[gen 06] Omelia – Epifania, Mandato a moderatori e segretari dei gruppi sinodali

epifania sinodo
06-01-2022

Faenza, cattedrale 6 gennaio 2022.

Cari fratelli e sorelle, la solennità dell’Epifania ci ricorda la manifestazione di Gesù Bambino come Salvatore di tutti gli uomini. Gesù non è venuto per salvare solo il popolo di Israele. Viene a salvare tutti i popoli, rappresentati dai Magi. Nella Lettera agli Efesini viene detto chiaramente che tutte le genti sono chiamate a condividere la redenzione in Cristo Gesù, a formare lo stesso corpo (cf Ef 3, 5-6). Tutti i popoli sono destinati a rivestirsi di Cristo, a vivere Cristo, per annunciarlo e testimoniarlo come Luce.

Nel Vangelo di Matteo (Mt 2, 1.12) si racconta proprio il viaggio dei Magi sino a Betlemme, dov’era nato Gesù. Essi erano sapienti orientali, probabilmente astronomi che studiavano le stelle. Giungono a Gerusalemme, seguendo una stella: «Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2). Appena la voce del loro arrivo e il loro intento si diffondono, nasce lo scompiglio nel palazzo del re Erode. Egli si informa presso i capi dei sacerdoti sul luogo preciso della nascita di Colui che era stato preconizzato dal profeta come capo e pastore del popolo di Israele. Chiama i Magi e addirittura li invia a Betlemme incaricandoli di trovare il Bambino, perché anche lui voleva adorarlo. Noi sappiamo, invece, che Erode era mosso da intenzioni malvagie e voleva ucciderLo.

Orbene, i Magi andarono a Betlemme e trovarono il bambino con Maria sua Madre. Si prostrarono e lo adorarono, si legge nel Vangelo di Matteo (cf Mt 2,11). A ben capire, la meta del percorso dei Magi è l’adorazione del Bambino. La ricerca delle loro conoscenze e l’anelito che li sospingeva erano orientati a vedere faccia a faccia il Signore, per amarlo e darsi a Lui. Questo significa prostrarsi e adorare. Il gesto dei Magi che adorarono Gesù Bambino e, poi, partirono (cf Mt 2, 9), senza tornare da Erode, è emblematico di come dobbiamo vivere la nostra vocazione di credenti e di missionari.

Non a caso, i referenti diocesani del cammino sinodale hanno programmato il mandato del vescovo per i moderatori e i segretari dei gruppi sinodali, proprio in questa Messa dell’Epifania, la solennità che fa memoria della manifestazione di Cristo a tutti i popoli. Il cammino sinodale è incentrato sulla comunione, sulla partecipazione e sulla missione. Esso rappresenta il popolo di Dio in comunione con Cristo, corresponsabile e partecipe della missione della Chiesa. Noi, come battezzati in Cristo e corroborati dal suo Spirito d’amore, siamo una missione: Chiesa in missione tra i popoli, unita alla sua opera di incarnazione, di divinizzazione, di redenzione, di trasfigurazione delle persone e delle relazioni, delle istituzioni e del creato. Cari moderatori e segretari dei gruppi sinodali vi spetta una importante responsabilità: quella di ascoltare e di aiutare ad ascoltarsi i componenti dei gruppi sinodali. E ciò con riferimento all’obiettivo di suscitare la consapevolezza del senso profondo dell’essere Chiesa, di mettere in campo una forma rinnovata dell’annuncio del Vangelo, in un tempo di progressiva scristianizzazione e di pandemia. In vista di tutto questo siete chiamati ad aiutare i gruppi che moderate a concentrare l’attenzione sul nucleo tematico a voi espressamente affidato, ma soprattutto a tenere costantemente dritta la barra su una domanda, così articolata: oggi, come stiamo camminando con Gesù e con i fratelli per annunciarlo? Per il domani, cosa sta chiedendo lo Spirito alla nostra Chiesa per crescere nel cammino con Gesù e con i fratelli per annunciarlo?

Detto altrimenti, vivrete un discernimento costante, alla luce della Parola di Dio, dello Spirito santo e del memoriale eucaristico dell’incarnazione, della morte e risurrezione di Cristo. Non dimenticate che la missione ecclesiale su cui sarete chiamati a far riflettere e a confrontarsi, nel tempo conciliare è stata espressa anche con il termine di evangelizzazione (cf Lumen gentium e Ad gentes divinitus o Decreto sull’attività missionaria della Chiesa)  e, dopo il periodo conciliare, anche con l’espressione nuova evangelizzazione (Giovanni Paolo II). Documenti fondamentali, che ne evidenziano le attività pastorali e liturgiche costitutive – l’evangelizzazione della Chiesa non si riduce a kérygma, a catechesi, a predicazione, ma comprende, annuncio della Buona Novella in tutti gli strati dell’umanità, l’evangelizzazione delle culture, la testimonianza di vita della Buona Novella, la plantatio ecclesiae, l’apostolato) – sono l’Evangelii nuntiandi di san Paolo VI e l’Evangelii guadium di papa Francesco, senza dimenticare, ovviamente, le importanti encicliche di Giovanni Paolo II (Redemptor hominis, Dives in misericordia, Redemptoris missio) e di papa Benedetto XVI (Deus caritas est, Spe salvi, Caritas in veritatis). Per avere una visione meno generica dell’evangelizzazione vi consiglio di leggere o di rileggere almeno le sopracitate esortazioni apostoliche Evangelii nuntiandi e l’Evangelii gaudium. La complessa attività dell’evangelizzazione va presa in considerazione non solo con riferimento alle parrocchie o alle unità pastorali più organizzate e floride. Va pensata anche con riferimento a quelle zone pastorali della Diocesi ove non esiste più la presenza stabile di un sacerdote, per considerare come possa risuonare in esse la parola di Dio ed essere vissuta la Carità di Cristo anche nei confronti delle piccole comunità di fede, dei loro anziani, degli ammalati, dei giovani. Inoltre, il coinvolgimento deve essere il più ampio possibile, deve cercare di interessare non solo i praticanti, ma anche coloro che si sentono ai margini o al di fuori dell’esperienza ecclesiale. Forse è giunto il tempo in cui, oltre alla costituzione di gruppi ministeriali, si considerino le forme di evangelizzazione proprie di discepoli itineranti, non in ordine sparso, ma previo un progetto pastorale studiato in sinergia tra associazioni, aggregazioni e movimenti cattolici o di ispirazione cristiana. Occorre riprendere il coraggio dei primi cristiani. Va pensata una nuova stagione dell’azione missionaria di tutte le comunità cristiane. Il punto cruciale è che la nostra Chiesa non deve essere seduta, bloccata, ma deve essere più capace di profezia, più agile, non frenata da strutture superflue, non più sostenibili. Anche rispetto a ciò bisognerà riflettere e formulare proposte. Occorre, in particolare, continuare la conversione pastorale che già stiamo vivendo nelle parrocchie e che mira a renderle per l’appunto più missionarie, più partecipate dai laici (cf Lettera pastorale Voi siete la luce del mondo per l’anno 2019-2020 e il Sussidio pastorale Nuova evangelizzazione: luoghi pastorali 2020-2021, ma non va dimenticato il Documento post Sinodo dei giovani, Collaboratori della vostra gioia). È importante in questo processo essere umili come lo furono i Magi. Cari fratelli e care sorelle, solo l’umiltà è la via che ci conduce a Dio e, allo stesso tempo, proprio perché ci conduce a Lui, ci porta anche all’essenziale della vita e dell’evangelizzazione che ci attende. I Magi, che potevano anche essere dei personaggi importanti secondo la logica del mondo, si sono fatti piccoli, umili: proprio per questo riescono a trovare Gesù e a riconoscerlo. Essi accettano l’umiltà di cercare, di mettersi in viaggio, di chiedere, di rischiare, di sbagliare. I Magi, persone dotte, ma umili, ci sono maestri nel nostro cammino sinodale se, come loro, ci spalancheremo all’esperienza della verità, della gioia autentica, della conoscenza che conta. Senza umiltà ci taglieremo fuori dalla realtà e dalla storia, dalla comprensione delle esigenze più profonde dell’uomo e dell’annuncio di Cristo.

                                                + Mario Toso