Omelia per la messa crismale

29-03-2018

Cari presbiteri, diaconi, ministranti, consacrati,

Cari fratelli e sorelle,

In questa santa Messa del Crisma è posta al centro l’«unzione» che dona a noi lo Spirito di Dio. È davvero interessante notare come il brano tratto dal libro del profeta Isaia ci parli dello Spirito Santo – realtà che ci appartiene e nello stesso tempo ci consacra a Dio e al prossimo, specie ai miseri, ai cuori spezzati, agli schiavi, ai prigionieri – proprio a partire da una missione in atto, dal mandato ricevuto e vissuto dal profeta, dai figli di Israele (cf Is 61, 1-3a.6a.8b-9). Si tratta di un brano da cui parte Gesù nella sinagoga per spiegare la sua missione (cf Lc 4, 16-30). Lo Spirito del Signore Dio non è realtà meramente astratta, eterea, dalla quale si deduce altro. Semmai si induce. Non è una realtà che dobbiamo acchiappare perché è nell’aria. È in noi, è parte della nostra esistenza, è nel nostro impegno quotidiano. Lo viviamo e lo «sperimentiamo» nella nostra azione di annunciatori e di testimoni, quando viviamo e proviamo l’amore per le persone care, per gli stessi nemici. Lo Spirito Santo è, dunque, «esperibile», perché è l’anima della nostra esistenza d’amore. Potremmo dire che se non lo «percepiamo» è perché non lo possediamo o non lo riconosciamo all’opera. Grazie alla sua presenza in noi, siamo sacerdoti del Signore, ministri del nostro Dio. Veniamo riconosciuti come «stirpe benedetta dal Signore» proprio per ciò che compie in noi.

L’unzione dello Spirito di Dio non genera una presenza epidermica di Dio. Non è semplicemente l’unzione di un olio fisico, che pur penetrando nel tessuto e nel marmo, ultimamente rimane esterno alla nostra vita interiore. È la presenza di un olio spirituale che penetra e pervade, permea l’anima, la divinizza, rendendola partecipe della pienezza dello Spirito di Cristo.

Rendendoci suoi, Gesù Cristo ci fa partecipi della sua unzione, della sua vita, del suo Spirito d’amore. Fa di noi un regno, ci costituisce sacerdoti per il suo Dio e Padre (cf Ap 1, 5-8). Lo Spirito di Dio, che è significato e dato con l’unzione battesimale, della cresima, della consacrazione sacerdotale, ci rende persone in grado di fare della nostra vita una cosa sacra, gradita a Dio, ossia una vita d’amore per Lui. Rende i presbiteri capaci di impersonare Cristo stesso.

Cari presbiteri, diaconi, christifideles laici, consacrate e consacrati, giovani, lo Spirito ci costituisce, in particolare, una comunione con Cristo e tra di noi, ovvero Chiesa. Senza lo Spirito d’amore di Cristo ci ammaliamo, crescono le divisioni, le indifferenze reciproche. Moriamo di carenza di tenerezza. Giungiamo ad invocare l’unità e il rispetto, ma non li pratichiamo.

In questa santa Messa del Crisma apriamoci incondizionatamente allo Spirito del Signore per guarire soprattutto le malattie dell’anima, le distrofie che possono colpire anche i cuori delle persone che compongono il presbiterio. Solo lo Spirito d’amore di Cristo può fasciare le piaghe dei cuori devastati dalla chiusura agli altri, dalla rassegnazione, dall’incapacità di essere dono. Solo lo Spirito del crocifisso può aiutarci a rinsaldare i legami della fraternità, della collaborazione pastorale che, grazie a Dio, consente di portare ai poveri il lieto annuncio.

Profitto di questo cenno su una delle più importanti opere a cui la condivisione dello Spirito di Cristo ci sprona, per segnalare, nelle attuali circostanze, l’urgenza di una pastorale più attiva e attenta nei confronti dei migranti. In un piccolo volume, che al termine di questa Eucaristia vi verrà consegnato, commentando il Messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2018, dedicato da papa Francesco ai migranti e ai rifugiati, pensando al generoso impegno della nostra Caritas e dei suoi operatori, mi è venuto spontaneo di evidenziare proprio la dimensione pastorale del lavoro relativo alla loro accoglienza, protezione, promozione ed integrazione. Nel volumetto, scritto in collaborazione con la stessa Caritas, e che può considerasi una Lettera pastorale, si evidenziano vari aspetti dell’attività parrocchiale in ordine ad una pastorale dei migranti. Quali possono essere? Eccone alcuni: educare i credenti all’incontro, aiutandoli ad andare verso le persone immigrate con una cultura nuova, accogliente; educare all’identità cristiana, mediante la conoscenza delle culture straniere; promuovere l’inserimento degli immigrati cattolici, provenienti da altre Chiese, dentro le nostre comunità cristiane (nei nostri Consigli pastorali, nell’Azione Cattolica, nella Caritas parrocchiale, in altre Associazioni, nei Sindacati e negli stessi Partiti); promuovere una pastorale specifica, affidando i migranti a presbiteri della loro lingua; incentivare il dialogo ecumenico ed interreligioso con le Chiese sui iuris; collaborare tutti insieme – autoctoni, migranti, rifugiati – per la vita, la famiglia, la pace, l’ecologia integrale, oltre che per la difesa, la tutela e la promozione dei diritti e dei doveri umani. Nello stesso volumetto si potranno trovare i 20 Punti di azione pastorale affidatici da papa Francesco, sui quali desidera che ogni parrocchia rifletta.

Cari presbiteri, il Commento che vi consegno non vi appaia un «disturbo», come quelle Indicazioni pastorali ed amministrative che troverete nella stessa busta, relative all’avvicendamento dei parroci. Sono occasioni per amare di più. Profitto per ringraziare quei parroci che ultimamente, sia pure con qualche trepidazione e sofferenza, hanno accettato il cambio. Tutto, credo, vada visto nella prospettiva di una crescita della nostra comunità diocesana.

Il filosofo Heidegger ha dato un giudizio allarmato sul futuro della società umana: «Solo un Dio ci può salvare». Ebbene, il Dio che può salvarci, facendoci crescere nella comunione con Lui e tra di noi, è lo Spirito Santo. La nostra Chiesa e la nostra società hanno entrambi bisogno dello Spirito d’amore che incessantemente fluisce nella comunità di un Dio Uno e Trino, sulla cui immagine siamo strutturati. Esso ci è donato in particolare tramite Cristo. L’amore di cui abbiamo bisogno è l’amore sorgivo del Padre, da cui tutto proviene. È la gratuita comunicazione che il Figlio fa di se stesso, ridonandosi al Padre e agli uomini. È la nuova fecondità dell’amore divino che lo Spirito Santo effonde nel cuore degli uomini (cf Rm 5,5). L’unzione dello Spirito ci pervada e ci immedesimi al Signore Gesù, che muore e risorge per il suo popolo, in vista di una nuova creazione.

In questa santa Messa ricordiamo, in particolare, con i diversi anniversari e i giubilei, tutti i presbiteri e i vescovi defunti di questa Diocesi.