OMELIA per il giorno di PASQUA 2014 (sintesi)

20-04-2014


Il senso della Pasqua lo si coglie nella liturgia, cioè nel rivivere la grazia della risurrezione mediante alcuni riti e preghiere che rendono attuale il mistero.


Si tratta di un evento: Gesù, morto e sepolto, è risorto. È un fatto di cui si può prendere atto, credendo che è avvenuto, o lo si può rifiutare come inesistente.


Se Cristo è risorto, c’è un riflesso nella vita, che porta a coltivare una speranza, che è conseguenza della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte.


Se questa è la Pasqua, più difficile è far capire questa realtà a chi non conosce le verità della fede cristiana. Allora ci si rende conto che si confonde la verità della Pasqua con una formula magica, alla quale si attribuisce una efficacia contro i mali di questo mondo; la Pasqua dovrebbe far scomparire tutto ciò che non funziona e non corrisponde ad attese pur legittime, ma limitate agli aspetti materiali della vita.


Per la verità il dono della Pasqua raggiunge tutto l’uomo, quindi anche gli aspetti temporali della sua esistenza, ma come conseguenza delle realtà spirituali e soprannaturali che lo coinvolgono. In altre parole, proprio attraverso l’unità della realtà dell’uomo, la salvezza di Cristo, che agisce direttamente sullo spirito umano, raggiunge anche gli aspetti concreti della sua vita.


Per dirla con una battuta, che è paradossale, ma non più di tanto: un piatto di cappelletti è più buono se è mangiato sapendo che siamo amati da Dio, e se siamo in pace con tutti i fratelli. Ovviamente il mistero pasquale è alla radice di queste ultime verità, mentre la soddisfazione tutta naturale di un cibo gustoso si inserisce bene nella vita umana. Il nostro guaio è che spesso ci si ferma solo a questi aspetti esterni, lamentandosi poi quando non riescono come desidereremmo.


La Pasqua ci ricorda invece che c’è una dimensione che entra nella nostra vita e che illumina e dà senso a tutto: viene prima, è più profonda e, pur appartenendo ad un aspetto invisibile, risponde ad un bisogno inespresso ma vero.


Se siamo attenti a tanti aspetti della nostra vita, è facile che venga il sospetto che la vita umana non possa consistere solo nel lavorare, faticare, mangiare, dormire, divertirsi un po’ e poi morire e tutto finisce lì; è troppo forte la spinta a vivere sempre.


Il guaio è che noi abbiamo capito che si debba vivere sempre nella vita temporale, mentre il solo modo per rispondere a questa attesa è la vita soprannaturale. Come sia questa vita è difficile da dire, perché non appartiene alla nostra esperienza; sappiamo però che Gesù risorto è in quella vita, e che noi vivremo come Lui; come vivremo non è stato rivelato, ma sappiamo che c’è. Per ora possiamo accontentarci, ed essere felici.


Senza dire che si vive meglio anche quaggiù. Se uno sa che con la morte finisce tutto, cerca di stare meglio che può qui, a scapito anche degli altri; e se non riesce a raggiungere le sue attese, sta male. Invece uno che sa che la vita vera viene dopo, e che questa è la preparazione a quella, cerca di fare del suo meglio, cerca di vivere nel rispetto degli altri con i quali dovrà vivere per l’eternità; e anche se qui ha delle prove, sa che finiranno, e si entrerà nella vita risorta.

Ecco perché la Pasqua è un motivo di speranza vera per tutti, purché mediante la fede accolgano quello che Gesù ha fatto e insegnato, e si lascino aiutare dai fratelli di fede e dalla grazia dei sacramenti.