Omelia per la Giornata mondiale della pace

All’inizio di un Nuovo anno festeggiamo la divina maternità di Maria. Nell’espressione “Dio mandò il suo Figlio nato da donna” si trova condensata la verità fondamentale su Gesù come Persona divina che ha pienamente assunto la nostra natura umana. Egli è il Figlio di Dio, è generato dallo Spirito santo e al tempo stesso è figlio di una donna, Maria. Viene da lei. È da Dio e da Maria. Per questo la Madre di Gesù si può e si deve chiamare Madre di Dio.

Questo titolo fu definito dogmaticamente nel 431, dal Concilio di Efeso.

Fin dall’antichità, pertanto, la Madonna venne onorata con titolo di Madre di Dio (Theotókos). In occidente, tuttavia, non si trova per tanti secoli una specifica festa dedicata alla maternità divina di Maria. La introdusse nella Chiesa latina il Papa Pio XI nel 1931, in occasione del 15° centenario del Concilio di Efeso, e la collocò all’11 ottobre. Fu poi il santo Paolo VI, nel 1969, riprendendo un’antica tradizione, a fissare questa solennità al primo gennaio e a connetterla con la Giornata Mondiale della Pace. Festeggiare la Madre di Dio, che è Madre del Principe della pace, significa impegnarsi a costruire la pace sulle orme del Redentore.

In occasione del 1 gennaio, a partire dal santo Paolo VI, ogni pontefice è ormai abituato ad indirizzare ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo, nonché ai responsabili delle comunità religiose e delle varie espressioni della società civile, un Messaggio per la Celebrazione della Giornata mondiale della Pace. Il Messaggio di papa Francesco per la 52a Giornata porta questo titolo: La buona politica è al servizio della pace. Si tratta di un Messaggio impegnativo sebbene scritto in maniera semplice e piuttosto breve. In esso si spiega che se si vuole la pace nel mondo è fondamentale che, nei vari Paesi, nella famiglia dei popoli, sia vissuta una buona politica, ossia un’azione comunitaria di servizio al bene comune. Tutti sono chiamati – cittadini e rappresentanti dei cittadini – a realizzare il bene comune, non andando in ordine sparso, bensì collaborando insieme, creando le condizioni sociali che consentono ad ogni persona, ad ogni famiglia, ad ogni gruppo umano, ad ogni popolo il conseguimento della propria pienezza umana in Dio. Perché la politica sia buona, cittadini e rappresentanti dei cittadini debbono essere educati a servire il bene comune (ma dove lo facciamo?), acquisendo tutta una serie di virtù umane (giustizia, equità, rispetto reciproco, sincerità, onestà), ma anche vivendo la virtù delle virtù teologali, ossia la Carità. Detto altrimenti, la politica richiede di essere redenta, come tutte le altre attività dell’uomo, mediante un’evangelizzazione del sociale. Solo così la politica può essere buona e porsi efficacemente al servizio dei doveri-diritti umani, della pace. Una politica animata dalla Carità, da un Amore pieno di verità, come ha insegnato Benedetto XVI, può meglio riconoscere la verità dei doveri-diritti, che non sono e non possono essere un qualcosa di arbitrario, frutto di scelte libertarie, come si sta sempre più verificando nei parlamenti. Per conseguire una buona politica, occorre, per conseguenza, che siano combattuti i vizi della politica che distruggono la vera politica, il bene umano che sta al centro del bene comune, togliendo credibilità sia ai cittadini sia ai rappresentanti, indebolendo la democrazia, mettendo in pericolo la pace. Quali sono i vizi che debbono essere sconfitti? Papa Francesco ne elenca alcuni: il disprezzo per il diritto, la noncuranza  delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la xenofobia, il razzismo, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali a motivo di un profitto immediato. Pone al primo posto fra tutti i vizi, la corruzione, nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone. Perché papa Francesco è molto severo e tranciante nei confronti della corruzione, giungendo a dire: «peccatori sì, corrotti no»? Perché la corruzione è come una peste che infetta la politica e la distoglie dal suo obiettivo primario: il bene comune. La prima radice della corruzione è il cuore umano che si attacca smodatamente al denaro, al potere, al successo personale, mettendoli al posto di Dio. La corruzione più che un peccato è l’origine di tutti i peccati in politica, ma non solo. Il corrotto vive una condizione di vita che impedisce a Dio di perdonarlo. Di fronte a Dio che non si stanca di perdonare, il corrotto si erge come autosufficiente, come colui che, in definitiva, è stanco della trascendenza, non crede in Dio. Adora solo se stesso. Il corrotto, in particolare, non si sogna nemmeno di chiedere perdono perché ritiene di non aver niente da farsi perdonare: che male c’è nel comportarsi come tutti (o quasi) si comportano non appena possono avvalersi di un qualche privilegio o approfittare di una posizione di forza e di potere per commettere soprusi ed ingiustizie? Che male c’è nel corrompere col proprio denaro o con il miraggio di una carriera facile conseguita o offerta a questo o a quella persona? Il corrotto non prova alcun rimorso, e non vede di che cosa pentirsi. I politici, ma anche i cittadini per vivere una buona politica debbono piuttosto riconoscere i propri limiti e i propri peccati. I credenti sanno che per vivere una politica buona non sono necessarie solo le virtù umane. C’è bisogno della Carità di Dio, del suo Amore pieno di verità, come appena detto. Essa abilità al servizio dei diritti umani, del bene di tutti, aprendo i vari «io» al «noi», all’unità e alla forza morale del vivere solidali, in comunità e comunione, prendendosi cura del bene di tutti, operando per il bene degli altri, del popolo intero, vivendo il comandamento nuovo come legge fondamentale dell’azione politica.

Per realizzare la pace occorre diventare esperti di grandi progetti. Occorre sognare in grande e coinvolgere tutti, specie le nuove generazioni. La politica infatti si sviluppa su più livelli: nazionale, regionale e mondiale, e ha bisogno dell’apporto di tutti. Chi, poi, intende militare nella politica attiva dovrebbe sapere che la pace, ossia le condizioni del bene di tutti, non si riducono solo alle condizioni economiche o ai diritti sociali. La pace è frutto del conseguimento dell’insieme dei diritti: civili, politici, sociali, religiosi e culturali. Chi vuole la pace non può combattere il diritto alla vita. Peraltro, chi vuole opportunità economiche per tutti non può dimenticare la dimensione etica della politica e dell’economia. Sono tre le dimensioni indissociabili della pace interiore e comunitaria: la pace con se stessi, con l’altro, con il creato. Maria, Madre del Cristo Salvatore e Regina della Pace ci aiuti a volerla, amarla e a realizzarla con lo Spirito d’amore del Figlio, uno Spirito di verità.

+ Mario Toso