[dic 10] Intervento – Cinquantesimo dalla morte di Antonio Zucchini

10-12-2021

Faenza, 10 dicembre 2021.

Desidero inquadrare l’attualizzazione dell’insegnamento del conte Antonio Zucchini, già sindaco di Faenza (1920-1923) e personalità eminente del mondo cattolico del secolo scorso, non solo dal punto di vista sociale, ma anche dal punto di vista ecclesiale. In questo momento storico stiamo vivendo il cammino sinodale della Chiesa italiana, voluto da papa Francesco, che è, oltre che pontefice, anche primate della Chiesa italiana. L’obiettivo principale assegnato al cammino sinodale è strettamente connesso con il fine della comunità ecclesiale: essere un «noi» di comunione, di partecipazione e di missione nel mondo d’oggi, per portare a tutti la salvezza integrale di Cristo, affinché il Figlio di Dio sia tutto in tutti, cuore del mondo. In definitiva, la Chiesa italiana dovrebbe essere cosciente che, a fronte di un cambiamento d’epoca, come quello che stiamo vivendo, in un tempo di pandemia e di transizione ecologica, di arretramento della democrazia, è necessario intensificare la comunione con Cristo e tra di noi, accrescere la partecipazione e la corresponsabilità nella missione dell’annuncio e della testimonianza del Figlio di Dio.

Nei presbiteri, nei laici e nei religiosi si richiede maggior impegno nell’apporto alla costruzione del Regno di Dio. Tale impegno consiste nel percorrere la via dell’incarnazione di Cristo nella storia, per trasformarla e renderla percorso di un popolo che, seguendo Cristo, infonde nel mondo la vita dei figli di Dio, animati dallo Spirito d’amore della Trinità. Chi vive Cristo, come affermava san Paolo, è convinto che in tutto quello che compie, unito al suo Signore, porta salvezza, novità di vita: nella famiglia, nella scuola, nella cultura, nell’economia, nella politica, nei mezzi di comunicazione. Con il cammino sinodale noi siamo spronati a rinnovare le relazioni, le istituzioni, il mondo intero, muovendo dal celebrare, come ci ha sollecitati papa Francesco nell’enciclica Laudato sì’ e, più precisamente, partendo dall’Eucaristia, che fa memoria dell’incarnazione redentrice di Cristo e ci invia negli ambienti della vita quotidiana per continuarla assieme a Lui. Parimenti Antonio Zucchini era convinto che il fulcro irradiante e luminoso della trasfigurazione della vita umana fosse il sacrificio del Signore Gesù, accolto, celebrato, vissuto. Tutto l’impegno culturale e politico del credente gravita nella comunione con il Cristo eucaristico, con Colui che si incarna, muore e risorge. È da tale comunione che scaturiscono novità di visione e di pensiero, nuove culture e nuovi umanesimi, capacità di discernimento. Vivendo il mistero della compenetrazione del divino nell’umano, il conte Antonio scorgeva in tale unità la scaturigine dei principi fondanti della democrazia (ai suoi tempi ancora prevalentemente circoscritta al sociale), dell’ispirazione cristiana che deve permeare ogni azione. Al pari dei cattolici che, alla fine dell’800 ed all’inizio del ‘900, si alimentarono dei contenuti e del sapere sapienziale della Rerum novarum, della dottrina sociale ispirata dal Vangelo – si pensi anche solo al popolarismo e al municipalismo sturziano -, anche il conte Antonio Zucchini colse nella matrice culturale del cristianesimo, il fondamento di una socialità e di una democrazia strutturate dai principi della libertà legata alla verità, della fraternità, dell’uguaglianza e della giustizia.

Grazie alla sua fede adamantina divenne un democratico convinto. Come ebbe a dire con efficacia il sindaco di Faenza Elio Assirelli, in occasione del Convegno degli ex allievi salesiani del maggio 1971, più che per «natura» – Antonio Zucchini era di famiglia nobile – fu un democratico per vocazione, ossia per il suo essere cristiano.

A partire dalla sua fede e dalla connessa visione della persona, Antonio Zucchini, come aveva fatto prima Giuseppe Toniolo,[1] ora beato, giunge a proporre, in un suo saggio del 1924, una visione personalista dell’economia e dei suoi limiti. Muovendo sempre dalla prospettiva cristiana della vita e dell’impresa, afferma convintamente il principio che l’operaio deve essere fatto socio, compartecipe della produzione e dei suoi utili. Una visione ancor’oggi innovativa a fronte di imprese spesso finanziarizzate, strumentalizzate dal profitto per il profitto, a brevissimo termine.  Parimenti, rivendica, come elementi di un’unica concezione della morale e del diritto, sia la libertà sia il rispetto delle personalità. Non si può affermare l’una senza l’altro. Né si prescinde dall’una senza prescindere dall’altro. L’economia non è separata dalla morale, anche se non si identifica del tutto con essa. Va coniugata con il diritto e la giustizia. Don Luigi Sturzo spesso ripeteva che una economia senza morale diventa diseconomia. Più vicino a noi, papa Benedetto XVI, nella Caritas in veritate, ha espresso concetti analoghi, allorché scrisse che l’economia, in quanto attività dell’uomo e, proprio perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente, fraternamente (cf CIV n. 36).

Non è estraneo alla stessa fonte ispiratrice il motto che spesso, come sindaco o come tessitore di un nuovo progetto politico per i cattolici faentini, pronunciava e che opportunamente è stato scelto come titolo dell’incontro di questa sera: «niente alla violenza; molto, anzi, tutto alla giustizia». Per Antonio Zucchini, la politica è in grado di far progredire le persone allorché è animata dalla carità, virtù teologale. Come tale la politica non solo edifica la città terrena ma anche il Regno di Dio. È questa una linea di pensiero che accomuna Antonio Zucchini ai tanti cattolici che vivono una fede in profondità, dai tempi di Leone XIII fino alla recente enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. Al lato pratico, la politica imperniata nella carità diventa impegno di redenzione per essa.

In definitiva, il conte Antonio Zucchini ha impersonato una figura di cattolico «integrale» (non integrista), che intendeva vivere la fede in tutte le dimensioni della vita  e che faceva gravitare l’impegno sociale e politico nell’unità di vita con Cristo e il suo Amore. Tale unità non consentiva separazione alcuna tra fede e politica, bensì armonia nella distinzione, il più possibile.

In questo nostro tempo, invece, la fede religiosa non sembra più conformare, ossia non pare più riuscire a unificare i vari comportamenti dei credenti. Sicché essi tendono a vivere una netta separazione tra fede e impegno sociale-politico, tra ragione e politica. È indubbio, diciamocelo pure, che questo modo di pensare di non pochi cattolici pone per la Chiesa una questione teologica ed ecclesiologica, una «questione cattolica» direbbe Gianfranco Brunelli, non piccola.

È indubitabile che ancora oggi, come mondo cattolico, abbiamo molto da imparare da coloro che ci hanno preceduto. I tempi sono mutati, ma non può cambiare l’amore che lega i credenti a Cristo, che è venuto per instaurare tutte le cose in Lui, compresa la politica. Questa, se vissuta con l’amore di Cristo, mantiene e fortifica la sua autonomia laicale.

Concludo ringraziando quanti hanno collaborato alla realizzazione di questo evento e quanti lavoreranno per gli appuntamenti che nei prossimi anni saranno dedicati alla figura di Antonio Zucchini.

+ Mario Toso

Vescovo di Faenza-Modigliana

[1] Sul pensiero economico di Giuseppe Toniolo si legga: D. Sorrentino, Economia umana. La lezione e la profezia di Giuseppe Toniolo: una rilettura sistematica, Vita e Pensiero, Milano 2021.