OMELIA della MESSA VESPERTINA di PASQUA

Faenza, Basilica Cattedrale 23 marzo 2008
23-03-2008


La sera di Pasqua. Era più o meno a quest’ora quando i due discepoli invitarono uno sconosciuto pellegrino a fermarsi a casa loro. In quelle regioni in mezz’ora si fa buio, e non è prudente farsi sorprendere per la strada.


Avevano già camminato insieme e quella compagnia era stata interessante; si poteva continuare la conversazione in casa. Ma a Gesù non interessava tanto scrutare le scritture, quanto portare alla fede i due viandanti sconsolati e delusi. Era l’incontro con Lui risorto e vivo, che li avrebbe trasformati, come poi avvenne.


Ogni anno la Chiesa ci fa rivivere nella liturgia la narrazione della morte e risurrezione di Cristo; ogni domenica facciamo memoria di Cristo risorto. Perché questo grande investimento di energie per un racconto, un annuncio e una esortazione intorno a Cristo risorto e vivo?


In un mondo dove sembra vincere solo la cattiveria e la morte, la violenza e l’interesse, si può avere l’impressione che anche i più lodevoli tentativi di opporsi a tutto questo siano inutili. Gli antichi avevano tradotto nel mito di Sisifo l’impossibilità di riuscire a concludere in modo positivo ogni impresa di bene; ogni volta che il masso spinto verso l’alto con immane fatica sembrava essere arrivato alla cima, irrimediabilmente rotolava di nuovo alla base della montagna.


Ma la nostra ricerca di bene non ha questo destino. Se abbiamo l’impressione che dalla risurrezione di Cristo ad oggi le cose non siano molto cambiate, bisogna tenere presenti due considerazioni. La prima: pensiamo così, ma non abbiamo la possibilità del riscontro, di come cioè sarebbe il mondo se il Figlio di Dio non si fosse fatto uomo, non avesse predicato il Regno, non avesse mandato la Chiesa ad evangelizzare, non avesse inviato il suo Spirito. Perché ormai non esistono civiltà e culture che in qualche modo non siano venute in contatto con il cristianesimo e non ne abbiamo assimilato qualche aspetto. La seconda ragione di questa impressione, è che facilmente noi ci aspettiamo ciò che Cristo non ha mai promesso; in altre parole noi pensiamo che spetti al Signore mettere a posto le cose in questo mondo, togliendo le malattie, le guerre, la fame, l’infelicità.


Il Signore invece ha voluto salvare gli uomini servendosi anche della loro collaborazione. Anzi, proprio questa è segno della grande dignità dell’uomo, già chiamato da Dio a collaborare alla creazione attraverso il lavoro delle sue mani e nel trasmettere la vita umana, e ora chiamato a collaborare alla redenzione orientando le cose del mondo secondo Dio.


Il prodigio della risurrezione di Cristo, che primariamente ci ha ridato la possibilità di vivere da figli di Dio, ha cambiato anche la vita degli uomini nel tempo, attraverso le opere dei santi e di quanti vivono secondo la legge dell’amore. ‘Lo riconobbero nello spezzare il pane‘ ci riporta indubbiamente ad un gesto eucaristico compiuto da Gesù, ma ci dice anche che i due discepoli avevano aperto il loro cuore con l’accoglienza e la condivisione, diventando capaci di riconoscerlo.


Non ci dobbiamo meravigliare che nel mondo ci sia il male e la sofferenza; fa parte del nostro limite. Ci dobbiamo stupire invece che ci sia, seppure in modo parziale e imperfetto, la ricerca del bene, la donazione generosa per aiutare chi è in difficoltà anche a rischio della propria vita, la capacità di perdonare, il mettere la propria vita a servizio dei piccoli e dei sofferenti. E con questo non sto dicendo che tutto questo è solo merito della Chiesa, perché lo Spirito santo, che Cristo ha meritato con la sua morte e risurrezione, può agire come e dove vuole; e dovunque c’è un gesto di amore è per sua ispirazione.


Alcuni giorni fa è venuta alla ribalta la figura di Chiara Lubich, la fondatrice del movimento dei focolarini che è morta. E’ indubbiamente un dono che Dio ha fatto al nostro tempo, per diffondere l’ideale dell’unità tra tutti i popoli, sorto alla fine della seconda guerra mondiale.


Allora si deve dire che va tutto bene? Evidentemente no; si deve però credere che il mondo non è allo sbando; che Cristo non è morto e risorto invano; che tutto quello che noi facciamo nella direzione nella quale ci ha insegnato Gesù non va perduto, anche se non sempre ci è dato di vederlo con chiarezza.


E se siamo convinti che Cristo è vivo e presente, si  deve vedere nella nostra vita. Ci ha detto S. Paolo: ‘Se siete risorti con Cristo. Cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra’. E se questo è il nostro modo di fare e di pensare, anche noi, come ha detto S. Pietro, diventiamo testimoni, ‘noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti’.


Come si vede l’anello debole della catena siamo noi; ma siamo anche l’unico anello al quale Cristo ha attaccato la diffusione della fede cristiana nel mondo. Per cui non c’è alternativa; non si tratta di cercare altri che ci pensino, si tratta solo di illuminare la nostra fede mediante la Parola di Dio, come ha fatto Gesù con i discepoli di Emmaus, e di sostenerla con l’Eucaristia.


Ogni anno la Pasqua ci interpella. Noi che siamo pronti a lamentarci per le cose che non vanno, da che parte stiamo? Siamo dalla parte di Cristo a resistere al male, a fare il bene, senza pretese, ma in modo costruttivo; oppure anche noi facciamo come fanno tutti, perché poi in fondo, che male c’è? Con quello che succede nel mondo, questo cosa vuoi che sia? Cerca pure il tuo interesse, divertiti  e gli altri che si arrangino; trovando sempre nuove giustificazioni per dispensarci dalle opere buone.


La Pasqua è una proposta esigente, perché ci chiede di morire al peccato, ma è anche quella che ci dà una vera speranza perché ci inserisce nell’avventura della nuova vita comunicata dal Risorto. Il canto dell’Alleluia non lo facciamo chiudendo gli occhi alla realtà, ma aprendoli alla luce di Cristo.


Ringraziamo il Signore perché mediante la Chiesa siamo uniti a Lui nella continuità della comunione attraverso i secoli e in tutta la terra. Anche questo ci dice che la vittoria di Cristo è vera, che non ci stiamo illudendo e non stiamo scommettendo su un possibile perdente, ma sull’unico che per ora ha vinto la morte.

Il Signore è risorto, è veramente risorto ed è apparso a Simone, ed è con noi fino alla fine del mondo