[nov 7] Omelia – Santa Messa per i vescovi defunti

07-11-2021

Faenza, cattedrale 7 novembre 2021.

In questa celebrazione domenicale, che segue la ricorrenza del 2 novembre, facciamo particolare memoria dei vescovi defunti della nostra Diocesi di Faenza–Modigliana. E lo facciamo avendo l’obiettivo di vivere con più impegno il cammino sinodale che la Chiesa italiana ci ha proposto. Come saprete il 17 ottobre scorso abbiamo inaugurato il cammino sinodale, che durerà sino al 2025. Si tratta di circa quattro anni da vivere intensamente, tutti uniti nell’annuncio di Gesù Cristo, muovendo dalla celebrazione eucaristica. Perché ci proponiamo di partire, in particolare, dalla celebrazione eucaristica? Perché è in essa che noi, grazie alla comunione con Gesù Cristo che si incarna, muore e risorge, diventiamo e siamo comunione, partecipazione, missione.  Come dicevo nella domenica del 17 ottobre scorso, in un tempo di pandemia e di necessaria rinascita, occorre che, facendo leva proprio sul nostro essere comunione, partecipazione e missione con e in Gesù Cristo, ci poniamo tutti in ascolto della vita personale e comunitaria delle nostre parrocchie e delle associazioni, per intercettare nuove domande e tentare nuovi linguaggi nell’educazione alla fede. E ciò al fine di accompagnarne la rigenerazione, di rafforzare quanto di buono e di bello si è fatto, nonostante le difficoltà create dal COVID-19. Si tratta, soprattutto, di riaccendere in noi la passione missionaria e pastorale, di rinnovare lo spirito e l’agire ecclesiali, mediante un costante discernimento comunitario cristiano, sorretto dalla preghiera allo Spirito santo. Dobbiamo raggiungere tutti, anche i non credenti. A tutti va proposto l’incontro con il Signore Gesù, perché è Lui la salvezza, la gioia, la fonte della speranza. Mi preme ripetere qui che il buon esito del cammino sinodale dipenderà dal vivere intensamente la nostra fede in Gesù Cristo. Teniamo ben presente, dunque, che è dalla comunione con Gesù che deriva la nostra partecipazione alla vita della Trinità; e che facendo comunione con la vita della Trinità, condividiamo le missioni delle tre Persone. Come il Padre, che dà la vita, anche noi dobbiamo generare pienezza di vita ovunque siamo. Grazie al Figlio, Verbo che si fa carne, noi credenti siamo chiamati ad essere un «noi» di convocati e di inviati, un noi ecclesiale, che si incarna nel mondo, per portare a tutti la bellezza della figliolanza obbediente al Padre, sino a morire per amor suo. Come battezzati nello Spirito ed unti dal suo amore pieno di verità, siamo sollecitati ad essere nella storia suscitatori di novità di vita, intesa come dono, servizio. Il cammino sinodale che abbiamo già iniziato e al quale siamo invitati a partecipare in spirito di fede e di conversione, ci sospingerà a rendere il nostro essere comunione, partecipazione e missione  sempre più ricco di ardore e di condivisione della vita di Cristo. Perché tanta insistenza sul nostro impegno di missionari, di annunciatori e di portatori di Gesù Cristo? Il motivo è  molto semplice. Se non evangelizziamo tradiamo noi stessi che siamo stati costituiti da Gesù come suoi missionari. Se non  evangelizziamo non coltiviamo l’amore per Lui. Le nostre comunità diventeranno sterili. Se non portiamo Gesù Cristo, che è il cuore del nostro impegno apostolico, non comunichiamo ciò che è alla radice di ogni cambiamento in questo mondo, spesso preda di colui che odia Dio e l’umanità.

Per quanto detto, in questa Messa, celebrata per i vescovi defunti della nostra Diocesi, viene spontaneo ricordare in particolare quei vescovi che hanno celebrato dei sinodi in questa cattedrale nel corso dei secoli. Ciò non ci impedisce, ovviamente, di ricordare anche gli altri vescovi che hanno retto questa diocesi negli oltre 1700 anni della sua storia, a partire da quel Costanzo da Faenza, che sedeva su questa cattedra già nel 313 dopo Cristo. Il suo nome ci è noto proprio per via della partecipazione ad un concilio, che si tenne a Roma presso il Laterano per volontà di papa Milziade nell’ottobre 313 per dibattere la questione dell’eresia donatista, una delle tante che insidiavano la corretta formulazione del patrimonio teologico della Chiesa nei primi secoli di vita.

Tutti sappiamo che in questo 2021 ricorre il settimo centenario della morte di Dante Alighieri. Ebbene, proprio nell’anno in cui moriva il sommo poeta, il vescovo faentino Fra Ugolino, che era un minore francescano, tenne il secondo dei tre sinodi diocesani che furono celebrati durante il suo episcopato.

Venendo a secoli più vicini a noi, non si può dimenticare il cardinale Carlo Rossetti, di ricchissima famiglia ferrarese, a cui furono assegnati prestigiosi e delicati incarichi diplomatici presso le principali corti europee e che resse la diocesi faentina dal 1643 al 1681. Durante il suo episcopato, il più lungo in assoluto, abbellì la cattedrale di pregevoli opere d’arte, fra cui il pulpito e l’altare e le statue dei Santi Pietro e Paolo – una volta qui nel presbiterio ed oggi nella cappella della Madonna delle Grazie – il tutto con una magnificenza che si volle ricordare alle generazioni successive con la grande lapide posta sopra al portone principale d’ingresso. Il cardinale Rossetti si dedicò soprattutto ad una capillare riorganizzazione della diocesi celebrando ben nove sinodi diocesani. Un record assoluto. Volle che gli atti dei sinodi fossero raccolti in una monumentale monografia che venne consegnata ad ogni parrocchia.

Circa un secolo dopo, sul finire del 1742, fu nominato vescovo il faentino Antonio Cantoni. I concittadini lo conoscono soprattutto per essere stato l’artefice della costruzione dell’attuale Ospedale Civile. Quando vi ci rechiamo, appena entrati nel corridoio monumentale ci imbattiamo a destra proprio nel suo ritratto, che inaugura la lunga serie di quelli dei benefattori. Il Cantoni celebrò un importante sinodo diocesano in cattedrale, le cui decisioni volle pubblicare in un apposito volume, ma il suo attivismo riformista non poté esplicarsi oltre, poiché fu nominato arcivescovo di Ravenna, ove morì.

Per due secoli esatti a Faenza non vennero più celebrati sinodi diocesani e si giunge così al 1948. Da pochi anni era vescovo il bergamasco mons. Giuseppe Battaglia, giunto a Faenza proprio nel pieno delle devastazioni della Seconda guerra mondiale, che furono davvero pesantissime, con un enorme numero di vittime civili durante i frequenti bombardamenti. Mons. Battaglia si prodigò in maniera esemplare nell’assistenza alla popolazione civile, tanto che nell’immediato dopoguerra venne insignito della medaglia d’argento al valore militare da parte delle autorità alleate. Si doveva ricostruire l’intera Diocesi, dal momento che le chiese erano state quasi tutte distrutte o gravemente lesionate, ma egli bene comprese come la ricostruzione materiale non dovesse essere disgiunta da una più incisiva e spirituale ricostruzione delle comunità dei fedeli, letteralmente dissolte e smembrate dagli eventi. Per questa ragione nell’ottobre 1946 dette inizio alla visita pastorale che si concluse con un sinodo diocesano, celebratosi nell’ottobre 1948 sotto la protezione dei Santi Faentini e di cui resta memoria nella lapide posta proprio sopra questa cattedra, alla mia destra. Il Sinodo fu dichiarato in vigore il 23 febbraio 1949, sotto gli auspici di San Pier Damiani.

La necessità di mantenere la comunità ecclesiale al passo con i tempi di una società sempre più in evoluzione, fu alla base del sinodo diocesano voluto dal compianto mons. Francesco Tarcisio Bertozzi, deceduto nel maggio 1996 dopo lunga malattia e che tutti voi avrete probabilmente conosciuto. A differenza dei precedenti sinodi, non si trattò di un evento a carattere prevalentemente giuridico e normativo, circoscritto a pochi giorni di lavori, bensì fu un vero e proprio cammino di analisi, riflessione e preghiera che coinvolse l’intera comunità diocesana dal 1991 al 1995. Gli atti di quel sinodo recano il significativo titolo “Una Chiesa del Concilio Vaticano II per una nuova evangelizzazione” e costituiscono un riferimento propedeutico al successivo percorso sinodale rivolto ai giovani, anche questo nell’ambito di una sollecitazione rivolta a tutte le chiese locali e che a Faenza abbiamo solennemente concluso nel giugno 2019.

I vescovi Rossetti, Battaglia e Bertozzi, insieme ad altri, riposano in questa Cattedrale e con loro vogliamo raccomandare al Signore tutti gli altri pastori di questa nostra Chiesa che vive in Faenza-Modigliana. I sinodi che abbiamo menzionato vennero celebrati per corroborare le comunità cristiane, per renderle più vivaci ed efficaci nell’evangelizzazione. Da essa dipende che sia accolta la salvezza di Cristo, che è prima causa  della promozione della dignità delle persone e della liberazione dal male, dalle strutture di peccato. Con il recente inizio del cammino sinodale ci ripromettiamo di vivere un percorso rigeneratore, che postula una profonda conversione religiosa e culturale. Senza la conversione a Gesù Cristo non si pone in atto una nuova evangelizzazione, commisurata ai nostri tempi. Oggi, in particolare, con l’esigenza di una vera e propria rievangelizzazione, si richiede una previa o simultanea opera di «ricomposizione» del nostro io, ossia delle nostre identità personali, spesso frammentate da una cultura virtuale e fluida. Il Signore ci aiuti a ricostituire la nostra relazione con Lui e le relazioni tra noi, e con il creato. Solo così ci sarà possibile celebrare con cuore sincero e riconoscente la giornata di ringraziamento per i doni della terra e degli animali.

 

                                              + Mario Toso

                               Vescovo di Faenza e Modigliana