Omelia per la festa di San Sebastiano, patrono di Solarolo

20-01-2018

Autorità civili e militari,
Cari fratelli e sorelle,
in questa santa Messa prefestiva, festeggiamo san Sebastiano, patrono del vostro comune di Solarolo, ma venerato anche in alcune parrocchie limitrofe, appartenenti alla Diocesi di Imola.
Sappiamo che egli era un alto e stimatissimo ufficiale della guardia pretoriana di Diocleziano e Massimiano. E anche che, a loro insaputa, era cristiano. Si avvaleva della sua carica nella guardia del corpo imperiale per recare conforto ai fratelli perseguitati, rinsaldando la loro testimonianza di fede, fino all’accettazione del martirio. Ben presto, Sebastiano venne scoperto e deferito al giudizio degli imperatori. Comparso dinanzi a Diocleziano, non solo gli fu contestato di aver tradito la fiducia dell’imperatore, ma venne condannato a morire per mano degli arcieri in mezzo al Campo di Marte. Il suo corpo, trafitto dalle frecce, venne abbandonato, ma caso volle che non fosse stato colpito a morte. Pochi giorni dopo, Sebastiano si presentò dinanzi all’imperatore, rimproverandolo per il grande male che causava perseguitando i cristiani. L’imperatore diede ordine di frustarlo, sino a farlo morire. Il corpo venne poi gettato in una cloaca, onde evitare che divenisse oggetto di venerazione da parte dei cristiani.
Dalla sua vita e, in particolare, dalla narrazione del suo martirio, ricaviamo che Sebastiano stimò Gesù Cristo al di sopra di ogni autorità terrena, al di sopra di ogni onore civile o militare. Proprio per il suo attaccamento e la sua fedeltà a Cristo, amato sopra ogni cosa, ci aiuta a capire meglio l’odierna Parola di Dio.
In particolare, il brano tratto dalla Prima Lettera di san Paolo ai Corinzi (1 Cor 7, 29-31) ci sollecita a non mettere al posto di Dio, prima di Lui, neppure gli stessi legami coniugali, come anche i beni del mondo, le nostre proprietà: «Passa infatti la figura di questo mondo». Paolo vuol dirci che le cose terrene sono finite e limitate. Ci sono date per un tempo. Pur necessarie alla nostra vita non sono più importanti di Dio. Sarebbe insensato privilegiare tutto ciò che possediamo per sostituirlo a Dio, mettendolo sopra di Lui, Bene Sommo. Si finirebbe per perdere e Dio e tutti i nostri beni, comprese le persone che amiamo. Dall’amore a Dio, posto in cima ai nostri pensieri e ai nostri affetti, riceviamo luce e capacità di vivere rettamente i nostri legami affettivi, le relazioni con gli altri e con il creato. Il tempo che abbiamo a disposizione è breve. Non ci è lecito trascorrerlo schiavi di cose materiali o anche di beni pur importanti, ma transitori.
A ben riflettere, alla base della nostra vocazione cristiana, sta la stessa logica vissuta eroicamente da san Sebastiano e proposta da san Paolo, come anche dal Vangelo che abbiamo appena letto (Mc 1, 14-20), in cui è descritta la chiamata di alcuni discepoli. La nostra scelta di vivere alla sequela di Gesù importa che lo mettiamo in cima a tutto. I discepoli, che lasciano le reti e diventano pescatori di uomini, abbandonano barca e padre, perché in Gesù riconoscono il Messia, Colui che dà inizio al Regno di Dio in terra, ossia ad una nuova storia, generata a partire dal fatto che, nel cuore degli uomini, Dio è considerato come un Tutto, come il Bene più grande. Seguendo Gesù, ne condividono la vita, la missione e, da ultimo, anche la fine cruenta. Solo Giovanni, il discepolo a cui sarà affidata la Madonna, ne verrà risparmiato.
Ancora oggi abbiamo bisogno di persone che sappiano fare la scelta radicale di Gesù Cristo, divenendo suoi annunciatori e testimoni credibili sia in mezzo alla gente sia nelle istituzioni.
Per il cristiano autentico, Gesù Cristo non può venire in secondo ordine, dando il primato al successo, al potere, agli onori, al consenso, alle direttive di una opinione gridata e martellante che contrasta la libertà di coscienza, la vita nascente, la famiglia, l’ecologia integrale, il bene di tutti. È contradditorio dirsi cristiani e, nel contempo, coltivare la separazione tra fede e vita, professando in chiesa il Vangelo e rinnegandolo con il nostro comportamento appena usciti dal tempio. Occorre essere cristiani a tempo pieno, con tutta la propria persona. Tra fede e vita dev’esserci continuità. Altrimenti la nostra personalità rischia di divenire dissociata, schizofrenica. La testimonianza dei santi come san Sebastiano, il cristianesimo stesso, che ha fatto nascere nel tempo e nello spazio nuove civiltà, ci dicono che Gesù Cristo è causa prima di salvezza e di redenzione umanizzante. La sua presenza nelle coscienze crea una rivoluzione spirituale e morale, trasformando l’azione, le scale dei valori, le modalità di costruzione della città. Al centro è posta la persona, con la sua dignità trascendente, con i suoi doveri e diritti. In Cristo, Chiesa e società civili sono chiamate al suo servizio, per il suo sviluppo integrale.
Seppure in mezzo a vari ostacoli e contrasti, la presenza di Gesù Cristo in noi, specie con il suo Spirito d’amore, ci fa sperare in una nuova primavera per le persone e per la comunità. Con Lui è possibile vincere l’egoismo, il peccato, l’odio, la violenza. Si rinnova in noi il gusto del bene, l’amore per l’altro, riconosciuto come nostro fratello o sorella. Cresce l’unità, la condivisione della verità, senza la quale è impossibile essere liberi.
Partecipando a questa Eucaristia, celebrata in onore di san Sebastiano, patrono del comune di Solarolo, rinnoviamo la nostra professione di fede in Cristo, Via, Verità e Vita, nostro cibo nel cammino quotidiano.