OMELIA per la Messa della DONAZIONE DEI CERI da parte dei Rioni di Faenza

Faenza, Basilica cattedrale - 7 maggio 2016
07-05-2016

Gesù Cristo, dopo la morte e la risurrezione, appare agli apostoli. Si trattiene e parla con loro, continuando ad istruirli, consolandoli. Riscalda i loro cuori, come aveva fatto con i discepoli di Emmaus. Li compatta e li rende più coraggiosi. Ma il tempo delle apparizioni si avvia alla conclusione. Incomincia il tempo della missione sino agli estremi confini della terra. Contemporaneamente inizia un nuovo modo di presenza di Gesù tra i suoi. Ciò avviene mediante l’evento dell’Ascensione che celebriamo oggi e di cui gli Atti degli Apostoli ci informano (cf At 1, 1-11).

La dipartita di Gesù è preceduta da un colloquio con i suoi discepoli, ancora rinchiusi nelle loro vecchie idee. Quelli che erano con lui – riferiscono gli Atti – gli domandavano: Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele? All’idea di un rinnovato regno davidico Gesù contrappone una promessa ed un incarico che andavano in un senso opposto. La promessa è che essi saranno colmati della forza dello Spirito Santo. L’incarico consiste nel fatto che dovranno essere i suoi testimoni fino ai confini del mondo. I discepoli non devono essere né studiosi della storia né indovini del futuro. Come i discepoli, il cristiano è chiamato alla presenza nel mondo riconoscendo il dono ricevuto e la missione affidata. Il credente deve sentirsi gratificato dalla vicinanza interiore di Dio e – in base a ciò – essere attivo nella testimonianza a favore di Gesù Cristo.

L’evento dell’Ascensione introduce i credenti in una più intima comunione con Dio. Infatti cos’è l’Ascensione di Cristo? Non è un viaggio di Gesù nello spazio verso gli astri più remoti. L’Ascensione di Cristo significa che Egli non appartiene più al mondo della corruzione e della morte che condiziona la nostra vita. Significa che Egli si situa in un ordine diverso rispetto a quello spaziale e cosmico, ossia si pone in un’altra dimensione dell’essere. Egli rientra completamente nella dimensione d’esistenza di Dio, un’esistenza sovraspaziale e sovratemporale. Ritorna nel mistero di Dio, in Dio, con un’umanità trasfigurata, sedendo alla destra del Padre. Cosa vuol dire questo per noi? Che l’Ascensione non riguarda solo il Figlio Eterno, ma il Figlio di Dio fattosi carne, uomo; e, quindi, riguarda – in quanto la nostra umanità è stata assunta da Lui – ciascun uomo. Il Figlio di Dio, mediante l’Ascensione, porta con sé la carne e il sangue in una forma risuscitata. L’uomo trova spazio in Dio, in una comunione di vita e di potere con il Dio vivente. Attraverso Cristo, l’essere umano è portato fin dentro la vita stessa di Dio. E, così, noi viviamo in Dio. Mentre scegliamo, operiamo, soffriamo, gioiamo, non siamo separati da Dio.

Occorre esserne coscienti. Occorre esserne conseguenti. Siamo e viviamo in Dio. Tutto ciò che compiamo ha una dimensione diversa, sovrumana. Amiamo Dio e il prossimo non con le sole nostre forze. Non siamo mai, nonostante il senso dell’indifferenza altrui, da soli. Con l’Ascensione del Signore non siamo abbandonati ma siamo resi maggiormente del Figlio e del Padre. Portandoci con sé in Dio ci rende più vicini a Lui, per sempre. Ognuno di noi può sentirsi tenuto in braccio da loro. Il loro volto può essere toccato ed accarezzato con le nostre mani.

Cari fratelli e sorelle, vivendo il mistero dell’Ascensione comprendiamo l’amore di Dio per noi che, vedendoci fragili e incostanti, ha deciso di mandarci il Figlio, affinché grazie a Lui, fossimo sollevati, resi più intimi al suo Amore di Padre.

Oggi veneriamo la nostra Madre Maria, Beata Vergine delle Grazie, come patrona di questa Diocesi e di questa città. Ebbene, la più grande grazia che Ella ci ha concessa è l’aver consentito, con il suo Sì, alla nostra umanità di diventare dimora del Figlio e del Padre, di tenere, come ha fatto Lei, tra le nostre braccia Gesù, come hanno anche fatto sant’Antonio di Padova e san Padre Pio, che sono rappresentati con il Bimbo Gesù in braccio.

Se Gesù Cristo con l’Ascensione introduce ciascuno di noi in Dio, Maria è Colei che consente a Dio di entrare e di abitare in ciascuno di noi. La Beata Vergine delle Grazie, quale Madre premurosa, libera i propri figli dai mali fisici e morali, donando a loro soprattutto Cristo, il Redentore.

I Rioni che portano i loro ceri alla Madre non solo domandano la sua protezione celeste ma anche promettono di essere esistenze che si muovono e sperano, minuto dopo minuto, in Dio.