PIETRO E PAOLO

Faenza, cattedrale 30 giugno 2019
30-06-2019

Gli Apostoli Pietro e Paolo stanno oggi davanti a noi come testimoni, come costruttori di Chiesa. Che cosa significa essere costruttori? Essi, come gli altri apostoli, sono costruttori nel senso che hanno lavorato apostolicamente per aiutare le persone ad essere in comunione con Dio e tra di loro. Essi hanno operato non solo e non tanto per edificare le chiese fatte di mattoni. Hanno annunciato Gesù Cristo affinché Egli fosse tutto in tutti. Detto altrimenti, Pietro e Paolo si sono adoperati a costruire la Chiesa come insieme di mattoni spirituali, di pietre vive. Così facendo ci hanno insegnato ad essere, a nostra volta, costruttori della comunione con Dio e tra le persone. Mentre ricordiamo Pietro e Paolo siamo, dunque, sollecitati a diventare come loro. Essi non si sono mai stancati di annunciare Cristo, di vivere in missione, in cammino, dalla terra di Gesù fino a Roma. Qui lo hanno testimoniato sino alla fine, dando la vita come martiri. Se andiamo alle radici della loro missione e della loro testimonianza, li scopriamo testimoni del bisogno di Dio, testimoni della rigenerazione del perdono e testimoni di Gesù Cristo.

Testimoni del bisogno di Dio, dell’incontro con Gesù Cristo. Entrambi erano di indole molto religiosa, persone dinamiche e intraprendenti: Pietro fu discepolo della prima ora (cf Gv 1,41), Paolo era un accanito sostenitore delle tradizioni dei padri (cf Gal 1,14). Come ci è noto Pietro arrivò a rinnegare il Signore, Paolo a perseguitare accanitamente la Chiesa di Dio. Il loro incontro con il Signore Gesù fu diverso, ma cambiò la loro vita. A Pietro, tra l’altro, Gesù Cristo rivolse ripetutamente la domanda: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,15). Pietro rimase addolorato. Non capì che Gesù gli chiedeva un amore totale ed incondizionato. Ma sebbene la risposta di Pietro non fosse stata del tutto adeguata, Gesù Cristo gli affidò la Chiesa. L’apostolo Paolo cominciò la sua conversione in maniera repentina, sulla via di Damasco, ove il Signore Gesù gli pose la domanda: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9,4). Paolo rimase accecato dalla luce che lo abbatté da cavallo. Per noi è importante sottolineare che Gesù dopo il tradimento di Pietro e le persecuzioni di Paolo si fidò di loro, di due peccatori pentiti. Perché il Signore non ci ha dato due testimoni integerrimi, dalla vita immacolata? Perché Pietro, quando c’era Giovanni? Perché Paolo e non Barnaba?

C’è un grande insegnamento da cogliere in tutto questo: il punto di partenza della vita cristiana non è l’essere degni. Con quelli che si credevano bravi il Signore è riuscito a fare ben poco. Il Signore non compie prodigi con chi si crede perfetto, ma con chi sa di essere fragile, bisognoso di aiuto. Egli ci ama così come siamo. Cerca gente che non basta a sé stessa, ma è disposta ad aprirgli il cuore. Pietro riconobbe subito di fronte a Gesù: «sono un peccatore» (Lc 5,8). Paolo scrisse di essere «il più piccolo tra gli apostoli, non degno di essere chiamato apostolo» (1 Cor 15,9). Nella vita hanno mantenuto questa umiltà, fino alla fine: Pietro crocifisso a testa in giù, perché non si credeva degno di imitare il suo Signore; Paolo sempre affezionato al suo nome, che significa “piccolo”, e dimentico di quello ricevuto alla nascita, Saulo, nome del primo re del suo popolo. La santità non sta nell’innalzarsi, ma nell’abbassarsi: è affidare ogni giorno la propria povertà al Signore, che compie grandi cose con gli umili. Ciò che li fa andare avanti nelle debolezze è il perdono del Signore.

Oggi riscopriamo Pietro e Paolo anche come testimoni della rigenerazione che guarisce e fa rinascere. Nelle loro cadute hanno scoperto la potenza della misericordia del Signore, che li ha rigenerati. Con quello che avevano commesso avrebbero potuto vivere di sensi di colpa: quante volte Pietro avrà ripensato al suo rinnegamento! Quanti scrupoli per Paolo, che aveva fatto del male a tanti innocenti! Umanamente avevano fallito. Ma hanno incontrato un amore più grande dei loro fallimenti, un perdono così forte da guarire anche i loro sensi di colpa. Solo quando sperimentiamo il perdono di Dio rinasciamo davvero. Da lì si riparte, dal perdono; lì ritroviamo noi stessi: nella confessione dei nostri peccati.

Testimoni di vita, testimoni di perdono, Pietro e Paolo sono soprattutto testimoni di Gesù Cristo. Egli nel Vangelo di oggi domanda: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Le risposte evocano personaggi del passato: «Giovanni il Battista, Elia, Geremia o qualcuno dei profeti». Persone straordinarie, ma tutte morte. Pietro invece risponde: «Tu sei il Cristo» (cf Mt 16,13.14.16). Cristo, cioè Messia. È una parola che indica soprattutto il futuro: il Messia è l’atteso, la novità, colui che porta nel mondo la salvezza di Dio. Gesù è Colui al quale Pietro dà del «tu»: Tu sei il Cristo. È la risposta di un innamorato che dà del «tu» e, nello stesso tempo, riconosce il Tutto dell’Amore, l’Amore che è Dio, l’Amore sommo. Per Pietro, Gesù più che un personaggio, è il Tu della sua vita: è il nuovo, il futuro verso cui proiettarsi con tutto se stesso. Pietro è testimone non tanto perché frequenta e segue Gesù come una persona tra le altre, bensì come uno che vive una «storia di amore» con Gesù. Pietro, come anche Paolo, sono testimoni autentici perché, in fondo, annunciano quello che percepiscono nella profondità del loro cuore: che Gesù è vivo ed è il segreto della vita. Infatti Pietro, dopo aver detto: Tu sei il Cristo, aggiunge: «il Figlio del Dio vivente» (v. 16). La sua testimonianza nasce dall’incontro con Gesù vivo. Anche al centro della vita di Paolo troviamo la stessa parola che trabocca dal cuore di Pietro: Cristo. Paolo ripete questo nome in continuazione, quasi quattrocento volte nelle sue lettere! Per Lui Cristo non è solo il modello, l’esempio, un punto di riferimento esterno: è la vita. Scrive: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1,21). Gesù è il suo presente e il suo futuro, al punto che giudica il passato spazzatura di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo (cf Fil 3,7-8).

Fratelli e sorelle, davanti a questi testimoni, chiediamoci: “Io rinnovo ogni giorno l’incontro con Gesù?”. Non è sufficiente interessarsi di cose di Chiesa o di notizie religiose. Non è sufficiente vivere trattando delle cose della Chiesa, della mia parrocchia. Questo non è ciò che più interessa a Gesù Cristo, che è il vero fondamento della Chiesa, la pietra angolare scartata dai costruttori. Egli cerca e desidera testimoni credibili, che ogni giorno Gli dicono: «Signore, tu sei la mia vita».

Incontrato Gesù, sperimentato il suo perdono, gli Apostoli hanno testimoniato una vita nuova: non si sono più risparmiati, hanno donato sé stessi. Non si sono accontentati di mezze misure, ma hanno assunto l’unica misura possibile per il credente: quella di un amore senza misura. Si sono “versati in offerta” (cf 2 Tm 4,6). Chiediamo la grazia di non essere cristiani tiepidi, che vivono di mezze misure. Ritroviamo nel rapporto quotidiano con Gesù e nella forza del suo perdono le motivazioni fondanti del nostro vivere da credenti. Gesù, come a Pietro, chiede anche a noi: “Chi sono io per te?”; “mi ami tu?”. Queste parole entrino nel profondo del nostro cuore, per essere anche noi testimoni viventi di Gesù.

+Mario Toso