OMELIA per la solennità di TUTTI I SANTI

Faenza - Basilica Cattedrale, 1 novembre 2015
01-11-2015

La solennità di tutti i santi è il momento in cui la Chiesa festeggia la sua dignità di madre, immagine della città celeste, la nuova Gerusalemme. In questa solennità, essa mostra la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, sorgente e modello di ogni santità. Oggi la Chiesa onora e ricorda tutti i suoi figli, quelli passati e presenti. Nella prima lettura, l’autore del libro dell’Apocalisse li descrive come «una moltitudine immensa» che nessuno può contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua (cf Ap 7,9). Tra di essi sono compresi i santi dell’Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell’inizio del cristianesimo e i beati e si santi dei secoli successivi, sino ai martiri e ai testimoni di Cristo del nostro tempo. Li accomuna tutti la volontà di essere di Cristo, di incarnare nelle loro esistenze i suoi sentimenti, di lottare come Lui contro il male col bene, di perdonare, secondo il suo insegnamento, settanta volte sette.

Nella moltitudine dei santi non vi sono solo quelli canonizzati, ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato e cercano di compiere con amore e fedeltà la volontà di Dio. Della gran parte di essi non conosciamo i volti, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio. Non dimentichiamo che oggi la Chiesa non festeggia solo i suoi figli che sono in paradiso ma anche coloro che camminano su questa terra, verso l’approdo definitivo. Sant’Agostino ha raffigurato la Chiesa come un popolo immenso che si muove, quale teoria sterminata di persone, verso la Gerusalemme celeste. Di questo popolo una parte è ancora quaggiù, pellegrino sulla terra. Un’altra parte è giunto in prossimità di quel tempio di luce ove coloro che vedono il volto di Dio faccia a faccia esultano e gioiscono godendo la sua piena comunione. Si tratta di coloro che debbono ancora purificarsi e perciò si trovano nel pronao, all’entrata del tempio, in attesa di fare il loro ingresso definitivo.

La liturgia di oggi ci esorta, dunque, a concentrare lo sguardo sull’interezza della nostra famiglia, fatta di credenti e battezzati. Desidera che ci vediamo per quello che siamo: una grande e sconfinata comunione. Formiamo la comunione dei santi del cielo e della terra. Noi non siamo soli. Ma siamo in compagnia di una grande moltitudine di fratelli e sorelle, tutti partecipi, in maniera diversa, della vita gloriosa e piena di Cristo. La comunione dei santi esiste proprio grazie a Cristo, ossia per mezzo di Colui che incarnandosi ha assunto la nostra natura umana e ci ha arricchiti della vita immortale, quella di Dio. Noi siamo in comunione con i nostri fratelli, la cui vita non è stata tolta ma trasformata. Lo siamo a motivo del fatto che formiamo con Colui che si è fatto uomo, ed è morto e risorto, un solo Corpo, un solo Essere di persone in comunione. Viviamo uniti a Cristo come i tralci alla vite.

In questa comunione dei santi, attraverso Cristo pontefice massimo, ossia costituito ponte tra noi che viviamo sulla sponda della mortalità e i nostri cari che sono approdati sulla sponda dell’immortalità, le nostre preghiere passano e possono aiutare coloro che hanno bisogno di purificazione. Peraltro, sempre attraverso Cristo, coloro che si sono già stabilizzati nella vita eterna ci aiutano con la loro intercessione e la loro solidarietà.

Quale mistero! Quale ricchezza di tenerezza, che travalica i confini dello spazio e del tempo. Nella comunione dei santi il nostro amore per i nostri cari defunti continua. Il loro affetto per noi non cessa mai. Il Signore tiene vivo il legame che ci unisce in terra e lo rende eterno. Benedetto sia il suo nome. Non siamo mai orfani. La paternità e la maternità dei nostri genitori continua. Possiamo essere sempre cuore a cuore con loro.

Questa solennità non serve solo a rincuorarci e a rassicurarci che in Gesù Risorto, vincitore della morte, tutto continua come prima, sebbene in una condizione d’esistenza diversa. È anche il momento in cui, guardando ai nostri fratelli e sorelle Santi – che come diceva san Bernardo non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto – siamo accesi da un desiderio più grande di amare Cristo (Disc. 2; Opera Omnia Cisterc. 5, 364 ss). Ecco un ulteriore significato dell’odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei santi risvegliare in noi il desiderio di essere come loro: felici di vivere Cristo, di respirare con i suoi polmoni, di pensare come Lui, di volere e di amare come il Figlio di Dio.

Di tanto in tanto facciamo una visita nella nostra cattedrale, guardando e soffermandoci a destra e a sinistra, ma anche al centro. Qui troviamo immagini di santi, il corpo di santi e di beati cari alla nostra comunità, la tomba di sacerdoti e di vescovi. Dopo aver terminato il nostro giro ci troveremo rinfrancati, ci si sentirà confortati dalla compagnia e dall’esempio anche di coloro che hanno desiderato di essere sepolti più vicini al luogo in cui si celebra l’Eucaristia, quel sacrificio che consente ed alimenta la comunione dei santi. Impariamo da loro. Insegniamo alle nuove generazioni di pregare e di far celebrare sante Messe per i nostri cari defunti, per coloro che, sacerdoti e vescovi, catechisti e diaconi, hanno nutrito la nostra fede.

La vista di alcuni concittadini divenuti santi e beati ci confermerà nella convinzione che la santità esige uno sforzo continuo, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell’uomo, è anzitutto dono di Dio tre volte Santo (cf Is 6, 3).

La via della santità è tracciata dalle beatitudini che poco fa abbiamo sentito risuonare. Dice Gesù: beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia (cf Mt 5, 3-10). La lettera pastorale del vescovo, intitolata Misericordiosi come il Padre, indica gli ambiti in cui essere santi in termini attuali, nella famiglia, nel lavoro, nell’economia, nella finanza, nella politica, nei mezzi della comunicazione sociale, nella cura della salute. La santità non è una realtà astratta, fuori dal tempo e dallo spazio. Essa concerne la nostra vita quotidiana, quella di oggi. Siamo santi nella quotidianità della vita, imitando Cristo, il quale ci ha detto che solo colui che perde la propria vita la ritroverà.