OMELIA per la APERTURA del PROCESSO di BEATIFICAZIONE di padre DOMENICO GALLUZZI

Faenza, Monastero Ara Crucis - 30 ottobre 2010
30-10-2010


La fama di santità che la Chiesa riconosce nei discepoli di Cristo, è sempre motivo di gioia e di speranza, perché ci fa toccare con mano che davvero il Signore non solo chiama, ma sa portare a compimento con la sua potenza, la volontà di bene e l’opera della fede dei suoi figli. La Chiesa di Faenza-Modigliana ha aperto con fiducia la Causa di Beatificazione del Servo di Dio Domenico Galluzzi, dell’Ordine dei Frati predicatori, ‘perché in lui sia glorificato il nome del Signore nostro Gesù’.


Con questa Celebrazione eucaristica rendiamo grazie a Dio per quello che ha operato nei suoi Santi, e chiediamo la protezione divina per il buon andamento del processo che è stato avviato; chiediamo pure, se questa è la volontà di Dio, che il suo Servo P. Domenico possa essere glorificato dalla Chiesa, per essere indicato come esempio e modello di santità ai presbiteri del nostro tempo.


Chi è questo religioso presbitero attorno al quale si sta concentrando l’attenzione della nostra Chiesa, e dopo diciotto anni dalla sua morte viene fatto rivivere nel racconto dei testimoni, nella raccolta dei suoi scritti, nella memoria delle sue figlie spirituali e di quanti ha accompagnato nella via della santità?


Non è mio intento anticipare il pronunciamento sulla eroicità delle virtù cristiane, religiose e sacerdotali di P. Domenico, ma solo richiamare qualche aspetto significativo della sua figura.


Nato nella nostra Regione a Cattolica, a ventidue anni chiede di essere accolto tra i Frati predicatori a Bologna. Quando sta per partire per il convento la madre gli dice: ‘Se vai per farti santo, bene; se no rimani a casa tua’. Troviamo in questa mamma la sapienza di una donna, che manifesta in quale contesto di grazia questo figlio era cresciuto. Aveva in questo modo già davanti a sé il progetto di tutta la sua vita: santificarsi per santificare.


Coinvolto presto nella responsabilità verso gli studenti prima e i novizi poi, entra progressivamente nel carisma dell’Ordine che ha abbracciato, cercando un obiettivo per la sua vita religiosa: ‘Ripetevo continuamente: nonostante le mie limitatezze: Ci sarà un traguardo anche per me, che io non conosco, ma che tu, Signore, mi hai preparato’.


L’aver trascorso gran parte della sua formazione presso l’Arca di S. Domenico a Bologna, gli facilita il continuo ricorso al suo Fondatore, di cui aveva assunto il nome: ‘Imploro, per intercessione di San Domenico, la grazia inestimabile di onorare in me stesso il Sacerdozio di Cristo, come egli lo onorò in sé angelicamente, con coscienza pura, con la parola apostolica, con le opere sante, immagine perfetta del Sacerdote eterno’.


E così il giorno della sua ordinazione presbiterale, avrà il primo pensiero su quella che sarà la sua opera: ‘È stato il 23 luglio 1936 che ho interiormente percepito e stretto al mio cuore l’idea e l’immagine dell’Ara Crucis’. Ovviamente non avrà immaginato l’opera come poi si è andata configurando nel tempo, ma ne aveva percepito la finalità e il senso: ‘Il Sacerdozio senza un ideale più grande della vita, quale santificarsi per santificare, è un Sacerdozio incompleto, un Sacerdozio che non può soddisfare e, in tal caso, il sacerdote è uno che vive senza scopo’.


Dalla prima ispirazione all’inizio di quella che sarà l’Ara Crucis passerà molto tempo, con alcune vicende che risulteranno assai significative.


Dopo qualche anno ci fu l’incontro con Matilde Gentile, e successivamente con le due sue sorelle e altre figlie spirituali, con le quali il Padre inizia un cammino di preghiera e di offerta della vita per la riparazione sacerdotale. Osservo soltanto che questo pensiero viene riportato con forza dal Papa Benedetto XVI ai nostri giorni, con l’invito a pregare e fare penitenza per riparare i peccati dei presbiteri.


Arriva anche per P. Domenico il momento della croce, con la malattia che lo tiene fermo per molti mesi: ‘Eppure questo fu il periodo più fecondo di celesti benedizioni’.


 


Finalmente nel 1948 la volontà dei superiori manda P. Domenico a Faenza, dove incontra il Vescovo Mons. Battaglia, che apprezza subito le sue doti di guida spirituale per i presbiteri e i seminaristi, e coglie la grazia del suo progetto apostolico. Dalla sinergia di queste due anime nasce il rapporto dell’Ara Crucis con la Chiesa diocesana, nella quale il Monastero rimane inserito. Questo rapporto vitale si manifesterà nella partecipazione orante del Monastero a tutti i momenti belli e tristi della vita della Diocesi, e di riscontro da parte dei fedeli e delle comunità, nel ricorrere alle preghiere delle Monache e nell’aderire alle loro proposte formative.


L’ingresso delle prime monache nel Monastero dell’Ara Crucis avvenne l’otto settembre 1955, festa della Natività di Maria, data che sottolineava l’anima mariana di quella comunità. P. Galluzzi si era ispirato a quanto aveva fatto il Santo Padre Domenico all’inizio della sua missione, il quale a sua volta aveva voluto seguire il piano di Dio nel mistero dell’Incarnazione, realizzato per mezzo della Vergine di Nazareth.


San Domenico, dice il nostro Padre, ‘colloca in una posizione di massimo rilievo la donna consacrata e la ama con una stima che trova riscontro nel mistero dell’Incarnazione. Egli vede e benedice la religiosa a fianco della Madonna e vede e benedice Maria di Nazaret, Madre e Maestra di questa nuova Maria, con sentimenti di gratitudine quali pochi hanno posseduto. Le prime religiose a Prouille si presentano in questa cornice: così le ha concepite Dio, così il Santo Padre Domenico le ha raccolte e consacrate al servizio di Dio e della Chiesa’.


Inserire le monache dell’Ara Crucis nella missione apostolica della santificazione dei presbiteri, come San Domenico aveva coinvolto le sorelle domenicane consacrate al sostegno della missione evangelizzatrice dei Frati predicatori, significava imitare la Vergine di Nazaret nel donare al mondo il Salvatore.


Santificarsi per santificare, oltre che attingere al paolino: ‘Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo’ (1 Cor 11,1), risente anche del ‘contemplata aliis tradere’ proprio del carisma domenicano. Il Padre è consapevole di questa opera di Dio, e dice: ‘Perché non siamo noi a dare Dio agli altri, ma è Dio che si dona agli altri attraverso di noi’. E questo P. Domenico lo vive per le sue monache e per i presbiteri, religiosi e laici che continua a confessare e guidare spiritualmente.


La Parola di Dio e l’Eucaristia celebrata e vissuta, saranno la fonte della sua vita sacerdotale e del suo ministero; da questo rapporto vivo con il suo Signore verrà la grazia di essere un segno efficace della misericordia del Padre non solo mediante il sacramento del perdono, ma anche per la sua parola ‘decisa e penetrante, a volte messaggera di verità impegnative, ‘(ma che, come dice un testimone) non produceva piaghe’.


L’apertura del processo per la causa di beatificazione di P. Domenico arriva dopo la chiusura dell’Anno sacerdotale, voluto dal Papa Benedetto XVI in occasione del 150.mo anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, per richiamare l’attenzione di tutto il popolo cristiano sulla santificazione dei presbiteri.


Scriveva il Papa nella lettera di indizione: ‘Non si tratta certo di dimenticare che la efficacia sostanziale del ministero resta indipendente dalla santità del ministro; ma non si può neppure trascurare la straordinaria fruttuosità generata dall’incontro tra la santità oggettiva del ministero e quella soggettiva del ministro’ (Papa Benedetto XVI, 16 giugno 2009).


Si sa che ogni efficace riforma nella Chiesa ha sempre coinvolto in modo determinante il clero. Possiamo ricordare il nostro San Pier Damiani, che all’inizio del secondo millennio cristiano ebbe molto da operare, tra l’altro, per la purificazione dei costumi dei monaci e dei presbiteri, avviando quella che sarà la riforma gregoriana che tanto influsso ebbe sulla Chiesa nei secoli successivi.


Anche oggi la Chiesa non ha bisogno di tanti presbiteri, ma di presbiteri santi. P. Domenico ha messo il dito sulla piaga, e ha dato inizio ad una via per una cura efficace. Vogliamo pregare perché la sua glorificazione qui in terra, se sarà nei disegni di Dio, possa richiamare l’importanza di questa impresa e testimoniare che è possibile per i presbiteri diventare santi nel loro ministero, con l’esempio e l’intercessione dei loro santi confratelli.


Qualche giorno fa il Signore ha chiamato accanto a Sé Madre Teresa Casali, che tanto aveva atteso il giorno che stiamo vivendo, e che tanto aveva lavorato nel raccogliere materiale documentario per la causa di P. Domenico. Vogliamo pensare che nei disegni di Dio tutto questo abbia voluto essere un segno di benevolenza per la Madre, che dal suo letto di dolore non avrebbe potuto assistere a questa celebrazione, come speriamo abbia potuto fare da dove ora si trova presso Dio.


Infine, pensando proprio a tutta la procedura della causa, ci piace riferire anche a lei quello che S. Domenico diceva di se stesso ai suoi confratelli: ‘Vi sarò di aiuto più dopo la morte, che fintanto che sono qui in terra’.