OMELIA per la FESTA del LAVORO

Faenza, parrocchia di San Giuseppe Artigiano - 1 maggio 2011
02-05-2011


(omissis) Mentre noi siamo qui a Roma, Papa Benedetto XVI sta dichiarando beato Giovanni Paolo II; di lui voglio ricordare l’enciclica sul lavoro, Laborem exercens, fatta a 90 anni dalla Rerum novarum. In questa enciclica di Giovanni Paolo II sono affermati tre primati, che sono interessanti.


Anzitutto il primato del lavoro sul capitale. Ricordiamo solo l’enunciato, ma sarebbe interessante approfondirne le implicazioni; siccome il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro, ha più importanza il lavoro umano che il capitale, tant’è vero che c’è tanto lavoro senza capitale, come i servizi.


Un altro primato è quello della persona sul lavoro: ‘Il primo fondamento del valore del lavoro è l’uomo stesso’. Il lavoro infatti completa la persona. Il guaio dei nostri giovani è l’essersi preparati ad un lavoro e non trovarlo. Voi vi chiederete: ‘Ma noi che cosa ci possiamo fare’? Intanto è importante esserne convinti, a cominciare dai giovani stessi. Dover dire che nessuno ha bisogno di me, è terribile. La dignità dell’uomo viene prima del lavoro. Perché la domenica è importante? Perché con la domenica si afferma che c’è qualcosa di più importante del lavoro. Lavorare o tenere i negozi aperti alla domenica, lede questo principio, e non dobbiamo tollerarlo; bisogna combattere per queste cose.


Il terzo principio di Giovanni Paolo II è la destinazione universale dei beni della terra, secondo il diritto naturale, cioè non perché uno lo afferma, cioè per diritto positivo, ma perché è nella natura stessa dei beni e delle risorse della terra essere per il bene di tutti. I tesori che sono nel mondo, sono di tutti gli uomini di oggi, e sono anche di tutti quelli delle future generazioni; non abbiamo il diritto di sciupare le risorse naturali, privandone le generazioni che verranno.


Su questi tre principi Giovanni Paolo II ha impegnato il suo ministero. Tra l’altro diceva anche: ‘Poiché l’uomo è la prima e fondamentale via della Chiesa, occorre ritornare incessantemente su questa via e proseguirla sempre di nuovo, secondo i vari aspetti’. Questi aspetti cambiano. Per esempio quando egli scriveva, non c’era la globalizzazione come la viviamo oggi. Ancora: ‘Il lavoro è uno di questi aspetti, perenne e fondamentale, sempre attuale e tale da esigere sempre una rinnovata attenzione’


Non spetta alla Chiesa analizzare scientificamente le possibili conseguenze di tali cambiamenti’; infatti spetta alle scienze umane, come l’economia, la finanza, la sociologia. ‘La Chiesa ha il compito di richiamare sempre la dignità e i diritti degli uomini del lavoro e di stigmatizzare le situazioni in cui essi vengono violati’.


La festa di S. Giuseppe artigiano ci dà l’occasione almeno una volta all’anno per richiamare questi e altri principi. Se salviamo la dignità del lavoro, salviamo la dignità dell’uomo e il rispetto per coloro che lavorano, per coloro che non lavorano ma ne hanno diritto, per coloro che non sono capaci di fare certi lavori, ma ne sanno fare solo alcuni, per coloro che vengono a cercare il lavoro da noi, che ne abbiamo bisogno. Dobbiamo trovare la soluzione per queste cose, e chi deve occuparsi di questo lo deve fare.


La Chiesa deve segnalare le cose giuste, i diritti, il rispetto delle persone: non possiamo buttare a mare nessuno. Ecco che la festa di S. Giuseppe assume un significato più ampio; la celebriamo nella vostra parrocchia dedicata a questo Santo, ma con attenzione ai problemi del lavoro, secondo la sensibilità che avevano i primi cristiani, che vivevano in pienezza la fede in Cristo risorto.                                                                                              + Claudio Stagni, vescovo