OMELIA per il TE DEUM di FINE ANNO

faenza - Basilica Cattedrale, 31 dicembre 2016
31-12-2016

Al chiudersi di quest’anno civile, siamo raccolti qui in Cattedrale per celebrare la messa prefestiva della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio. La liturgia fa coincidere questa significativa festa mariana con la fine e l’inizio dell’anno solare. Alla contemplazione del mistero della divina maternità si unisce pertanto il cantico della nostra gratitudine per il 2016 che tramonta e per il 2017 che già intravediamo. Il tempo passa e il suo scorrere ci induce a volgere lo sguardo con intima riconoscenza a Colui che è eterno, al Signore del tempo e della vita. Lo ringraziamo insieme, cari fratelli e sorelle, a nome dell’intera Comunità diocesana di Faenza-Modigliana per quanto ci ha elargito, per tutti i benefici che lungo i passati dodici mesi ci ha ampiamente concessi, in particolare per il dono del grande Giubileo della Misericordia che ha fatto germogliare tante opere di bene e un nuovo spirito missionario nelle nostre parrocchie e nelle nostre associazioni e movimenti. Ringraziamo, inoltre, il Signore perché ha fatto nascere in noi il proposito di programmare un Sinodo interamente dedicato ai giovani, sulla scia di quanto ha deciso papa Francesco per la Chiesa universale. Si è compreso che il futuro della nostra chiesa in questo territorio di Romagna dipenderà, in non piccola parte, dalla preparazione delle nuove generazioni nel vivere e nel testimoniare la fede.

Infine, ringraziamo per quanto il breve ma denso brano paolino ci fa capire e cioè che il Verbo di Dio facendosi carne, assumendo la natura umana, apre la prospettiva di un radicale mutamento nella nostra condizione di uomini. Vi si dice che «Dio mandò il suo Figlio… per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,5). Il Verbo incarnato trasforma dall’interno l’esistenza umana, partecipando a noi il suo essere Figlio del Padre. Si è fatto come noi per farci come Lui: figli nel Figlio, dunque uomini liberi dalla legge del peccato. Non è questo un motivo fondamentale per elevare a Dio il nostro ringraziamento?

Sempre nel brano della Lettera ai Galati, san Paolo afferma: «”Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4). Origene commenta: “Osserva bene come non ha detto: nato tramite una donna, bensì: nato da una donna” (Commento alla Lettera ai Galati, PG 14, 1298). Questa acuta osservazione del grande esegeta e scrittore ecclesiastico è importante: infatti, se il Figlio di Dio fosse nato solamente “tramite” una donna, non avrebbe realmente assunto la nostra umanità, cosa che invece ha fatto prendendo carne “da” Maria. La maternità di Maria, dunque, è vera e pienamente umana. Nell’espressione “Dio mandò il suo Figlio nato da donna” si trova condensata la verità fondamentale su Gesù come Persona divina che ha pienamente assunto la nostra natura umana. Egli è il Figlio di Dio, è generato da Lui, e al tempo stesso è figlio di una donna, Maria. Viene da lei. E’ da Dio e da Maria. Per questo la Madre di Gesù si può e si deve chiamare Madre di Dio. Questo titolo, che in greco suona Theotókos, compare per la prima volta, probabilmente proprio nell’area di Alessandria d’Egitto, dove nella prima metà del terzo secolo visse, appunto, Origene. Esso però fu definito dogmaticamente solo due secoli dopo, nel 431, dal Concilio di Efeso» (Benedetto XVI, Omelia del 31 dicembre 2006).

Fin dall’antichità, pertanto, la Madonna venne onorata con titolo di Madre di Dio (Theotókos). In occidente, tuttavia, non si trova per tanti secoli una specifica festa dedicata alla maternità divina di Maria. La introdusse nella Chiesa latina il Papa Pio XI nel 1931, in occasione del 15° centenario del Concilio di Efeso, e la collocò all’11 ottobre. In tale data iniziò, nel 1962, il Concilio Ecumenico Vaticano II. Fu poi il beato Paolo VI, nel 1969, riprendendo un’antica tradizione, a fissare questa solennità al primo gennaio. E nell’Esortazione apostolica Marialis cultus del 2 febbraio 1974 spiegò il perché di questa scelta e la sua connessione con la Giornata Mondiale della Pace. «Nel ricomposto ordinamento del periodo natalizio – scrisse Paolo VI – ci sembra che la comune attenzione debba essere rivolta alla ripristinata solennità di Maria Ss. Madre di Dio: essa… è destinata a celebrare la parte avuta da Maria in questo mistero di salvezza e ad esaltare la singolare dignità che ne deriva per la Madre santa…; ed è, altresì, un’occasione propizia per innovare l’adorazione al neonato Principe della Pace, per riascoltare il lieto annuncio angelico (cfr Lc 2,14), per implorare da Dio, mediante la Regina della Pace, il dono supremo della pace» (n. 5 in: Insegnamenti di Paolo VI, XII 1974, pp. 105–106).

In occasione del 1 gennaio, a partire dal beato Paolo VI, ogni pontefice è ormai abituato ad indirizzare ai popoli e alle nazioni del mondo, ai Capi di Stato e di Governo, nonché ai responsabili delle comunità religiose e delle varie espressioni della società civile, un Messaggio per la Celebrazione della Giornata mondiale della Pace. Il Messaggio di papa Francesco per la 50a Giornata porta questo titolo: La nonviolenza:stile di una politica per la pace. In sostanza, il pontefice si augura che la carità e lo spirito della nonviolenza guidino il modo in cui ci trattiamo gli uni e gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. La nonviolenza deve diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme. I politici e i cittadini credenti hanno in Gesù Cristo il modello più alto di nonviolenza e di carità. Gesù insegnò ai suoi discepoli ad amare i nemici (cf Mt 5,44), disse a Pietro di rimettere la spada nel fodero (cf Mt 26,52). La via della non violenza da lui tracciata fu percorsa sino alla fine, fino alla croce. Mediante essa ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia (cf Ef 2, 14-16). Ma perché, possiamo chiederci, la nonviolenza per papa Francesco, deve diventare lo stile delle convivenze sociali e di una politica impegnata a costruire la pace? La risposta non è difficile da trovare. Purtroppo oggi il nostro mondo, che pure contiene molteplici segni positivi di solidarietà e di unità, è segnato dalla violenza e la stessa politica che dovrebbe, per propria vocazione e missione, contribuire a debellarla, spesso ne è una fonte. Basti pensare a quando la politica non accede al negoziato per porre fine ad un conflitto infinito, a quando vince l’illegalità e la corruzione, a quando per negligenza o per eccessiva litigiosità non si governa un Paese e non si affrontano con incisività i problemi sociali come la disoccupazione, che emargina specialmente le nuove generazioni. Accogliamo l’invito del papa che sollecita tutti, cittadini e politici, a costruire la pace mediante la non violenza attiva e creativa, mediante la carità. Oggi abbiamo bisogno di una politica che sia animata da un cuore d’amore, specie nei confronti dei più fragili. Preghiamo con Maria, Madre del Principe della pace, anche santa Teresa di Calcutta che papa Francesco, nonostante essa sia stata tacciata ingiustamente di assistenzialismo, indica come modello di un amore samaritano.