Alfonsine, domenica 26 novembre 2023 – Solennità di Cristo Re dell’Universo
Cari fratelli e sorelle delle comunità dell’Unità Pastorale delle Alfonsine! Cari don Massimo, don Stanislaw, don Matteo, diacono Roberto, Sr. Angiolina e Sr. Gabriella!
Sin da quando ho iniziato a preparare la mia visita pastorale alla Diocesi, mi è venuta alla mente la frase della Lettera di S. Paolo ai Romani, “desidero incontrarvi”. Ora, dopo avervi visitato, posso dire: “sono felice di avervi incontrato!” Un conto è sapere che esistete. Un altro conto è vedervi faccia a faccia, parlare con voi, incoraggiarvi e confermarvi nella fede.
Si, cari fratelli e sorelle, perché venendo qui ho trovato una comunità cristiana viva, anche se piccola e di minoranza, che è cresciuta in questi anni, nella fede e nell’ azione pastorale.
Per questo vi ringrazio e ringrazio il Signore per voi!
Il giorno del Signore che stiamo celebrando insieme, in questa solennità di Cristo, Re dell’Universo, ci offre le concrete e sicure coordinate per orientare il nostro futuro cammino dopo la visita pastorale.
- Gesù è il Signore!
Cosa significa? Significa che Egli è vissuto pienamene in comunione con il Padre, donando la sua vita per annunciare e costruire il Regno. È morto e risorto per noi, vincendo la morte! Questo è il cardine della nostra fede che non soltanto possiamo ascoltare e raccontare. È un’esperienza che viviamo e che desideriamo vivere. A tale esperienza viva del Signore morto e risorto invitiamo tutti, piccoli e grandi, per condividere un bene così grande. Dove invitiamo, in particolare? Qui, nell’Eucarestia! Essa non è solo un raduno comunitario come in uno stadio, essa non è solo la celebrazione di un rito, non è solo memoria di un fatto passato. Essa è l’incontro vivo ed attuale con Lui che si offre per noi e ci costituisce suo popolo. L’Eucaristia è la partecipazione alla Pasqua in atto di Cristo. Domenica scorsa nell’assemblea iniziale, ho lasciato questa domanda: parliamo solo di Gesù o parliamo anche con Gesù? Ecco cari bimbi, giovani, adulti: la Messa nel giorno del Signore è l’incontro con Lui. Di Lui, qui, facciamo esperienza gioiosa perché continua ad essere con noi e a farci dono del suo Amore. A Lui che si dona ci offriamo con tutto noi stessi, con il nostro impegno missionario, che deve recuperare la gioia e il coraggio dei primi cristiani. Qui possiamo sentire la Sua affettuosa presenza nei fratelli e nelle sorelle convocati insieme a noi. Qui possiamo cogliere la Sua presenza che ci guida nella persona dei presbiteri. Possiamo sentire le Sue parole quando la sacra Scrittura è letta e proclamata. Possiamo parlargli nella Preghiera dei fedeli, possiamo toccare e mangiare il Suo Corpo nel pane e vino consacrati.
Questo è il primo punto che vi lascio. Mettete al centro della vostra vita l’Eucaristia, l’esperienza della comunione con Gesù che diventa uno di noi, muore e risorge! Una tale esperienza è quella più formativa, quella più sinodale che abbiamo. Da essa, poiché è partecipazione alla vita del Signore Gesù fattosi dono totale, prende avvio ogni vera formazione, ogni vero cammino sinodale, ogni annuncio, ogni carità. Partecipando all’Eucaristia siamo sollecitati a farci protagonisti di una nuova cultura, ad impegnarci a rinnovare il mondo.
- Gesù è il nostro pastore (cf Sal 22 [23])!
Nella prima lettura proclamata abbiamo ascoltato: “io cercherò le mie pecore… le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse… io stesso le condurrò e le farò riposare…Andrò in cerca della pecora perduta… fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte” (cf Ez 34, 11-12.15-17).
Se amiamo personalmente il Signore, con tutto il cuore, ci lasceremo guidare da Lui, che è il nostro pastore. Impareremo ad essere pastori e, quindi, missionari con Lui, come Lui: di qui la nostra vocazione missionaria che è di ogni battezzato. Diventeremo missionari solo se ameremo Gesù – il vero missionario – con tutto noi stessi.
Avete sentito che il pastore non si preoccupa solamente di mantenere custodito il piccolo gregge, ma va a cercare le pecore disperse: «andrò in cerca della pecora perduta»!
Va a cercare senza pregiudizi di luoghi e di persone. Egli cerca e cura chi è pecora perduta, ferita e malata, ma anche chi è pecora grassa e forte. Perché? Perché tutti vivono un radicale bisogno: quello di incontrare Dio!
Da questo bisogno e dalla nostra vocazione, nasce la necessità di riscoprirci come popolo missionario, cioè, popolo mandato ad annunciare Cristo, popolo bisognoso di una formazione sempre più approfondita anche culturalmente. Alla nostra missione non basta il “minimo necessario” dal punto di vista liturgico, caritativo e catechetico. La nostra missione deve sollecitare a vivere una vita umana nella pienezza di Cristo, con l’ampiezza e la profondità del suo amore. Deve incoraggiare a vivere la fede anche nella sua dimensione sociale, per rendere nuove con Gesù tutte le nostre relazioni, le istituzioni, le società. Se non viviamo la dimensione sociale della nostra fede rischiamo di mettere in pericolo l’interezza della nostra evangelizzazione. Noi viventi in Cristo abbiamo la missione di annunciare e testimoniare che Gesù Cristo salva non solo le nostre anime, ma anche la nostra corporeità, le nostre attività e le nostre relazioni, le nostre istituzioni. La salvezza che pone in atto Gesù è una salvezza di tutto l’uomo, di tutte le sue dimensioni costitutive, di tutti i popoli, del cosmo intero. Questo dato di fatto ci chiama a porre in atto l’evangelizzazione del sociale, un’evangelizzazione di tutto l’uomo.
- Gesù non solo è l’amore ma anche Colui che amiamo nei nostri fratelli (cf Mt 25,31-46).
“tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”.
La sorpresa degli ascoltatori di Gesù è grande: “ma quando mai Signore ti abbiamo nutrito, vestito, dato da bere…?”
Il Signore è presente in ogni persona e noi possiamo servirlo facendolo crescere nelle persone. Questo è l’amore più grande che possiamo esprimere nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. Non solo dare cose ma in modo particolare, donare Cristo stesso.
Cari fratelli e sorelle, il Signore si è incarnato e possiamo servirlo, amarlo concretamente anche qui ad Alfonsine. Nel cammino sinodale, che la Chiesa italiana sta vivendo abbiamo bisogno di crescere nel discernimento. Cosa vuol dire? Dobbiamo saper riconoscere, come appena detto, la presenza di Gesù nelle persone, negli ultimi ed amarlo in loro. Così, siamo chiamati a vivere tutte le nostre attività e le nostre relazioni con gli altri con lo stesso Spirito d’amore di Gesù. Solo così riusciremo a trasfigurare, ossia a rinnovare ogni comunità, a portare redenzione al nostro popolo.
In questa celebrazione ringrazio anche i fratelli e le sorelle Angelo, Giorgio, Anna e Cristina ai quali affido il mandato per i gruppi ministeriali. Auguro a ciascuno di loro di servire la comunità con tutto il cuore e con l’amore di Gesù.
Non dimenticate di pregare per le vocazioni e di stare vicino ai giovani anche attraverso l’Oratorio e l’Agesci, ai quali raccomando di essere sempre più ecclesiali, ossia di sentirsi sempre più espressione della comunità, di essere popolo unito. Proprio per questo sono chiamati ad essere in comunione con i pastori.
Care comunità delle Alfonsine: siete sulla buona strada, vi ho conosciuti un po’ di più, vi porto nel mio cuore. Non “addormentatevi, però, sugli allori”. C’è ancora molto da camminare.
+ Mario Toso