[ott 17] Omelia – Messa in suffragio di don Pier Paolo Drei

17-10-2022

Cari parenti, presbiteri, diaconi e amici, la celebrazione eucaristica che viviamo oggi è momento culminante nella nostra vita e in quella del sacerdote, parroco, educatore don Pier Paolo Drei, che venerdì 14 ottobre, dopo alcuni anni di soggiorno nella Casa del Clero, è tornato al Padre.

Il presbitero impersona Cristo, Colui che è venuto ad iniziare in questo mondo una nuova creazione. Grazie all’annuncio del Vangelo, all’Eucaristia, il sacerdote aiuta e sollecita i propri fratelli e sorelle a realizzare il Regno di Dio, ossia a partecipare all’opera di redenzione e di ricapitolazione di tutte le cose in Cristo Gesù. Don Pier Paolo Drei era pienamente cosciente di questa importante ed alta missione, mediante cui la Chiesa è nel mondo comunione con Dio e tra di noi per portare al mondo liberazione dal peccato, guarigione dalle fragilità, compimento umano in Cristo. La Parola e la frazione del pane erano per don Piero i due eventi fondamentali attraverso i quali per i credenti è possibile incontrare Gesù il crocifisso risorto dai morti sempre presente nella storia in atto di Pasqua. Parola ed Eucaristia sono un’unica mensa che il Signore prepara per il suo popolo perché cammini nella fedeltà e nella carità.

Don Pier Paolo Drei iniziò la sua formazione in età adulta, presso l’opera don Calabria, nel Seminario di Desenzano del Garda, dopo aver prestato il servizio militare prima negli Alpini poi in Artiglieria da montagna, a Bassano del Grappa e Tolmezzo. Come ex caporalmaggiore, a 23 anni, iniziò la prima media, racconta lo stesso don Piero in una sua breve autobiografia. Frequentò a Desenzano le medie, il ginnasio, il liceo, due anni di filosofia. Fece un anno di Noviziato. Frequentò i corsi di teologia nel Seminario vescovile di Verona. Fu ordinato sacerdote a 35 anni a Faenza da sua Eccellenza Mons. Giuseppe Battaglia. Per 7 anni rimase a Verona in Case-famiglia dell’Opera don Calabria. Nelle Case-famiglia venivano ospitati giovani con problemi psichici, tossicodipendenti, dimessi dall’ospedale psichiatrico o dal carcere.

Nel 1981, morto improvvisamente il parroco di San Pier Laguna, don Pietro Costa, gli fu proposto di rientrare in Diocesi per sostituirlo. Divenne dopo qualche anno anche Parroco di San Silvestro. Successivamente, dal 1984 sino al 2014, previa adeguata preparazione, fu collaboratore del CEIS (Centro Italiano di Solidarietà) di Ravenna. Nel suo lavoro incontrava famiglie, giovani, per inserirli in un progetto di recupero dalla tossicodipendenza. Nel 1994 divenne parroco di Glorie e successivamente di Madonna del Bosco. Nel Ricordino per l’ingresso in Parrocchia don Piero riportava un testo tratto dalla Liturgia, che esprimeva pienamente il senso del suo ministero. “Rendici aperti e disponibili verso i fratelli che incontriamo sul nostro cammino, per condividerne i dolori e le angosce, le gioie e le speranza e progredire insieme sulla via della salvezza”. Inoltre, si dedicava generosamente alla cura pastorale delle famiglie e alla scuola dell’infanzia parrocchiale “Villa Savoia”.

Di don Pier Paolo Drei ricordo la semplicità della sua persona, segno di un’umanità accogliente e premurosa. La sua prima sollecitudine era quella di mettere le persone a loro agio. Seminava attorno a sé bontà e fiducia. Chi l’ha conosciuto ricorda di lui un desiderio forte ed intenso di dedicarsi all’apostolato. Ormai indebolito dalla malattia cercava di essere utile nella Casa del Clero di Faenza e si offriva con insistenza per essere di aiuto nelle parrocchie viciniori, a cominciare da San Pier Laguna, ove era stato parroco amato e stimato. L’ardore pastorale che lo muoveva ci dice quanto egli amasse il Signore Gesù e quanto sentisse l’urgenza dell’annuncio e della missione. In lui l’esperienza dell’apostolato e dell’educatore, dedito anche a casi difficili, lo riempiva di nostalgia rispetto al lavoro sul campo. Percepiva il bisogno di essere utile ai propri fratelli, offrendo la ricchezza dell’amore di Cristo, relazioni colme di empatia per aiutare le persone e i giovani ad affrontare le difficoltà che la realtà pone.

In don Drei non si trovava una persona che volesse imporsi all’altro. Era una persona che, abituata a frequentare Gesù Cristo il Buon Pastore, si poneva di fronte con semplicità, con il cuore in mano, con un cuore povero di sé, ricco dell’amore del Padre. Ciò rendeva la sua relazione trasparente, capace di comunicare un’umanità disinteressata, senza pose, protesa nel servire. Don Piero era convinto che, al contrario di quanto avviene spesso oggi, nell’aiutare l’altro non occorre farsi pubblicità. È, invece, fondamentale non essere analfabeti nelle relazioni. Occorre insegnare ad amare, perché noi siamo se amiamo. È l’amore che ci fa essere, che ci rende simili al Figlio di Dio. Vivo Cristo, vivo il suo amore, pertanto sonoAmo ergo sum. Don Piero era nella linea di una spiritualità dell’incarnazione, che non richiede una visibilità aggressiva. Colpiva in don Piero, in particolare, la sua docilità nell’obbedienza ai Superiori.

A seguito dell’aggravarsi della malattia che non gli permetteva più di svolgere autonomamente il ministero di parroco a Glorie, venne ricoverato presso la casa di cura “Toniolo”. Andai a trovarlo insieme al vicario generale anche per proporgli le dimissioni da parroco.

Dopo un dialogo cordiale, gli presentai il modulo che era stato predisposto per formalizzare le dimissioni e gli spiegai che era necessario procedere per il suo bene e per il bene della comunità.

Lui mi guardò, con il suo sorriso e il suo sguardo profondo, e iniziò a raccontare le origini della propria vocazione dicendo: «Da giovane mi rivolsi a Don Romano Ricci, mio cappellano a San Pier Laguna per chiedere consiglio e iniziare un percorso di discernimento. Don Romano mi inviò a P. Domenico Galluzzi che dopo alcuni colloqui mi disse: “io penso che il Signore ti chiami a diventare prete”. Io gli risposi: “chi sono io per dire di no, se il Signore mi chiama?”».

A quel punto Don Piero si fermò un attimo, guardò me e il vicario e ci disse: “io penso che il Signore che mi ha chiamato quel giorno tramite P. Domenico, sia lo stesso che adesso mi chiede le dimissioni”. E senza aggiungere altro, firmò.

+ Mario Toso