OMELIA per l’ORDINAZIONE DIACONALE di MATTIA GALLEGATI e MASSIMO GEMINIANI

17-09-2016

La nostra diocesi è oggi in festa. Cari Massimo e Mattia, oggi diventate diaconi nella Chiesa. Sarete a servizio di Cristo e della comunità cristiana. La vostra particolare conformazione a Cristo, il Servo dei servi, vi renderà più capaci di aiutare i fratelli a vivere nella comunione con Lui e, attraverso ciò, a vivere nella comunione tra di loro, praticando il servizio della carità.

Se, secondo la tradizione i diaconi si dedicavano, in particolare, al servizio delle mense, delle vedove, degli orfani e dei poveri, ciò avveniva sempre a partire dall’immedesimazione con Colui che, con la sua incarnazione, si è fatto povero con i poveri, servo dei propri discepoli, per offrire a tutti la misericordia del Padre. I diaconi nella Chiesa si dedicavano al servizio dei loro fratelli e delle loro sorelle imitando Colui che si è abbassato per arricchire tutti della sua vita. I diaconi non erano semplici operatori sociali. Erano, innanzitutto, missionari, portatori di Cristo. Non erano semplici imitatori del Figlio di Dio nel senso che vivevano in mezzo alla gente per la gente e basta. Essi erano in mezzo alla gente per servire Cristo, per portarlo alla gente! Ciò facendo si prendevano cura delle persone non in una maniera qualsiasi, ma amando in loro Cristo stesso, a partire da Lui, con una vita spirituale simile alla sua. Amavano non solo come Lui, ma Lui, in Lui, per Lui. Ne derivava una dedizione senza eguali, non assimilabile ad altre opere meramente umane.

Voglia Dio che voi, a breve diaconi della Chiesa di Dio, come i nostri presbiteri e i fedeli laici, i religiosi tutti, amiate e serviate facendo vostri i sentimenti di Cristo, vivendo il suo comandamento nuovo. Nei fratelli, trovate il prolungamento dell’Incarnazione del Figlio di Dio, sicché tutto quello che farete al diseredato, all’affamato, al carcerato, al profugo, all’emigrato lo farete a Lui stesso (cf Mt 25, 40). Vigilate perché la carità ecclesiale non sia scambiata con un qualsiasi servizio sociale. Impegnatevi a far capire che la Chiesa non ha propriamente il compito di supplire le istituzioni assistenziali della società civile, se non in casi straordinari e a mo’ di segno profetico. La carità cristiana è nel suo genere un qualcosa di diverso rispetto alla filantropia. È e vuole essere anzitutto esercizio dell’amore di Cristo, opera sua. Proprio perché le opere di carità offrono non solo un aiuto materiale, ma soprattutto ristoro e cura dell’anima, un aiuto spesso più necessario del primo, non possono essere cancellate dallo Stato, che ha invece il dovere di riconoscere, sulla base del principio della sussidiarietà, la loro peculiarità specie dal punto di vista religioso, rispetto al quale non ha competenza (cf Deus caritas est, n. 28).

Non dobbiamo mai dimenticare, allora, che «anche il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa» (Evangelii gaudium, n. 179). Come la Chiesa è missionaria per natura, così la carità e la compassione che comprende, assiste e promuove il prossimo, zampillano abbondantissime dall’essere ministeriale di Cristo, che è venuto per redimere e salvare. Compiendo il servizio d’amore di Cristo noi prestiamo le nostre mani e il nostro cuore a Lui.

Cari Mattia e Massimo, chiamati a fermentare la comunità cristiana, sin d’ora incominciate anche quell’importante tirocinio della comunione e della comunicazione ecclesiali che vi renderà, grazie al Redentore, costruttori di esse. Come nella società civile si vive il serio rischio della babele delle lingue e della frammentarietà, dello smantellamento della solidarietà, così nelle parrocchie, nelle associazioni si soggiace alla forte e sottile tentazione della divisione, del rinchiudersi in gruppi ristretti, dell’incomunicabilità, separandosi dal resto del corpo ecclesiale. Purtroppo, per diverse ragioni, non esclusa la rarefazione della presenza dei presbiteri, sta crescendo nelle nostre comunità la convinzione che si possa essere di Cristo senza mantenere l’unità e la collaborazione con le altre componenti ecclesiali. La diversità e la pluralità sono ricchezza. Ma, qualora non siano vissute in un contesto di comunione con Cristo e i suoi ministri, diventano occasione di dispersione, disarticolazioni dannose.

Pertanto, la vostra diaconia spendetela con gioia specie nel tenere uniti i credenti e le diverse componenti ecclesiali. Siate portatori di quella nuova relazionalità che deriva dalla Trinità. Insegnate che uscire dal proprio guscio per unirsi agli altri fa bene, rende più luminosi ed efficaci. Non abbiate paura a ribadire che i credenti sono chiamati a collaborare con tutti per promuovere il bene comune, ma che sono anche necessitati a collaborare tra di loro per promuovere quei beni-valori su cui con gli altri non vi è convergenza. Siate generativi di un nuovo sociale, di una nuova vita comunitaria, grazie a Cristo, che redime anche le relazioni sociali (cf EG n. 178). Mettetevi, pertanto, alla scuola della comunità trinitaria, dello Spirito d’amore che l’anima. Diventerete maestri di una nuova evangelizzazione del sociale, generatrice di un’antropologia relazionale e di uno stile di vita di condivisione. In definitiva, disponetevi a pascere il gregge di Dio […], sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri […], non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge (cf 1Pt 5, 2-3). Mettete da parte ogni forma di supponenza per chinarvi su coloro che il Signore vi farà incontrare. La gente percorre faticosamente la pianura del quotidiano, e ha bisogno di essere accompagnata e guidata da chi è capace di vedere le cose da un punto di vista superiore. Perciò non dimenticate di salire sul «monte» per pregare e rimanere con Cristo, dimorando in Lui. Con la Chiesa fatevi testimoni della risurrezione di Cristo, apportatrice di nuove primavere nello spirito e nell’azione pastorale, nonché nella formazione di nuove generazioni di presbiteri, di laici e di religiosi. L’identità della Chiesa, ci ha ricordato papa Francesco, è questa: evangelizzare, cioè fare figli. La Chiesa invecchia quando non genera più figli. Diventa più giovane quando è capace di generare più figli (cf Discorso ai partecipanti al Convegno diocesano di Roma, 16 giugno 2014).

L’Eucaristia che ci apprestiamo a continuare sia il vostro luogo formativo per eccellenza: sia dell’andare incontro agli altri, sia del prendervi cura di ogni persona, di tutta la persona. Il cibo eucaristico vi renderà più forti, audaci, più in sintonia con lo Spirito d’amore, fonte della diaconia e della comunione che trasfigura ogni relazione. Maria, Serva del Signore e Madre della Chiesa, vi accompagni nel vostro cammino diaconale.