OMELIA per la SOLENNITA’ del CORPUS DOMINI

Faenza - Cappuccini, 7 giugno 2012
07-06-2012


La celebrazione della solennità del Corpo e del Sangue del Signore ci offre l’occasione per prolungare l’Eucaristia con la processione, segno del nostro essere Chiesa in cammino nella città degli uomini. Chiesa che condivide le gioie e le speranze, le sofferenze e le fatiche dei poveri, dei malati, di chi ha perso la casa, il lavoro, la speranza, la pace’


La nostra Eucaristia non deve chiuderci di fronte al mondo in cui siamo immersi, ma deve accendere una luce, che illumini anzitutto noi, gente di poca fede, e poi sia promessa di futuro per la nostra gente, per i giovani soprattutto, per le famiglie e per quanti sono in difficoltà.


L’Eucaristia è Dio che è rimasto qui, visibile mistero, perché sapeva che ci saremmo smarriti nella nostra pretesa di fare da soli; è rimasto per salvare la nostra vita personale e comunitaria, ma soprattutto è rimasto per aprirci la strada del Regno.


La nostra storia viene da lontano. Abbiamo ascoltato che Dio, mediante Mosè, ha fatto con il popolo un’alleanza, sigillata nel sangue del sacrificio e fondata nell’ascolto della sua Parola; era una iniziativa di Dio per guidare il popolo sulla via della pace. Ma solo quando l’alleanza è stata fatta nuova in Cristo, l’uomo ha conosciuto la salvezza.


Cristo infatti, come abbiamo ascoltato, non con il sangue di animali, ma con il proprio sangue ha ottenuto una redenzione eterna, entrando una volta per sempre nel santuario di Dio, così da rendere possibile anche per noi giungere presso il Padre. In Cristo infatti siamo stati scelti prima della creazione del mondo, per vivere da figli di Dio; e se figli, anche eredi. La vita divina, partecipata a noi nel Battesimo, viene alimentata dal Pane della vita, che ci sostiene nel cammino.


Il Vangelo di Marco ci ha anche ricordato il mistero del Sangue del Signore, il quale ‘prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio’.


In forza del Pane eucaristico camminiamo fino al monte di Dio; il frutto della vite, il vino che rallegra il cuore dell’uomo, il sangue di Cristo ci raccoglie al banchetto del Regno per la Pasqua eterna, nel giorno senza tramonto.


Il segno del vino racchiude in sé per un verso la sostanza del Sangue, e rende presente in modo sacramentale il sacrificio di Cristo; per altro verso il segno del vino richiama l’ebbrezza dello Spirito che agisce in coloro che sono uniti a Cristo.


Comprendiamo così che fare festa nel Signore è conseguenza dell’amore che Dio ha messo in noi, perché lo possiamo riversare nei nostri fratelli, e fare l’esperienza della gioia del dare.


Mentre noi siamo riuniti in questa santa assemblea, non possiamo non pensare a tutti coloro che in queste settimane sono stati colpiti dal terremoto in un territorio a noi vicino, e hanno perduto persone care, la casa, il lavoro e le loro chiese. Questo insieme di cose deve farci riflettere sulla preziosità dei doni di cui noi ancora disponiamo, e dobbiamo chiederci se li stiamo valorizzando pienamente. Anzitutto il dono della vita, che proprio perché può cessare con tanta rapidità non può essere sprecata, ma deve trovare tutto il suo significato nel fare il bene e nel prepararci all’eternità che ci è stata promessa.


Pensiamo alla realtà della casa per la vita e l’intimità della famiglia; luogo nel quale si impara a vivere, ad accettare gli altri, a servire, ad amare e a perdonare; spazio per la nostra creatività, per il silenzio e la preghiera, per condividere con i fratelli, i parenti, gli amici e i poveri. Ha detto un anziano che ha dovuto abbandonare la sua casa: abbiamo dovuto lasciare tutto quello che tra poco dovremo lasciare per sempre. Una lettura di fede, che mostra la capacità di imparare anche  in una situazione difficile.


Anche il lavoro si capisce nella sua importanza quando lo si perde. Oltre al significato misterioso di collaborazione con Dio nel custodire il creato, il lavoro porta dignità e libertà alla persona, che può sostenere la famiglia, servire nella società ed essere responsabile nel costruire il futuro. Tuttavia il lavoro non deve essere sacrificato all’avidità del denaro, che sta alla radice di tutti i mali (cfr. 1 Tim 6,10), compresa la vanificazione della domenica.


Come diventeranno le domeniche in quelle comunità che hanno perduto la chiesa, nella quale vivevano l’Eucaristia domenicale, condividevano le feste dell’anno liturgico, celebravano i sacramenti e per molti rappresentavano la storia di intere generazioni? Tutti abbiamo bisogno della festa, vissuta nella famiglia e condivisa con quanti vivono la stessa fede. Facciamo abbastanza per difenderne il significato e la sopravvivenza, contro il dilagare della distruzione della domenica? Potremo vivere senza festa, senza Eucaristia domenicale, senza ciò che dà senso e illumina la vita?


La benedizione dei Ministri straordinari della comunione che tra poco faremo, a servizio della comunità cristiana di questa parrocchia, ci ricorda come dall’Eucaristia nascano le opere di carità, di vicinanza e di condivisione.


Pensando a coloro che soffrono, vogliamo pregare per loro, e ricordare che ‘in Cristo Gesù ciò che conta è la fede che opera per mezzo della carità’ (Gal 5, 6).