OMELIA per la SOLENNITA’ del CORPUS DOMINI

Faenza - Basilica Cattedrale, 23 giugno 2011
23-06-2011


Lo spirito scientista era già presente negli ascoltatori del Signore, quando annunciava il vantaggio di mangiare il pane vivo disceso dal cielo. Invece di raccogliere la buona notizia dell’utilità che ne sarebbe venuta per la vera vita di coloro che avrebbero mangiato e per la vita del mondo, i Giudei si misero a discutere su come la cosa poteva essere possibile. Non era bastato aver visto la moltiplicazione dei pani e dei pesci, a fronte della quale non risulta che nessuno abbia chiesto a Gesù: ‘Come è possibile moltiplicare pani e pesci?’


Il problema scientifico sul come poteva accadere un tale evento, ci poteva stare; ma non era tale curiosità a dover interessare. Infatti Gesù non risponde direttamente alla domanda, come a dire: ‘Voi, fate in modo di mangiare la carne del Figlio dell’uomo e di bere il suo sangue, se volete avere in voi la vita; come questo avvenga non è un problema vostro’.


L’errore dello scientismo è voler ridurre la conoscenza nell’unica via dell’esperienza dei sensi, senza ammettere che possano esistere realtà la cui conoscenza è tutta basata  sulla fiducia verso Colui che ne ha parlato. Gesù non si attarda a spiegare come sarebbe stato il suo Corpo glorioso e il suo Sangue vivo, perché non avrebbero capito, e perché Egli chiedeva un rapporto di fiducia con Lui. Ripete invece più volte che cosa nasce dalla relazione vitale del discepolo con la presenza misteriosa e reale di Cristo nell’Eucaristia. Del resto è stato molto più importante per noi sapere che avremmo potuto accogliere Gesù vivo e vero in noi, stare in sua compagnia, averlo come nostro nutrimento, piuttosto che sapere in che modo tutto questo diventava possibile.


L’annuncio del dono straordinario promesso da Gesù, aveva sconcertato molti suoi discepoli, al punto che alcuni cominciavano ad abbandonarlo. Ma Lui non cambiò discorso, e arrivò a dire ai Dodici: ‘Volete andarvene anche voi?’. Fu a quel punto che S. Pietro intervenne dicendo: ‘Signore, da chi andremo?’.


L’interrogativo è il messaggio che il Congresso eucaristico nazionale di Ancona ha rilanciato ai nostri giorni, per farci riflettere sulla nostra situazione.


Non possiamo negare che ci troviamo in un periodo di diffuso smarrimento a tutti i livelli, nel mondo e nella Chiesa. La confusione concettuale sui principi naturali fondamentali, ritenere bene il male e male il bene, considerare giusto un comportamento morale perché fanno tutti così, il moltiplicarsi di delitti, senza dire delle notizie che giungono dal mondo universo’ tutto questo può effettivamente dare una sensazione di sconcerto.


Si può comprendere il disagio diffuso della nostra gente, che a volte deve fare fronte a situazioni difficili senza i necessari sostegni, e senza vedere davanti a sé prospettive rassicuranti.


La risposta che nasce dall’Eucaristia non può essere solo di carattere consolatorio e nemmeno di fuga dalla realtà terrena. L’Eucaristia costruisce  un corpo ecclesiale che vive nel tempo, in cammino verso l’eternità, e deve, soprattutto nella sua componente laicale, impegnarsi per orientare le cose terrene secondo Dio.


La mediazione della comunità cristiana consente di farsi carico dei pesi gli uni degli altri, e nello stesso tempo rispetta ciò che è proprio del messaggio evangelico. Il breve passo della prima lettera di san Paolo ai Corinzi che abbiamo letto ci ha detto: ‘Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane’.


‘Signore, da chi andremo?’ No, i cristiani non se ne andranno lasciando che il paese vada alla deriva né nell’economia, né nella morale sociale, né nella realtà familiare, non perché siano in nostro potere capacità prodigiose di intervento, ma perché sappiamo che di fronte all’emergenza occorre l’impegno di tutti.


I cristiani vogliono fare la loro parte cominciando dal chiedere il rispetto della legge naturale, che è stata data per il bene di tutti. I cristiani possono avere qualche motivazione in più per conoscere e vivere tale legge, e per questa ragione non si possono escludere dal pubblico dibattito. Il bene per la comune utilità si deve accogliere da qualsiasi parte venga offerto, perfino dai cattolici.


L’Eucaristia, sacramento dell’amore di Dio, che ha voluto rimanere in mezzo a noi non per condannarci, ma per salvarci, ci apre il cuore alla speranza. Sapendo che Gesù è rimasto qui, ci dà serenità; se Gesù è presente con la sua Persona, con la sua parola di vita, nella comunità della Chiesa, non siamo più soli.


La solennità del Corpus Domini, che ci chiede di uscire in processione portando l’Eucaristia, non è una manifestazione di forza, ma una rappresentazione del cammino della Chiesa per le vie del mondo in compagnia con il suo Signore, per mostrare Chi è colui che dona ai credenti il motivo e il coraggio della loro testimonianza.


Per noi il Cristo nell’Eucaristia è anche il conforto e il sostegno nelle fatiche della vita, per tutti coloro che sono nella sofferenza. A costoro vogliamo che non venga mai a mancare il cibo della vita eterna, che li mantiene uniti alla loro comunità di salvezza che è la Chiesa.


I Ministri straordinari per la Comunione che tra poco benediremo perché possano portare anche ai fratelli ammalati o impediti il sacramento dell’Eucaristia, sono un segno della vicinanza materna della Chiesa per coloro che soffrono.


‘Signore, da chi andremo?’ Lontani da Te, non andremo lontano. Tienici sempre accanto a te, Signore, nella tua Chiesa, nella tua grazia, nel tuo amore, affinché ci nutriamo del pane vivo, che è la tua carne per la vita del mondo.