OMELIA per l’ORDINAZIONE DIACONALE di STEFANO OSSANI

Faenza - Basilica Cattedrale, 6 ottobre 2012
06-10-2012

Ringraziamo il Signore che continua a chiamare al servizio diaconale nella nostra Chiesa e ringraziamo coloro che rispondono di sì alla chiamata, in particolare quando nella loro risposta sono coinvolti anche la moglie e i figli. Il cammino del diaconato è ancora faticoso da noi, ma nutriamo fiducia che la fiammella che ancora arde possa essere ravvivata da altre adesioni, per un rinnovamento della nostra Chiesa nei ministeri laicali e nella missione.


La celebrazione di questa sera ci presenta due realtà sacramentali che sono tutte a servizio della Chiesa e del mondo: il Matrimonio e l’Ordine sacro nel grado del diaconato. La parola di Dio ci ha ricordato ciò che Gesù ha insegnato sul matrimonio, per la felicità dei coniugi, per il bene della comunità e per la salvezza del mondo.


‘All’inizio della creazione Dio li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto’.


L’unione coniugale come è stata voluta nel progetto iniziale di Dio è stata presa da Gesù come segno del suo amore per la Chiesa. È quello che diciamo quando diciamo che il matrimonio è sacramento, cioè realtà che indica e realizza ciò che significa. Quando marito e moglie si vogliono bene nel nome del Signore, non solo fanno vedere che l’amore è possibile, ma fanno crescere la realtà della Chiesa, dove i figli di Dio fanno l’esperienza di essere amati da Dio, attraverso i loro genitori. Di questo amore gode anche la società degli uomini, con tutti i vantaggi che ha per la pace sociale e la serenità dei ragazzi che crescono capaci di rapportarsi con gli altri. Una famiglia cristiana, per il solo fatto di essere famiglia unita e fedele, è un dono per tutta la società. Ha detto il Concilio Vaticano II nella Gaudium et spes: ‘La Chiesa, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua comunità, crede di poter contribuire molto a rendere più umana la famiglia degli uomini e la sua storia’ (GS, 40). Quindi una famiglia unita, fedele, stabile e feconda come Dio l’ha voluta fin dall’inizio è un bene per tutti.


Il sacramento dell’Ordine nel grado del Diaconato, che cosa porta di proprio in questa situazione già così ricca di grazia? È questa una domanda che si pone facilmente e che purtroppo trova spesso come risposta l’incapacità di vedere la preziosità di un servizio nella Chiesa per il mondo, realizzato con la grazia propria del sacramento. Qualcuno si chiede: ‘Che cosa fa un diacono che non possa già fare un bravo cristiano e un buon coniuge?’.


La domanda vera non può essere quella del ‘che cosa fare’, ma del ‘come essere’ nel rapporto con Cristo per il bene della comunità. Il diaconato costituisce colui che è ordinato come segno e strumento del servizio nella Chiesa. L’ordine sacro porta con sé, come grazia, la carità sponsale perché tutta la vita sia donazione alla Chiesa-sposa. Il legame sponsale con Cristo è di tutti i battezzati, e viene precisato negli altri sacramenti (come il matrimonio e l’ordine sacro) secondo la personale vocazione nella Chiesa.


Il diacono che è anche padre di famiglia porta con sé un duplice significato in ciò che egli è: per un verso ha la concretezza dell’amore familiare con le sue tipiche modalità di impegno, i ritmi e le relazioni, e nello stesso tempo ha un particolare rapporto con la Chiesa che vive il mistero di Cristo nell’Eucaristia, nell’ascolto della Parola e nella carità. Questi due aspetti si sostengono a vicenda e possono essere una vera grazia per aprire anche alle altre famiglie il loro contributo perché la Chiesa viva come famiglia dei figli di Dio.


È vero che ci possono essere anche dei problemi in questo duplice stato di vita, quando il diacono deve dividersi tra i doveri del padre di famiglia e quelli del responsabile di un ministero. Ma in questo caso è buona regola dare la precedenza alle esigenze familiari, nel rispetto delle situazioni e dei diritti di natura, soprattutto quando in campo ci sono i figli o il bene della famiglia.


Guardando il matrimonio e il diaconato dal punto di vista della realtà sociale, il fatto di trovarli nella stessa persona può sembrare una inutile sovrapposizione; ma se teniamo fermo il Cristo Signore, come punto d’arrivo di ogni cristiano, possiamo anche vedere che se il matrimonio porta i coniugi a vivere il loro amore come donazione nella famiglia, chiesa domestica, il diaconato apre alla donazione e al servizio nella Chiesa universale, passando dalla Diocesi, dopo aver cominciato dalla propria parrocchia.


Anche noi, come il vangelo di oggi, vogliamo concludere con l’immagine dei bambini, che ci danno la misura per entrare nel Regno dei cieli, di cui sono i destinatari privilegiati. Non siamo di fronte ad una immagine edulcorata della vita.


L’invito di Gesù è quanto mai attuale anche per il nostro tempo, perché ci dice di accogliere i bambini nelle famiglie lasciandoli nascere, educando in loro l’uomo e la donna che Dio ha pensato per ognuno di loro; senza impedire che i bambini vadano a Gesù, ingannandoli con tanti surrogati che non li potranno mai soddisfare; guardando alle cose della vita con lo sguardo dei bambini, per riconoscere quelle che ci servono per entrare nel Regno.

Puer in latino significa bambino e servo. Sarebbe bello che nella Chiesa il diacono aiutasse tutti a ricordare che dobbiamo essere bambini, cioè servi, perché ‘a chi è come loro appartiene il Regno di Dio’.