[gen 26] Intervento – Domenica della Parola di Dio

Faenza, monastero Ara crucis, 26 gennaio 2020
26-01-2020

Cari fratelli e sorelle, Care Suore domenicane, oggi, 26 gennaio 2020, celebriamo la I.a Domenica della Parola di Dio, istituita da papa Francesco mediante la Lettera apostolica Aperuit Illis (=AI n. 3), lo scorso 30 settembre 2019. La celebrazione della prima Domenica della parola di Dio viene fatta – non a caso siamo qui presso l’Ara Crucis – in concomitanza all’anniversario della morte del Servo di Dio Padre Domenico Galluzzi. A leggere gli scritti del padre domenicano si trovano parecchie affinità con la lettera apostolica di papa Francesco. Sappiamo che Gesù Cristo bussa alla nostra porta attraverso la Parola di Dio, che anche oggi abbiamo sentito proclamare. «Se ascoltiamo e apriamo la porta della mente e del cuore, allora entra nella nostra vita e rimane con noi» (AI n. 8). Il nostro cuore è chiamato ad essere casa della Parola. L’ignoranza delle Scritture, affermava san Girolamo, è ignoranza di Cristo. Attraverso la sua Parola, Gesù Cristo è per noi Luce che risplende ed illumina, è cibo vitale che sazia, è vita eterna, scrisse Padre Domenico. In tal modo, fa eco al profeta Isaia (cf Is 8,23b-9,3), il quale ricorda che una grande luce è stata vista dal popolo che cammina nelle tenebre. Una tale luce indica la strada, moltiplica la gioia, aumenta la letizia. Secondo sant’Efrem il Siro (306-373), la Parola di Dio è una fonte sempre viva, profonda ed inesauribile. Colui che ha sete è lieto di bere e non si rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. Se la sua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrà bervi di nuovo ogni volta che ne avrà bisogno. Ma, come ricorda spesso Padre Domenico alle sue figlie spirituali, la parola di Dio, che si incarna nel pane e nel vino consacrati, è anche cibo per noi, è Corpo e Sangue di Cristo, sostegno per il nostro cammino. Nutrendoci dello stesso Cibo, dissetandoci dello stesso Sangue, formiamo un solo popolo, diventiamo un unico corpo. E se diventiamo una cosa sola con Cristo, siamo suoi: non possiamo ritenerci di Paolo, di Apollo, di Cefa, senza dividere Cristo. È forse diviso il Cristo, domanda san Paolo stesso? (cf 1 Cor 1, 10-13.17).

Ci preme qui sottolineare alcuni aspetti dell’insegnamento di Padre Domenico circa la proclamazione e l’ascolto della Parola di Dio. Nella proclamazione, Cristo fa udire la sua parola alla Sposa, che è la Chiesa, e alle suore consacrate, perché esse possano crescere nell’amore a Lui e nella testimonianza di fede. Chi decide di consacrarsi al Signore, nel Vangelo trova narrato un programma di vita spirituale soda, che assimila a Cristo e radica in Lui. Per Padre Domenico, come per la Lettera apostolica di Francesco, è poi imprescindibile l’ascolto della parola di Cristo. Da esso proviene la fede. Ma che significa propriamente ascoltare? Merita a questo proposito che rileggiamo assieme un brano del Fondatore di questa comunità. È davvero intenso ed ispirato. Eccolo:

Significa desiderare di percepire non tanto la Parola dell’Amato, quanto il contenuto che ha la sua Parola. Significa desiderare di aderire allo spirito e alle virtù dell’Amato. Significa far entrare in noi la grazia e la verità dell’Amato. Significa desiderare di cedergli la nostra mente, per ottenerne in cambio la sua. Ed è così che si riesce a veder chiaro nelle cose, prima in noi stessi e poi all’esterno della nostra vita.
Ascoltare significa desiderare di scambiarsi il cuore, il nostro col suo e il suo col nostro.
Ascoltare significa porsi in una illuminata e giusta posizione di mente e di cuore, di intenzione e di volontà, perché ciascuno, dopo l’ascolto, possa ripetere: “Non sono più io che vivo, ma è Lui che vive in me”.
Ascoltare significa spogliarsi di sé per rivestirsi di Lui. Significa rendersi flessibili a tutte le modulazioni della voce dell’Amato, far entrare nel nostro cuore la musica del suo amore, la musica della sua parola, la musica della soavità del suo Spirito.
Non chiedermi se c’è un momento per l’ascolto nella tua giornata, perché tutta la tua giornata deve essere momento di ascolto; sia che tu preghi o lavori, che tu sia nella gioia o nella pena, che tu sia sola o in compagnia ricordati di stare in posizione di ascolto, perché la Parola che ti parla è eterna e parla dappertutto, anche quando siedi a mensa. Anche quella è un’ora di ascolto, perché l’Amato è sempre presente e vuol vedere la sua sposa perfetta e lo sarà se si impone la virtù della flessibilità allo Spirito del Signore.
Ascoltare significa: Silete! Fate silenzio, idee che siete nella mia testa, sentimenti che credete di essere perfetti! Ascoltare significa tacere per raccogliere tutte le parole e l’espressione delle parole dell’Amato. Ecco come ci si inoltra nelle vie del Signore.
Ecco come si realizza la soprannaturalità della vita e quindi la santità personale e comunitaria.

A questo punto, però, ci si potrebbe domandare: ma è così agevole entrare in confidenza con la Scrittura, con quella Parola che, se accolta, crea in noi l’immedesimazione con Cristo, al punto da poter dire con san Paolo che per noi vivere è Cristo? Vi è una sintonia connaturale tra il cuore dell’uomo e la Parola di Dio, antecedentemente al suo prenderne coscienza. Ogni persona porta impresso in sé, in maniera indelebile, il timbro della Parola che l’ha pensata, voluta. La Parola tramite cui l’uomo è stato creato da Dio ha lasciato in lui come impronta o sigillo l’intimo anelito all’incontro con Cristo stesso, il Verbo di Dio. La persona umana è plasmata in tal modo da portare in sé la capacità del Verbo. La persona è creata capax Verbi, fatta per il Verbo. Essa fiorisce in misura della sua accoglienza della Parola. La Parola è per il terreno che è la persona. Il Verbo di Dio è la forma sulla cui somiglianza identitaria è creata o, meglio, è ri-creata ogni persona. Infatti, mediante l’incarnazione del Verbo ha inizio la seconda creazione, mediante cui si dà origine a cieli nuovi e a terra nuova. Quando la Parola è proclamata e, in certo modo, interpella l’uomo si ravviva quella sintonia che esisteva già nella prima creazione, ma poi è stata disturbata, quasi disattivata (non del tutto), con il peccato. L’incarnazione del Verbo ricostituisce la sintonia tra Dio e la persona. La persona rinasce dalla Parola, perché c’è un innato calamitarsi tra la Parola e il cuore umano, sin dalla prima creazione, come detto.

La Scrittura indica la figura del Verbo che si fa carne e viene per essere nella storia umana e nel cosmo il protagonista universale di una nuova creazione: siamo tutti chiamati ad associarci alla redenzione integrale posta in essere da Cristo che semina nel creato un dinamismo di rinascita, di rinnovamento, sottoponendolo, come dice san Paolo in maniera efficace, alle doglie del parto. Peraltro, la Parola di Dio, incarnata e vivente nella storia, dopo la crocifissione e la risurrezione, come Cristo Risorto e Spirito effuso, spiega ai discepoli – pensiamo ai discepoli di Emmaus (cf Lc 24,31) – il senso delle Sacre Scritture, affinché comprendano e partecipino con tutto se stessi alla nuova creazione che ha il suo fulcro nella memoria dell’Eucaristia. È rimanendo in costante comunione con Chi costituisce per noi la duplice mensa della Parola scritta e del Verbo, che si fa cibo attraverso il pane e il vino, che tutti noi condividiamo la potenza dell’Amore trasfiguratore di Cristo. L’Eucaristia fa sì che tutta la giornata, tutte le ore e i minuti siano vita in Cristo redentore, realizzatore di una nuova creazione.

+ Mario Toso