. A renderla possibile ed efficace sono in primo luogo i docenti di religione, di cui riconosciamo la preparazione e la disponibilità e ai quali vogliamo esprimere gratitudine e sostegno. Un pensiero particolare va ai giovani chiamati per la prima volta a scegliere personalmente l’insegnamento della religione cattolica.

Cari ragazzi, ci rivolgiamo a voi attingendo alle parole rivolte da papa Francesco a migliaia di vostri coetanei l’estate scorsa durante la Giornata mondiale della gioventù a Lisbona. Voi, cari studenti, “pellegrini del sapere”, cosa volete vedere realizzato nella vostra vita e nel mondo? Quali cambiamenti, quali trasformazioni? E in che modo l’esperienza che fate a scuola può contribuirvi? Cercate e rischiate! Abbiate il coraggio di sostituire le paure con i sogni! Noi abbiamo fiducia in voi. Possa l’Irc, con il contributo di tutti, sostenere le vostre famiglie nel compito educativo e accompagnare ciascuno di voi nell’avventura della scuola e della vita.

LA PRESIDENZA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA