OMELIA nel CINQUANTESIMO della morte del Ven. mons. VINCENZO CIMATTI

Chofu (Giappone) - 6 ottobre 2015
06-10-2015
Carissimi, nel brano del vangelo proclamato (Lc 10, 38-42) non dobbiamo cercare l’opposizione fra due stati di vita, di cui uno sarebbe «migliore dell’altro. Gesù vuole semplicemente ricordare che per tutti esiste una «parte buona» a cui nessuno può rinunciare, e che consiste nell’ascolto della parola di Dio e in un profondo rapporto di amicizia con Cristo stesso. Il Venerabile don Cimatti incentrò la sua vita operosa, ad essere più precisi contemplativa nell’azione,  nell’amore a Gesù, il Buon Pastore, sulle orme di don Bosco.
 

  1. A Faenza: «Vicenzino guarda don Bosco»

Don Bosco è a Faenza nel maggio 1882. In mezzo alla folla, mamma Rosa solleva sopra un mare di teste suo figlio e gli dice: «Vicenzino, guarda don Bosco!». Ancora negli ultimi anni della sua vita qui in Giappone don Cimatti ripeteva con commozione: «Ho guardato e ancora conservo la sua immagine in mente. C’era anche mio fratello Luigi. Don Bosco fin da allora ci fece suoi!». «Essere di don Bosco»: per noi, che abbiamo appena finito di celebrare il bicentenario della nascita di don Bosco, essere «suoi» significa «stare» con Lui, come gli apostoli stavano con Gesù. Significa essere il nostro Fondatore oggi, completamente per Dio e per i giovani, pregando, lavorando, evangelizzando, formando, educando alla fede.
 
 

  1. Fu la personificazione del metodo preventivo di don Bosco

Uno dei suoi allievi ebbe ad affermare: «Don Cimatti fu il più salesiano dei figli di don Bosco». Don Renato Ziggiotti, Rettor Maggiore salesiano, altro allievo di don Cimatti a Valsalice, in occasione del giubileo d’oro sacerdotale di quest’ultimo, si espresse con parole simili: «Per me don Cimatti è il Salesiano più completo che abbia conosciuto, per religiosità, abilità, spirito di fraternità, paternità, arte di conquistatore d’anime. Fu educatore più che professore di pedagogia, versatilissimo e affabilissimo, vera copia di don Bosco». Don Alfonso Crevacore, ben conosciuto da voi, ha tratteggiato così il suo metodo: «Non aveva bisogno di rimproverare alcuno; si trovava dappertutto come carissimo fratello maggiore. Tutto prevedeva e preveniva, fraternamente ragionava e dolcemente spronava; precedeva tutti, specialmente quando c’era da vincere difficoltà e ripugnanze. E lo faceva armonizzando così bene l’autorità con la schietta fraternità, che era praticamente impossibile dargli un dispiacere o meritare da lui un rimprovero». «Religione, ragione, amorevolezza», era il trinomio educativo di don Bosco, che è quanto mai attuale. L’umanità e i giovani hanno un bisogno sterminato di Dio e della sua tenerezza, del suo amore pieno di verità: non facciamo mancare questo pane ai giovani di oggi.
Nel suo recente incontro con il mondo del lavoro a Torino, lo scorso 21 giugno, papa Francesco ha parlato di san Giovanni Bosco come di un gigante del metodo preventivo non solo nell’ambito pedagogico, ma anche in quello sociopolitico.[1] Il santo torinese insegnava che è possibile prevenire l’inequità e la violenza della società, attuando la giustizia, ossia offrendo ai giovani, oltre a una casa e una famiglia, l’istruzione necessaria per poter esercitare un mestiere o una professione, senza dimenticare il valore formativo del gioco e dello sport, e aprendoli contemporaneamente  al rapporto con Dio. La società odierna nei confronti dei giovani deve seguire l’esempio di don Bosco, imitato da don Cimatti: essere preventiva più che repressiva e coercitiva.
 
 

  1. Don Cimatti maestro di vita. Così visse, così scrisse

Don Gaetano Compri, vice postulatore della Causa di beatificazione, ha recentemente pubblicato un volume con la raccolta di alcune lettere di don Cimatti e lo ha così intitolato: Don Cimatti maestro di vita. Così visse, così scrisse. Monsignor Cimatti fu apostolo, scienziato, musico, pedagogista. Fu soprattutto un grande missionario. La sua fu una spiritualità profonda e pratica, quella del lavoro e della vita quotidiana, per persone che ogni giorno devono risolvere nuovi problemi, e che devono vivere e specialmente con-vivere con altri fratelli. Egli come educatore, fu definito il «don Bosco del Giappone», seppe dire la parola giusta basata sulla fede e sulla sua esperienza. Parlò come egli stesso visse. Non dobbiamo agitarci ma vivere d’amore, in un incessante dono di noi stessi. Non dimentichiamo che saremo giudicati sul fatto se saremo stati testimoni credibili.
Partecipando a questa Eucaristia nel cinquantesimo anniversario della sua morte ringraziamo il Signore per avere dato alla Chiesa il venerabile don Cimatti. Il padrone della messe mandi operai nella sua vigna e consenta a noi di essere come don Cimatti costruttori della Chiesa, suscitatori di nuove vocazioni sacerdotali, religiose e laicali, vivendo nelle nostre comunità lo spirito di don Bosco.

 


[1] Francesco, Discorso al mondo del lavoro (Torino, Piazzetta Reale, domenica, 21 giugno 2015).