I CATECHESI alla GMG di CRACOVIA 2016

28-07-2016

Cari giovani, siamo venuti a Cracovia, città di due grandi apostoli della misericordia, San Giovanni Paolo II e Santa Faustina Kowalska, patroni della GMG 2016, per fare un’esperienza profonda, coinvolgente, trasfigurante. Siamo qui per lasciarci «toccare» dalla misericordia di Cristo e per diventarne protagonisti entusiasti, irradianti, specie allorché torneremo nelle nostre comunità e nelle nostre associazioni. Dobbiamo evitare che la nostra fede si riduca ad emozioni e a grandi eventi senza la continuità nel quotidiano.

Questi giorni devono essere davvero l’occasione in cui, non in pochi, ma in molti, ci rendiamo conto che Dio tiene posato su di noi il suo sguardo d’amore, uno sguardo che non ci sorveglia come le telecamere del Grande Fratello, bensì pieno di simpatia per noi. Dio desidera la nostra crescita, pertanto ci dona la libertà, la rispetta, e se ci allontaniamo da Lui e ci perdiamo, continua a seguirci col suo amore, continua a parlare interiormente alla nostra coscienza per richiamarci a sé. Egli ci cerca, come il pastore che si prende cura delle sue pecore. Vuole che tutti si salvino e abbiano vita in abbondanza. Dio gioisce nel «ritrovarci» e nell’accoglierci. Papa Francesco nel suo Messaggio per questa GMG racconta che a diciassette anni, un giorno in cui doveva uscire con gli amici, decise di passare prima in chiesa. Lì fece una confessione straordinaria, che gli ha cambiato la vita! Il papa non racconta a caso questa sua esperienza giovanile. Ci sollecita a riscoprire il sacramento della Riconciliazione come il luogo della Misericordia, per esserne trasformati e diventare missionari.

Le parabole, presentate dall’evangelista Luca, ci narrano, per l’appunto, della pecora e della moneta ritrovate. Intendono mostrare alcuni tratti di Dio, nostro Padre, che sebbene dimenticato e abbandonato, porta sempre i figli nel suo cuore. Non attende semplicemente il loro ritorno. Prende l’iniziativa, li cerca. Sale ogni giorno sulla terrazza di casa, per scrutare la strada nella speranza di vederli all’orizzonte, come ci dice un’altra parabola raccontata da Gesù, quella del Padre misericordioso.

Le due parabole della pecora e della moneta perdute, sono narrate da Gesù per insegnare ai farisei, coloro che si credevano «giusti», ad entrare nella logica di Dio misericordioso. Occorre gioire se i peccatori si convertono e non mostrare di essere scandalizzati se Gesù mangia e beve con loro.

Luca propone le parabole di Gesù ai suoi contemporanei per rimuovere e far rientrare le critiche dei cristiani osservanti e impegnati, che vedono con sospetto l’ingresso dei nuovi convertiti nella comunità cristiana. Bisogna, invece, essere felici perché Dio Padre è premuroso e continua a ricercare i suoi figli. Più che trincerarsi in atteggiamenti di sospetto e di superiorità, i discepoli hanno il compito di essere comunità che imita il comportamento di Dio, manifestato ed attuato da Gesù Cristo, il Buon pastore che custodisce le sue pecore, cerca quella smarrita, e gioisce quando la ritrova. La Chiesa, Sposa di Cristo, fa suo lo stile del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno.

Attraverso il racconto delle parabole San Luca invita anche noi a lasciarci «toccare» dalla Misericordia del Padre, per diventarne annunciatori, strumenti moltiplicatori, «contagiosi».

Ma cosa vuol dire, in concreto, diventare missionari e testimoni della Misericordia di Dio?

Sicuramente, significa, diventare – pentendosi e ricevendo il perdono -, persone guarite e rinnovate interiormente, capaci di mettere la propria esistenza a servizio del prossimo, mediante le «opere» di misericordia corporale e spirituale.

Il beato Piergiorgio Frassati, ragazzo che viveva all’inizio del Novecento, morto a 24 anni e che aiutava i poveri senza ostentazione, peraltro citato da papa Francesco, quale modello di vita trasfigurata dall’incontro con Gesù, diceva: «Gesù mi visita ogni mattina nella Comunione, io la restituisco nel misero modo che posso, visitando i poveri». Madre Teresa di Calcutta, suora albanese morta nel 1997, che dedicò tutta la sua vita a servire i più poveri tra i poveri dell’India, e che sarà proclamata Santa il prossimo 4 settembre 2016, un giorno confidò che Gesù, durante un viaggio da Calcutta a Darjeeling, le chiese di diventare lo strumento della sua sete di amore e di anime, affinché soprattutto i più poveri tra i poveri potessero sapere e percepire quanto Dio li cercava e li amava. Ecco le parole con cui Gesù si rivolse a Madre Teresa: «Piccola mia, vieni, vieni, portaMi nei tuguri dei poveri. Vieni, sii la Mia luce. Da solo non posso andare. Essi non Mi conoscono, e per questo non mi vogliono. Vieni tu, va in mezzo a loro. ConduciMi con te dentro di loro. Quanto desidero entrare nei loro tuguri, nelle loro case buie e tristi».

Madre Teresa è stata missionaria della Carità: lo è stata di nome e di fatto. Poiché «Carità» è un altro nome della «Misericordia», si può dire che Madre Teresa è stata, senz’ombra di dubbio, missionaria della Misericordia. La sua vita e le sue opere appaiono un fulgido riflesso della gioia di Dio di amare i suoi figli. Dio ha provato gioia nell’amare i diseredati, gli «scarti» della società mediante la disponibilità e l’impegno di Madre Teresa. Ella ha, in certo modo, prestato il suo cuore e le sue mani a Dio, desideroso di raggiungere tutti, specie i più abbandonati. Per rendere il suo servizio all’umanità una realtà duratura e strutturata ha istituito la Congregazione delle Missionarie della Carità, che continuano la missione affidata alla Beata Teresa di Calcutta da Gesù. Il segreto dell’efficacia dell’opera di Madre Teresa era semplice: lasciare che Gesù prendesse pieno possesso della sua vita, così da agire in lei e attraverso di lei. Lei riteneva di essere una semplice matita nelle mani di Dio.

Poiché la misericordia di Dio donata a noi è, in ultima analisi, Cristo stesso, siamo invitati a pensare il nostro impegno in un modo più ampio rispetto alla pratica delle opere della misericordia spirituale e corporale, perché Il Figlio di Dio si è incarnato per ricapitolare in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (cf Ef 1,10). Come ci ha insegnato papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ e nelle sue esortazioni apostoliche Evangelii gaudium ed Amoris laetitia, la misericordia di Dio, ossia Cristo venuto ad abitare con noi, come uno di noi, come vita divina partecipata a noi, va vissuta in più modi, mediante, ad esempio, la cura della casa comune, l’annuncio della gioia del Vangelo e dell’amore sponsale. I credenti, rigenerati dall’amore misericordioso, sono così chiamati a portare la vita nuova di Cristo, il suo stesso modo di amare e di donarsi, nella cultura, nella famiglia, nel lavoro, nell’economia, nella finanza, nei mass media, nella politica, nel mondo. Detto in altri termini, chi crede in Gesù e la cui vita viene trasfigurata dal suo Spirito d’Amore, è sollecitato ad essere annunciatore e testimone credibile della novità che è Cristo, a costruire un nuovo umanesimo. Cari giovani, è in questo contesto che non dovete dimenticare quanto papa Francesco vi ha chiesto a Firenze, l’anno scorso: «Vi chiedo di essere costruttori dell’Italia, di mettervi al lavoro per una Italia migliore. Per favore, non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell’ampio dialogo sociale e politico. Le mani della vostra fede si alzino verso il cielo, ma lo facciano mentre edificano una città costruita su rapporti in cui l’amore di Dio è il fondamento. E così sarete liberi di accettare le sfide dell’oggi, di vivere i cambiamenti e le trasformazioni».

Vivere Cristo, misericordia del Padre, significa, dunque, essere impegnati non solo nelle opere assistenziali e caritative, ma anche nel rimuovere le cause della povertà che emargina, e a costruire una società più giusta e fraterna, pacifica. Essere missionari e testimoni della Misericordia importa, in un contesto fluido e dominato da un individualismo radicale, la promozione di nuovi legami sociali; richiede che si viva una libertà che sa legarsi alla verità, riappropriandosi di una democrazia rappresentativa, partecipativa, inclusiva. Ma il segreto per essere rivoluzionari come Gesù è l’unione costante con Lui, vivere in intima comunione con Lui come i tralci con la vite, mediante la preghiera costante, la meditazione della sua Parola che regala orizzonti e sogni, la Comunione almeno domenicale, la frequenza periodica al Sacramento della Riconciliazione.