OMELIA della MESSA di NATALE 2011

Faenza, Basilica Cattedrale - 25 dicembre 2011
25-12-2011


Celebrare il Natale in tempo di emergenza non significa evadere dalla realtà, ma affrontarla con un realismo più vero. Non vogliamo infatti sottrarci dal tenere presenti le difficoltà delle famiglie soprattutto dove è venuto a mancare il lavoro, è diminuita la disponibilità finanziaria per i pensionati, per i giovani si allontana la prospettiva di una occupazione, e le categorie svantaggiate sono private di alcuni contributi vitali.


Non vogliamo nemmeno tacere di fronte alle potenti lobby finanziarie responsabili della crisi mondiale e ora incaricate di rimediarvi, che accusando in blocco la Chiesa ritengono di avere trovato il capro espiatorio e pensano in questo modo di averla delegittimata dall’offrire il suo messaggio di speranza.


Il Natale invece diventa l’occasione opportuna per riflettere seriamente sui fatti, cercando di leggerli  in profondità.


Ha detto Isaia nella prima lettura della Messa di mezzanotte: ‘Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse’.


Non si può certo negare che oggi ci troviamo nella confusione e nel buio e che abbiamo bisogno di luce, per non smarrirci nelle scelte importanti della vita. Questo significa ripartire dal Natale come un punto fermo, un’ancora di salvezza che ci viene offerta dall’alto.


Anzitutto vogliamo prendere atto di ciò che è avvenuto oltre duemila anni fa. Dio si è fatto uomo non per risolvere al nostro posto i nostri problemi, ma per darci alcune coordinate con le quali affrontare con l’uso della retta ragione nella nostra libera responsabilità, la vita delle persone, delle famiglie e della società.


Purtroppo non abbiamo sempre fatto tesoro della luce e degli insegnamenti di Cristo e ci siamo lasciati attrarre da quanti ci promettevano di raggiungere la felicità nel benessere, nei consumi e nella ricchezza, provocando grandi differenze tra i paesi del mondo.


Il Signore Gesù invece, dice S. Paolo, ‘ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza’. Questo non è il discorso moralista che volentieri qualcuno vorrebbe attribuire alla Chiesa, ma è un diverso modo di impostare i rapporti tra gli uomini, nella solidarietà, nella condivisione, nella comune partecipazione alle risorse della terra e al loro uso equilibrato.


Questo può sembrare un lavoro lungo e difficile soprattutto perché chiede ai popoli ricchi di fare qualche sacrificio; ma se lo si guarda dalla parte della giustizia da costruire nel mondo, si può vedere come questo sia il primo passo per mettere le fondamenta ad una convivenza pacifica.


Il Salvatore del mondo non è nato per insegnarci una devozione o una pia pratica di pietà, ma per farci scoprire la nostra natura di figli di Dio, cioè di fratelli, destinati alla vita eterna. Ed è in questo mondo che iniziamo a vivere la vita divina e a porre i germi del regno di Dio.


Questo insegnamento disturba certamente qualcuno, in particolare coloro che hanno interesse a farci credere che la felicità sta nel possedere le cose che essi hanno da vendere. Può essere che alcune di queste cose siano utili, ma il messaggio che il Natale oggi vuole darci è che si può vivere anche con meno, perché tutti abbiano il necessario.  


Il Natale ci fa pure capire che il problema economico, pur importante, non è l’unico e nemmeno il primo. La famiglia di Gesù in questo evento appare nella sua realtà più vera: pur in una grande povertà c’è l’amore, la pace e la gioia.


Del resto è proprio il mistero di Dio che ha tanto amato il mondo da donare il suo Figlio unigenito, a rivelarci la vera grandezza dell’uomo, che consiste nell’uscire da se stesso, dal proprio individualismo ed egoismo per costruire la vita sull’amore, dall’amore del prossimo all’amore di Dio.  ‘L’uomo non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé’ (G.S. 24). È questa scoperta che fa saltare tutti gli sfruttamenti dell’uomo sull’uomo, le oppressioni dei più deboli, le ingiustizie che minacciano la pace. Non saranno certo le rivoluzioni a mettere a posto il mondo, ma la forza dell’amore.


E perché questo non sembri un dovere da sostenere solo con la forza della volontà, il Figlio di Dio facendosi uomo, in certo qual modo si è unito ad ogni uomo. E a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio, e nello Spirito Santo di chiamarlo Padre.


Il Natale infatti è anche la conferma che siamo amati da Dio, voluti nella nostra realtà umana, che non deve essere poi così disprezzabile se Dio stesso si è fatto uomo. A volte può essere difficile capirlo, ma si può accettare sulla fiducia, per i tanti segni del suo amore che Dio ci ha dato.


Se i giorni di Natale saranno riempiti di queste verità, ci saranno di aiuto anche nella fatica delle varie emergenze per la salute, per un lutto, per la crisi e per i nostri problemi. Nel Natale il Signore non nasconde le difficoltà, ma le affronta e dà loro un senso, quello stesso che hanno avuto per lui quando ha voluto mostrarci il suo amore facendosi uomo.