Cari Fratelli e Sorelle,
la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani (cattolici, ortodossi, protestanti, copti) ci ha fatto riflettere sul versetto di Esodo 15,6: «Potente è la tua mano, Signore». Si tratta di un versetto del grande canto di lode, innalzato da Mosè a Dio dopo l’uscita dall’Egitto e il passaggio del Mar Rosso. Il canto celebra la vittoria di Dio sul potere del male e della schiavitù, rappresentato in tutta la sua forza dall’esercito del Faraone.
I cristiani, al pari del popolo di Israele, sono figli di un Dio che non si rassegna al male, all’ingiustizia, ma è costantemente all’opera per liberare e salvare. Come figli di un simile Padre, i cristiani sono chiamati a lottare contro il male, in tutte le sue forme. Uniti tra loro dall’amore a Dio, non è loro lecito rassegnarsi alle guerre, al terrorismo, alle violenze, alla criminalità, all’illegalità, alla corruzione, alle nuove forme di schiavitù come la tratta delle persone, all’indifferenza nei confronti dell’altro, specie del povero.
La coscienza dei credenti non può rimanere sopita. Occorre risvegliarla: il male è ben presente e forte nella nostra società: nelle istituzioni, nell’economia, nelle famiglie, in noi, nella nostra relazione con il creato. Come può dirsi di essere cristiano, chi è rassegnato o, peggio, connivente con le molteplici forme che il male assume, annidandosi sia negli individui sia nelle istituzioni sia nei mass media?
L’amore di Dio ha liberato il popolo di Israele, schiavo in Egitto, e lo ha incamminato verso la Terra Promessa, ove vivere in pace. L’amore dei cristiani, come quello di Dio, non può essere solo un’amalgama di sorriso e tenerezza, che non trasformano e non abilitano le persone ad una vita buona. È una forza di bene, di giustizia, di libertà e di solidarietà, che opera nella storia, contrastando le forze avverse e costruendo una nuova società, più giusta e pacifica. La capacità dei cristiani di incidere nel mondo, per renderlo più umano, dipende dalla loro unità con Cristo e tra di loro. Senza Gesù Cristo, non si può essere persone trasfigurate e trasfiguranti, profeti di un mondo nuovo. Senza l’armatura del Vangelo della pace e della giustizia, non si può rispondere al male con il bene, all’odio e all’inimicizia con l’amore.
Nell’attuale mondo, le varie Chiese d’Europa debbono agire compatte, per contrastare le rinascenti forze dell’odio razziale, la xenofobia, l’indifferenza nei confronti di Cristo o, addirittura, l’opposizione a Lui e ai cristiani, la divisione egoistica tra i popoli, il continuo e dissennato consumo delle risorse comuni.
Il brano del Vangelo secondo Marco (cf Mc 16,15-18), che abbiamo sentito proclamare, incoraggia i discepoli del Signore ad essere nel mondo costruttori del Regno di Dio, di cieli nuovi, di una terra nuova, ove regna la Sua giustizia. La loro missione è quella di fare di Cristo il cuore del mondo. I segni che accompagneranno quelli che credono, saranno: la vittoria sui demoni; un linguaggio d’amore comprensibile a tutti; la capacità di affrontare il male senza essere colpiti dal suo veleno; il dono dello Spirito con l’imposizione delle mani; le guarigioni dell’anima e del corpo.
In questa celebrazione eucaristica, nel giorno del ricordo della conversione di san Paolo, preghiamo di essere, come cristiani, sempre più uniti a Gesù Cristo e tra noi; di moltiplicare le iniziative che liberano le nostre società dalla cecità nei confronti della verità su Dio e sull’uomo; di collaborare nella costruzione della pace e nella pratica di un’ecologia integrale.
Omelia a conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
25-01-2018