OMELIA per la festa di SANTA CHIARA

Faenza - Convento Santa Chiara, 11 agosto 2016
11-08-2016

Chiara dal carattere forte, deciso ed indipendente scappa di casa per consacrarsi interamente al Signore, rapita dalla sublime conoscenza di Lui (cf Fil. 3, 8-14). Nobile, ricca, sognata da molti giovani, rinuncia al matrimonio, ad una posizione sociale agiata.  Per guadagnare Cristo lascia perdere tutte le cose che dagli uomini sono ritenute importanti e le considera una spazzatura. Cosa aveva in mente? Perché una scelta così radicale, che la poneva dalla parte di coloro che contavano di meno nella società?  Che cosa, ultimamente, le interessava, lei diciottenne, che aveva più di un’opportunità spalancata dinnanzi a sé? Mentre indossava un rude saio, segno di rottura col mondo e col passato, desiderava star dentro la storia, ma in un modo diverso da quello abituale. E tutto questo per amore, per servire Cristo, per indicarlo come punto di riferimento indispensabile, per cambiare le cose nella Chiesa e nel mondo.

Anche noi, oggi, in un contesto in cui viviamo di corsa, indaffarati e indifferenti, al punto spesso da dimenticare gli altri e il senso della nostra vita, abbiamo bisogno di persone che con le loro scelte coraggiose ci sappiano indirizzare a Colui che ci può salvare e colmare con la sua Vita.

Chiara capì che per essere di aiuto ai suoi contemporanei doveva spogliarsi di tutto ed essere, invece, rivestita di Cristo. Poteva regalarlo, se prima era totalmente sua. E questo non da sola. Assieme a Chiara, altre giovani si consacrarono a Dio e trovarono rifugio presso la Chiesa di san Damiano, ad Assisi. Qui la comunità crebbe, aiutata da quella dei frati che si era formata attorno a Francesco. Accolse anche le sorelle di Chiara, Agnese e Beatrice, nonché la loro stessa madre. Erano donne che non intendevano fuggire dal mondo, sebbene vivessero ritirate. Non volevano evadere dalle difficoltà quotidiane della gente. Immerse nella preghiera, si sostenevano col loro lavoro, senza peraltro rifiutare l’aiuto di coloro che le accompagnavano con simpatia.

Per loro, però, era prioritario essere al servizio della Chiesa, vivendo davanti a Dio con la preoccupazione della salvezza di tutti. Un esempio non solo per i tempi passati, ma anche per i nostri giorni!

Lo sappiamo bene: Francesco prima, Chiara poi, con altri fratelli e sorelle, abbracciarono «madonna» povertà e con la loro vita di innamorati di Dio resero più giovane e più bella la Chiesa, ricostruendola là ove era cadente. Francesco e i suoi frati minori; Chiara e le sue sorelle minori, non solo ricostruirono le chiese fatte di pietre materiali, ma specialmente la chiesa costruita con pietre spirituali. Fu una primavera per il popolo di Dio

Venendo a noi, in un momento storico in cui la Chiesa sembra perdere terreno sia per scarsa incisività culturale sia perché cresce l’analfabetismo religioso, domandiamoci: troviamo o prepariamo giovani generazioni che siano interessate alla causa del Vangelo e perciò trovino l’ardire di consegnare la vita a Dio  per rinnovare la propria comunità, donandosi interamente a Lui? Crediamo ancora che una comunità di religiose, come lo sono le nostre sorelle Clarisse, possano, pur trascorrendo una vita visibilmente separata a motivo della clausura, essere fermento di quella conversione pastorale e pedagogica a cui ci ha invitato papa Francesco con la sua esortazione apostolica Evangelii gaudium?

Se ben riflettiamo la loro presenza, benché silenziosa, è quanto mai efficace. Il loro servizio di preghiera, di accoglienza, di aiuto ai poveri, di accompagnamento spirituale, le rende luce in mezzo alla nostra città e per la nostra Diocesi. Il loro amore indiviso a Cristo, che le fa più forti nella testimonianza, le mostra a noi quali persone più soavi, vere sorelle e madri, che ci accompagnano nel nostro pellegrinaggio di fede, fra le vicende della storia, verso Dio Trinità.

«Chiara si nascondeva, ma la sua vita era rivelata a tutti. Taceva, ma la sua fama gridava», è scritto nella bolla di canonizzazione, avvenuta nel 1255, ad opera di papa Alessandro IV. Care sorelle Clarisse, la vostra esistenza qui tra noi sia sempre più simile a quella della vostra santa Fondatrice, ossia luce e consolazione per il popolo di Dio. Aiutateci con la vostra preghiera e il vostro servizio apostolico a fare di tanti giovani, che passano momenti preziosi di incontro col Signore nella vostra casa, delle persone audaci, ispirate dal profondo desiderio di seguire il Maestro, Francesco e Chiara. 

Profitto di questa festa per ringraziarvi – senza, peraltro, dimenticare gli altri conventi della nostra Diocesi che pure l’hanno fatto – per quanto avete offerto al Signore a favore dei nostri giovani partecipanti alla Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia. Essi hanno avuto la fortuna di vivere alcune settimane completamente immersi nell’esperienza della Misericordia, mediante la cordiale e fraterna ospitalità della gente polacca, mediante incontri, catechesi, momenti di preghiera, visite a santuari, a luoghi di drammatica ed inaudita crudeltà come Auschwitz, che ha indotto tutti a interrogarsi sul nesso tra perdono e giustizia. Sono stati giorni ricchi di emozioni ma soprattutto di fede. Sicuramente hanno lasciato tracce profonde nel cuore dei partecipanti, irrobustendo le motivazioni del loro dono e della loro missione. Grazie, dunque, care sorelle, perché tutto è andato bene, anche con il vostro sostegno. Il Signore vi benedica e vi ricompensi. Vi accompagni nella preparazione all’ormai prossimo Capitolo. Celebriamo con fede l’Eucaristia, e come Chiara affidiamoci a quel Gesù che protesse lei e le sue suore dall’aggressione dei Saraceni. Sono consolanti  le parole con cui il Signore la rassicurò: «Io ti difenderò sempre».