OMELIA della messa di PASQUA 2012 (sintesi)

Faenza - Basilica Cattedrale, 8 aprile 2012
08-04-2012


Viviamo la Pasqua contro la disperazione, perché la Pasqua è la festa della vita che ha vinto la morte. Cristo è l’unico uomo che sia risorto da morte; nessun fondatore di religione ha mai avanzato questa pretesa, perché sarebbe stato facilmente contestato da coloro che lo conoscevano.


Cristo è risorto non per stupire il mondo, ma perché l’ultima nemica dell’uomo ad essere vinta è la morte. Infatti la vita risorta non muore più.


Di fronte a questa realtà esaltante sta l’attuale cultura di morte, che spesso non riesce ad affrontare qualche seria difficoltà contro il benessere dell’uomo, se non con il lugubre rimedio della morte.


Il benessere materiale e personale è diventato sinonimo di felicità, e ogni insidia contro di esso deve essere eliminata, non importa come. Pensiamo alle varie pillole omicide o alle azioni dirette contro il bambino indesiderato, all’eutanasia del malato inguaribile o al suicidio disperato.


Tutto questo aggravato dalla mistificazione che a volte viene fatta non chiamando le cose con il loro nome, rendendo così difficile il riconoscimento dell’errore.


L’uomo aveva la pretesa di poter fare senza Dio, anzi contro Dio, addirittura meglio di Lui, e si è ridotto a seguire risposte che distruggono l’uomo.


Cosa può dire la Pasqua di Cristo nella situazione comunque difficile di questo tempo? Non possiamo chiedere alla fede le risposte ai problemi economici, ma possiamo chiedere di essere aiutati a vedere le cose nella loro vera dimensione, sia per affrontare la situazione, sia per capire dove abbiamo sbagliato.


Perché possiamo ancora correre il rischio di ripetere gli stessi errori, soprattutto non tenendo conto di ciò che è fondamentale per l’uomo, sia nel rispetto delle leggi morali naturali, sia nel riconoscere la condizione di figli di Dio in cui Cristo ci ha collocati.


Tutto ciò ha delle conseguenze anche in questa vita, che diventa l’occasione per amare Dio e amare il prossimo. Sono tanti i surrogati che ci vengono offerti come essenziali per la nostra felicità, salvo poi pagarne le scotto a caro prezzo, come l’ubriacatura del sesso, del piacere, dell’avere; il consumo di tutto comprese le relazioni affettive; il cercare emozioni sempre più forti nella droga, nel gioco d’azzardo, nella velocità.


La vita è un dono di cui essere grati. La sua bellezza si scopre nell’amore puro, nella gioia degli affetti familiari stabili, nella costruzione della pace in famiglia e nella società, nel vivere la propria fede, riconoscendo di essere amati da Dio.


Un paradosso del nostro tempo è quello di aver dato all’uomo altre occasioni di morte, oltre a quella naturale, e di aver paura perfino di nominarla.


È vero: solo chi conosce il significato della morte può parlarne. La fede cristiana ci dice che la morte è il passaggio alla vita vera, dopo essersi preparati vivendo fin da ora tutto ciò che è conforme alla dignità dei figli di Dio.


E non si dica che questo non è possibile, perché ci sono anche oggi i santi che vivono in questa prospettiva con fede e carità, con l’aiuto di Dio, nella fedeltà al loro battesimo. Si tratta di vederli e di accettarli come promessa di una speranza vera per tutti.


Ogni anno la Pasqua ci ricorda Chi c’è all’origine di questo dono: c’è un Dio fatto uomo, morto e risorto, perché anche la morte diventi speranza di vita.