OMELIA nel primo anniversario della morte di GIOVANNI PAOLO II

Faenza, Basilica Cattedrale, 2 aprile 2006
02-04-2006

Nel cammino quaresimale siamo giunti all’ultima domenica, con la prospettiva imminente della morte di Gesù, strumento della nostra salvezza. La morte e la risurrezione di Cristo sono la nuova alleanza che Dio ha fatto con il suo popolo: io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.
Tra i segni della fedeltà del Signore al suo popolo lungo la storia, noi oggi vediamo anche il dono del papa Giovanni Paolo II, che ricordiamo nel primo anniversario della sua morte. Dio ha visitato il suo popolo anche con la vita e il ministero del papa Giovanni Paolo II: noi lo ringraziamo e vogliamo fare tesoro del suo insegnamento e del suo esempio. La sua figura ci è rimasta cara, e mentre ora preghiamo per lui, speriamo di poterlo presto invocare, perché la Chiesa ha iniziato per lui il cammino per il riconoscimento pubblico della sua vita santa.
In questo giorno di ricordo affettuoso ci piace lasciare parlare ancora lui attraverso qualche pensiero che raccogliamo dal suo lungo magistero. Dobbiamo infatti evitare il pericolo di ricordare solo qualche aspetto esterno della sua vita, trascurando l’insegnamento e l’esempio che ci ha lasciato, sia per la vita della Chiesa, sia per l’impegno personale di ognuno.
Fin dal suo primo discorso in piazza San Pietro il giorno dell’inizio del pontificato lanciava un appello che è arrivato al cuore di tutti: ‘Fratelli e sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà! Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera! Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo’.
L’invito, altre volte ripetuto, a non avere paura e a lasciare entrare Cristo nella propria vita, il Papa l’ha vissuto anzitutto in se stesso, sia come ministero apostolico nella Chiesa, sia come incontro personale nella preghiera e nella vita di ogni giorno con Dio; sapeva raccogliersi in preghiera in ogni momento, anche in luogo pubblico.
Nel suo testamento, scritto la prima volta nel 1979 pochi mesi dopo la sua elezione a sommo Pontefice, che rileggeva ogni anno durante gli esercizi spirituali, ha scritto: ‘Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus Tuus mediante l’Immacolata. Accettando già ora questa morte, spero che il Cristo mi dia la grazia per l’ultimo passaggio, cioè la mia Pasqua”.
La morte secondo la fede cristiana è la Pasqua del battezzato, che passa da questo mondo alla vita risorta con Cristo. Per Giovanni Paolo II ha impressionato come gli ultimi giorni della sua vita e la sua stessa morte siano stati iscritti con una coincidenza singolare nella liturgia pasquale dello scorso anno, a iniziare dalla Via Crucis del venerdì santo, per la prima volta senza la sua presenza al Colosseo, ma con una sua profondissima intima partecipazione.
E poi il suo passaggio alla vita eterna dentro l’ottava di Pasqua, con la partecipazione di tutto il mondo nel dolore, nella preghiera e nel desiderio di essere accanto ad un uomo che aveva tanto amato e aveva dato tutto se stesso per gli altri.
Abbiamo sentito nel Vangelo: ‘Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto’.
La vita di Papa Voityla è stata tutta un sacrificio, se vogliamo segnata in modo emblematico dall’attentato del 13 maggio del 1981, ma offerta giorno per giorno sino all’ultimo. Anche il suo andare in tutto il mondo, rispondeva al desiderio di spendersi per creare occasioni per annunciare Cristo a tutti, per portare il suo appoggio alle popolazioni più povere del pianeta che sempre hanno visto in lui un difensore. Lui ha detto di fronte ai potenti della terra parole forti in difesa della libertà, della giustizia e della pace, che nessun personaggio investito di simili responsabilità aveva mai detto.
Ha potuto sacrificarsi per tutti perché aveva condiviso la sua vita con quella di Cristo.
Alle parole del vangelo di oggi: ‘Signore vogliamo vedere Gesù’ aveva ispirato il messaggio per la giornata dei giovani del 2004, in preparazione alla giornata dell’anno successivo di Colonia che Giovanni Paolo II non poté vedere. Ha scritto il Papa in quell’occasione: ‘Il desiderio di vedere Dio abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna. Cari giovani, lasciatevi guardare negli occhi da Gesù, perché cresca in voi il desiderio di vedere la Luce, di gustare lo splendore della Verità. Che ne siamo coscienti o no, Dio ci ha creati perché ci ama e affinché lo amassimo a nostra volta. Ecco il perché dell’insopprimibile nostalgia di Dio che l’uomo porta nel cuore: ‘Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto’. Questo volto ‘ lo sappiamo ‘ Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo’.
E il Papa insisteva nel dire che niente in questo mondo avrebbe soddisfatto pienamente il desiderio di infinito che abita in ogni cuore: ‘Tutti i beni della terra, tutti i successi professionali, lo stesso amore umano che sognate, non potranno mai pienamente soddisfare le attese più intime e profonde. Solo l’incontro con Gesù potrà dare senso pieno alla vostra vita’.
Sono state fatte letture a volte riduttive del pontificato di Giovanni Paolo II sotto il profilo politico, sociale, ecumenico. Il suo primo significato è indubbiamente l’annuncio del Signore Gesù al mondo, nella consapevolezza che tutto il resto viene di conseguenza. E sono convinto che il molto che ancora Giovanni Paolo II ha da dire al nostro tempo (anche papa Benedetto XVI ricorda spesso il suo insegnamento) non può prescindere dalla conoscenza profonda, dall’incontro sincero con Cristo Gesù, che dà forza e significato a tutto ciò che si potrà poi fare per la pace, per l’unità dei cristiani, per la giustizia nel mondo, per la salvaguardia del creato, per la dignità della donna, per la difesa della vita ecc.
‘Nella vita e nella morte Totus Tuus, mediante l’Immacolata’: è quindi un tuus di Cristo, al quale si era affidato completamente, per conoscerlo e per servirlo, nella Chiesa per il mondo.
Siamo consolati oggi da un’altra parola del Vangelo:’Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io là sarà anche il mio servo’. Certi che Giovanni Paolo II ha servito Gesù nella sua vita, lo pensiamo già accanto a Lui; tuttavia in questo primo anniversario continuiamo a pregare perché Cristo lo accolga con Sé in Paradiso; ma chiediamo anche che presto lo possiamo invocare come intercessore, perché Cristo sia tutto in tutti, a cominciare dai giovani, per arrivare ai cristiani di tutte le Chiese, e agli uomini di tutto il mondo.