OMELIA per il MERCOLEDÌ delle CENERI

Faenza - Basilica Cattedrale. 10 febbraio 2016
10-02-2016
  1. Dov’è il nostro Dio? Dove opera, dove compie prodigi?

Dio è presente e compie meraviglie dove c’è un popolo che ritorna a Lui con tutto il cuore, con il dolore delle colpe, non lacerando le vesti, bensì aprendosi a Lui, accogliendolo.

La Quaresima è per la Pasqua, per l’ascensione, per la trasfigurazione della nostra esistenza, sia come singoli, sia come Chiesa, come associazioni e movimenti. È vivere più intensamente il nostro essere di Cristo, nel servizio alla Chiesa, ai poveri, e ai giovani, perché diventino totalmente suoi, anch’essi capaci di dono.

Il brano del profeta Gioele (2, 12-18) ci ricorda che nel nostro cammino quaresimale ci possono essere falsità e menzogne. Chi vive la Quaresima solo esteriormente, mediante riti e pratiche di routine, vuote di Dio, senza cambiare interiormente, in realtà indossa una maschera, disinteressandosi di Gesù Cristo. È prigioniero in se stesso. Mette al centro i propri progetti e non quelli di Dio.

Detto altrimenti, si può correre il rischio di vivere una Quaresima senza incontrare realmente Cristo e i propri fratelli. Questo può succedere a tutti, anche a chi partecipa al Giubileo della misericordia. Noi potremmo essere qui a celebrare l’inizio della Quaresima e non riconoscere i nostri peccati, i nostri limiti, senza cioè convertirci e sentire il bisogno del perdono di Dio.

Ciò sarebbe grave. Se noi agissimo come se Dio non ci fosse, come se tutto dipendesse da noi, sconfesseremo la stessa storia gloriosa della nostra Chiesa faentina, storia di santi e di beati, storia di sacrifici, di lotta quotidiana per il bene e la giustizia, sorretti dallo Spirito. Non solo. Pregiudicheremmo l’impegno di questo stesso anno Giubilare che non dev’essere solo per noi stessi, ma per la causa del Regno di Dio. Desiderare il rinnovamento senza l’aiuto di Dio sarebbe velleitario. È pensare che ci salviamo da soli. Con ciò verrebbe meno quella mistica filiale e fraterna, quell’empatia che caratterizza le nostre parrocchie e le nostre famiglie cristiane. Ci condanneremmo ad una progressiva desertificazione spirituale, alla sterilità apostolica e vocazionale.

Per essere vivi e trasfigurati, accogliamo l’invito alla conversione che Paolo rivolge ai Corinzi: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2 Cor 6,2). «Ora»! Diciamo insieme, pertanto, senza pose e teatralità: «Abbi pietà Signore di noi, abbiamo peccato. Salvaci»! Non la nostra, ma la Tua volontà, Signore! Non la nostra ipocrisia religiosa, ma la Tua gloria. Non il nostro sale insipido, ma il Tuo fermento. Non le nostre sicurezze umane, i nostri piccoli progetti, ma la Tua pienezza di vita, la Tua missionarietà. Come Cristo ha accettato l’incarnazione diciamo con Lui: «Ecco, manda me». Solo se le nostre vite saranno salvate da Cristo, non saremo derisi. Gli increduli non potranno sogghignare: «Ma dove è andato a finire il loro Dio?» (Gl 2,17). Con Lui, Signore della vita e della storia, tutto può essere ricostruito e rinnovato, vi potrà essere una primavera senza fine anche per la nostra diocesi, le nostre associazioni e i nostri movimenti.

  1. Uno stato permanente di missione e di conversione

Non rimandiamo, dunque, la nostra conversione, il nostro incontro con il Signore. Il domani non è nelle nostre mani. Dio non si presta ad essere preso in giro. Perdona i peccatori, ma vomita i tiepidi (cf Ap. 3,16).

Ma l’urgenza di questo particolare «momento favorevole», che è dato dal Mercoledì delle ceneri, con i suoi riti austeri e corali, non è limitata solamente ad un «qui» ed «ora», puntuali e conclusi, che non superano l’immediato. L’atteggiamento di conversione deve continuare tutti i giorni e nei mesi a venire. Ciò vuol dire porsi entro un orizzonte ampio. Permette di lavorare a lunga scadenza, attivando processi comunitari che costruiscono la Chiesa del terzo millennio. Non dimentichiamo l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium (=EG) di papa Francesco. Essa è un vademecum per rinnovare le nostre comunità. Man mano che se ne approfondiranno i contenuti bisognerà avere il coraggio della conversione, con i conseguenti cambi spirituali, istituzionali ed operativi. Papa Francesco, nella sua esortazione, sollecita tutte le comunità ad essere audaci e creative, ad entrare in un deciso cammino di discernimento, purificazione e riforma (cf EG n. 30). Per papa Francesco urge scegliere e porre in atto tutti i mezzi di revisione delle strutture – compreso il papato (cf EG n. 32) – degli stili, degli orari, del linguaggio, dei metodi evangelizzatori, dell’uso delle risorse, con lo scopo principale di vivere in uno «stato permanente di missione», senza ritardi.

In questa celebrazione liturgica, consentitemi di esprimere ancora una volta l’auspicio – sicuramente non ce ne sarebbe bisogno, ma sentirlo ripetere immagino che non danneggerà – che la sopracitata esortazione non sia lasciata da parte. So che il consiglio pastorale diocesano ha scelto tra i suoi impegni quello di predisporre dei sussidi affinché tutti possano penetrare e capire la EG. Sarebbe davvero consolante se entrasse nell’orizzonte e nelle scelte delle nostre parrocchie, nelle omelie, nella catechesi, nell’aggiornamento spirituale dei fedeli. In essa, in effetti, potremo incontrare un respiro e un’ispirazione che ci confermeranno, ci rafforzeranno, ci sproneranno a fare di più e meglio. Troveremo quelle sottolineature che, rammentandoci soprattutto il realismo della dimensione sociale del vangelo, ci aiuteranno a coniugare nell’oggi la stessa Lettera pastorale di quest’anno, senza introversioni ecclesiali, seminando la vita nuova di Gesù Cristo nell’attuale mondo globalizzato, sempre più secolarizzato, pervaso da un laicismo aggressivo. Quali credenti che guardano avanti non possiamo lasciare fuori dal nostro impegno missionario ed educativo, specie nei molti Centri ed Oratori di cui siamo per fortuna dotati, l’obiettivo di formare «buoni cristiani ed onesti cittadini». I giovani hanno bisogno di Gesù Cristo. Spetta a loro di diritto! Come spetta a loro un nuovo umanesimo, aperto alla trascendenza, che si forgia specialmente nelle scuole cattoliche.

  1. Un’icona emblematica: un popolo in cammino, gioioso e sereno

Essere popolo che vive un desiderio inesauribile di offrire la misericordia di Dio Padre; essere Chiesa che sa «coinvolgersi», mettendosi in ginocchio davanti agli altri, specie ai più piccoli, per servirli, per curare il loro spirito e la loro carne – carne sofferente di Cristo -; essere Chiesa che «accompagna» l’umanità e le nuove generazioni verso la pienezza di Cristo; essere Chiesa che celebra e festeggia ogni vittoria sul male lottando per il bene e la giustizia: ecco ciò che dobbiamo essere! Questa è l’immagine di popolo che dobbiamo avere di fronte e coltivare: un popolo nuovo, gioioso e sereno, perché salvato, liberato dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore. Un popolo che costruisce un mondo più fraterno, più giusto e pacifico.

La Beata Vergine delle Grazie e i santi faentini ci aiutino! Viviamo e testimoniamo una Quaresima per la Pasqua!