[lug 09] Omelia – Professione solenne di suor Alfonsa Stidaris e di suor Giacina Shidaris

09-07-2022

Care sorelle e fratelli, viviamo questa sera un momento importante per la nostra Chiesa, per le monache benedettine vallombrosane di santa Umiltà. Vivremo, in particolare, la professione solenne di suor Alfonsa Stidaris e di suor Giacinta Shidaris. È questo un evento significativo per la nostra Diocesi di Faenza-Modigliana. Due giovani donne, provenienti dall’India (Bengalûru), dopo i voti solenni di Suor Benedetta Mocanu delle suore agostiniane di Modigliana, dopo la recentissima ordinazione presbiterale di don Marco Fusini, nel 2 luglio scorso, emettono la loro professione perpetua. Una tale professione realizza uno degli sposalizi più alti tra Dio e le persone umane. Si tratta di uno sposalizio che anela ad un’intensa unione mistica.  Per noi religiosi – anch’io sono religioso – rappresenta il nostro avvicinarci massimo al mistero della comunione con Dio. Più facciamo esperienza dell’amore di Dio più cresce in noi il desiderio di Lui. Il nostro cuore si strugge perché non possiede per intero l’Amato. Ogni volta che più ci avvicina a Lui, più soffriamo e più arde in noi la nostalgia del suo incontro.

Da questa sera, suor Alfonsa e suor Giacinta, saranno membra e parte, in forma piena, in pieno diritto, della Comunità di Santa Umiltà: una donna che fu sempre attratta dall’ideale di un’unione radicale con il Signore, anche dopo lo sposalizio, a cui fin da giovane fu indotta dai suoi parenti. Ma come sappiamo, venne il momento per lei e il marito, di darsi completamente al Signore. Suor Alfonsa e suor Giacinta, allorché saranno professe perpetue, con la loro vita religiosa diverranno professioniste dell’amore di Dio. Saranno ossia dedite in maniera totale alla contemplazione della comunità trinitaria e delle sue relazioni divine. Vivranno immerse nello spirito di preghiera, gareggiando nel servizio concreto alle sorelle e al mondo. Non esiteranno a dare il loro aiuto materiale e spirituale a quanti bussano alla porta della loro casa alla ricerca del Signore, ma anche a coloro che chiederanno un pezzo di pane.

Per loro sarà centrale, pertanto, come insegnava san Giovanni Gualberto, l’Amore comunitario, ossia quel vincolo della Carità che unisce, in un’intensa comunione, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo. Santa Umiltà, non a caso, immaginava la vita delle sue figlie come un’esistenza piena di luce, una luce che deriva dall’intimo, abitato da Dio, contemplato ed amato. Soleva, infatti, ripetere che non c’è notte per chi ama. Innamorata di san Benedetto, santa Umiltà pensava alla comunità delle sue monache come ad un luogo di relazioni in cui non si antepone nulla all’amore di Cristo. Contemplando la comunità di Dio, una comunità non chiusa in sé stessa, bensì aperta ed innestata nell’umanità e nella sua storia, grazie all’incarnazione di Gesù Cristo, le suore di santa Umiltà sono convocate a contemplare e a vivere l’amore del Verbo di Dio: una Parola non solo enunciata ma che si fa carne ed assume l’umanità per trasfigurarla e per ricapitolare in sé tutte le cose. E così, esse amano Dio non in astratto. Amano un Dio non estraneo all’umanità. Amano ed adorano Dio che si spoglia della sua ricchezza per donarla nel Figlio all’umanità povera, sedotta dal male, per renderla colma della sua vita divina, per dare inizio ad una «nuova creazione».

La Parola di Dio, come scrive il libro del Deuteronomio (cf Dt 30, 10-14), è molto «vicina» a noi. Essa non è solo vicina fisicamente. È intima ed interiore a noi più di quanto non lo siamo noi a noi stessi. Infatti, a causa dell’incarnazione del Figlio di Dio, siamo strutturati profondamente secondo l’essere filiale di Cristo. Egli abita in noi. Nella creazione di Dio, prima, e poi con l’incarnazione del Verbo, tutte le cose, tutte le persone, sono create, come dice san Paolo nella lettera ai Colossesi, per mezzo di Cristo e in vista di Lui (cf Col 1, 15-20). Tutto sussiste in Cristo. Noi, per conseguenza, essendo associati all’opera della nuova creazione, in forza del battesimo e del dono dello Spirito santo, siamo chiamati a far sì che in tutte le cose, in tutte le persone, in tutte le attività e le relazioni umane, esista la sua pienezza d’amore.

Come? Vivendo quell’amore samaritano di cui ci parla Gesù Cristo nella parabola che abbiamo sentito proclamare poco fa. L’amore samaritano si prende cura delle persone e del creato in maniera disinteressata, come ama Cristo l’umanità e il creato, Lui che è il samaritano per eccellenza.

Care sorelle Alfonsa e Giacinta della comunità monastica benedettina vallombrosana di santa Umiltà di Faenza, la Chiesa oggi vi invia, perché facciate anche voi come ha fatto Cristo, il vero samaritano. Siate gioiose e felici di essere di Cristo, il servo dei servi, il cui amore crocifisso è per il trionfo della vita nel mondo. Siate testimoni luminose dell’amore di Cristo. Pregate perché tutti possano essere uniti nella comunione della Chiesa, sposa di Cristo. Tutti possano gioire e godere delle nozze del Figlio di Dio con l’umanità. Ci sarà una nuova primavera per il nostro territorio e per la Chiesa.

                                                          + Mario Toso